Pacchetto sicurezza, l'originale e la fotocopia
La sicurezza, si dice, non è di destra né di sinistra. Vero, anzi ovvio: finché non si precisa che cosa si intende con sicurezza e come ottenerla. Da molti anni, negli Usa e in Europa (da ultimo in Italia), per sicurezza si intende solo, da destra e da sinistra, la diminuzione del rischio di vittimizzazione da microcriminalità da parte della «gente». Non è l'unico modo di declinare la sicurezza, che un tempo non lontano significava piuttosto «messa al riparo dai rischi della vita».
Sicurezza viene fatta coincidere, nel dibattito italiano attuale, con legalità. Dobbiamo dunque escludere che siano un rischio per la sicurezza i lavavetri e i mendicanti: nullum crimen sine lege. E se legge si farà, ricordiamo ciò che diceva Anatole France: la legge è uguale per tutti, vieta sia ai ricchi che ai poveri di dormire sotto i ponti. Ma vi sono altre questioni. Che cosa si intende per «gente», o «cittadini»? In città vivono e transitano uomini e donne, bianchi e colorati, ricchi e poveri, adulti e bambini: la sicurezza di chi si deve tutelare? Anche quella dei lavavetri, delle prostitute, dei mendicanti, o soltanto quella di chi «paga le tasse» (non molti, in Italia) e rispetta la legge (ancora, non molti in Italia)? E che dire di metà della popolazione (le donne, di tutte le fogge e colori), ben più a rischio di vittimizzazione in casa, in famiglia, che negli angoli bui della città ad opera di sconosciuti scuri di pelle?
E' vero, c'è un diffuso senso di insicurezza. Indipendente, però (dicono le ricerche), dall'aumentare o diminuire dei tassi di microcriminalità. E magari sensibile alle campagne di legge e ordine: le quali spostano semplicemente questo senso di insicurezza su un bersaglio visibile e (apparentemente) aggredibile, laddove sarebbe molto più difficile fare i conti con la precarietà del lavoro, la flessibilità, il declino delle protezioni collettive, la paura di chi è diverso da noi, l'incertezza del futuro, le annunciate catastrofi ambientali, per non parlare degli infortuni sul lavoro e quelli derivanti dal traffico, per tutti noi un pericolo assai grave e costante ma cui sembriamo esserci abituati (non sarà che forse le lobby dei costruttori d'auto e dei venditori di petrolio sono più influenti sull'opinione pubblica delle temibili lobby di mendicanti, lavavetri e zingari?).
Le carceri sono piene fino all'orlo di imputati o condannati per reati riconducibili alla categoria della microcriminalità - come è sempre stato, del resto (mentre invece le persone «perbene» si pagano avvocati e prescrizione): dove è dunque l'indulgenza nei confronti di quel tipo di reati? Lavavetri, mendicanti, rom ci mettono a disagio e sono un elemento di «degrado» delle nostre città. Ma forse ci mettono a disagio perché ci ricordano che noi stiamo meglio? E che cosa fare con il «degrado», spazzarlo via, nasconderlo alla vista, criminalizzarlo?
E' assai dubbio che la famosa «tolleranza zero» di Giuliani abbia veramente diminuito la criminalità a New York, se non altro perché negli stessi anni diminuì in tutte le principali città nordamericane e in tutto il paese (è assai più probabile che il calo sia da legare alla prosperità economica degli anni novanta), ma ha certo aumentato abusi ed illegalità della polizia, soprattutto nei confronti delle minoranze etniche, e diminuito il senso di coesione sociale.
Inoltre, ci si permetta di far notare, se, come dice il ministro Amato, la «ricetta» di Giuliani «non è di destra né di sinistra», non è un caso quasi straordinario che Giuliani sia proprio colui che oggi ha le maggiori probabilità di divenire il prossimo presidente degli Stati uniti, se il partito di destra, il partito repubblicano, vincerà le elezioni? Colui insomma che si appresta ad essere il massimo alfiere della destra a livello globale? I leader del partito democratico americano potrebbero forse ritenere che alcuni leader del partito democratico italiano abbiano le idee un po' confuse in proposito?
Siamo certo in presenza di un forte declino e crisi del legame sociale, di un aumento della solitudine di ognuno e ognuna e della diffidenza di tutti verso tutti. Le campagne odierne di legge e ordine rafforzano questo declino e accentuano questa diffidenza, orientandola verso i e le migranti.
Lo stesso rapporto sulla sicurezza del ministro Amato ha messo in luce come la criminalità immigrata sia statisticamente legata ad una condizione di irregolarità. Ma questa è appunto una «condizione», non una «qualità» dell'essere migranti; è assai difficile immigrare in Italia legalmente per cui i migranti, che sanno benissimo che c'è lavoro, ci vengono o ci rimangono irregolarmente. Tuttavia, la condizione di irregolarità in cui poi si trovano li espone ad un alto rischio di illegalità e criminalità. Il ministro Amato è autore, insieme al ministro Ferrero, di un ben intenzionato disegno di legge sull'immigrazione, che si pone proprio l'obiettivo di aumentare le possibilità di essere in Italia regolarmente. Come mai, quindi, nessuno del governo ci ha spiegato che si sta facendo una cosa molto importante per combattere la criminalità immigrata e cioè cercare di rendere la condizione (giuridica) di irregolarità una condizione più rara? E come mai si sente dire che si cerca di rallentare l'iter di approvazione di quel disegno di legge? Non sarà che non si riesce neppure a capire quando si cerca di fare qualcosa di buono?
Tutto ciò non tanto non è di sinistra, ma non è sopratutto produttivo di maggiore (percezione di) sicurezza: è vero, semmai, il contrario, perché contribuisce a rafforzare pregiudizi, paura, xenofobia.
Se, nel tempo breve, può sembrare che faccia gioco governare per mezzo dell'insicurezza e della paura, chi viene governato non ci guadagna niente, né maggior sicurezza, né maggior fiducia nelle istituzioni, né, quindi, maggior legame sociale. E se chi governa è, poveretto, di sinistra, non ci guadagna niente neppure lui, perché in fin dei conti, come ha detto un esperto della destra, fra l'originale e la fotocopia, gli elettori sceglieranno sempre l'originale!
*** La direzione (Dario Melossi, Giuseppe Mosconi, Massimo Pavarini, Tamar Pitch) e la redazione (Giuseppe Campesi, Alessandro De Giorgi, Monia Giovannetti, Lucia Re, Stanislao Rinaldi, Alvise Sbraccia, Vincenzo Scalia, Francesca Vianello) della rivista "Studi sulla questione criminale". Hanno aderito Stefano Rodotà, Ota De Leonardis, Luigi Ferrajoli, Danilo Zolo, Emilio Santoro, Franco Prina, Luigi Pannarale, Franca Faccioli, Alessandro Margara, Mauro Bove, Amedeo Cottino, Maurizio Oliviero, Giovanni Marini, Mariarosaria Marella, Grazia Zuffa, Stefano Anastasia, Mercedes Frias, Alessandra Facchi e molti altri
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