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Lunedì 21 settembre. Violenza all'interno del centro di identificazione ed espulsione di Gradisca d'Isonzo. La testimonianza di foto e video non riescono a lanciare l'allarme alla stampa nazionale.
26 settembre 2009

Da Bari Palese a Via Corelli. Da Corso Brunelleschi a Ponte Galeria fino a Gradisca d’Isonzo. Sono giorni concitati nei centri di identificazione ed espulsione italiani. Sembra non sia così da ciò che si vede quotidianamente in televisione. Tutto tace, eppure i fatti denunciati dai migranti sono molti in questi mesi.

Le urla dei reclusi iniziano ad uscire e penetrano all’interno del tessuto della società attraverso un tam tam di telefonate ed interviste radiofoniche. Si fanno sentire. Vogliono farsi sentire. Le loro parole vengono raccolte e denunciate alla società civile. Ma non basta, qualcosa non funziona. A qualcuno non arrivano le notizie. Ad altri arrivano, ma macchiati di indifferenza preferiscono parlare di Gossip, delle vicende personali di Silvio Berlusconi, del confronto tra Bersani e Franceschini e di altre futili notizie.

I migranti chiedono rispetto. Vogliono essere rispettati come dovrebbe aver rispetto ogni essere umano. Ma, le notizie che escono non scavalcano il muro di indifferenza. Il grido dei migranti, “Ci tengono come cani, impareremo ad abbaiare”, attraverso Radio Black Out, resta ancora una volta inascoltato.

Non è la prima volta che i migranti del Cie di Gradisca d’Isonzo si fanno sentire. Questa volta, l’episodio che fa scatenare la protesta arriva quando Domenica, 35 persone tentano di scavalcare le mura del centro di detenzione. Ma l’operazione fallisce.

Molti reclusi, anche chi non aveva partecipato all’evasione fallita, iniziano a protestare e salgono sui tetti, rimanendoci fino alla mattina successiva. La protesta ricomincia quando le forze dell’ordine irrompono all’interno dei dormitori per una perquisizione. “I poliziotti si lasciano andare ad offese pesanti, strappando in due un Corano, e pare che durante il loro passaggio siano spariti anche dei soldi e dei cellulari. Di lì a poco, scoppia la rivolta.” Racconta un migrante a Radio Black Out.

Durante lo scontro tra forze dell’ordine e reclusi, qualcuno era rimasto ferito e trasportato con urgenza all’ospedale di Gorizia. Nessuno sapeva cosa fosse successo ai migranti pestati, fino al momento in cui, sono apparse le foto che dimostravano la violenta risposta delle forze dell’ordine. Tra i feriti c’è chi ha avuto 60 punti di sutura

Attraverso youtube (http://www.youtube.com/watch?v=YxAi65bgheA) si può vedere il filmato del dopo pestaggio, quando i migranti sono stremati, gonfi, pieni di lividi e con il sangue che si vede da tutte le parti. Il video è stato montato dai reclusi con un cellulare. All’inizio si vede un tunisino con un occhio gonfio, le gambe e le braccia piene di ematomi. “Guarda il polizia” ripete il ragazzo indicando le parti del suo corpo colpite dalle manganellate. Alla fine del video si vede un uomo sdraiato a terra e pieno di sangue sul volto e sul pavimento. Nel cortile una squadra di poliziotti e militari si prepara per un’altra carica. Dalle camerate si alzano cori di protesta. Ma quando i militari entrano, i detenuti non sanno come difendersi e scappano gridando “No, no!” Ma cosa è successo veramente quel giorno? E’ doveroso far chiarezza.

I reclusi hanno denunciato anche la sparizione di denaro e di altri oggetti ( come mp3) durante la perquisizione che ha preceduto gli attimi di violenza. Veniamo a conoscenza che sei cellulari, la loro unica arma, sono stati sequestrati durante la perquisizione. Molto spesso, è proprio il cellulare il mezzo con cui poter dialogare con giornalisti e attivisti. Le loro grida di giustizia non vengono ascoltate nella società civile, ma loro continuano le telefonate per denunciare ciò che accade all’interno del centro

Onori Andrea

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