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Grand Hotel di Mineo “Deportati & C.”

Apre a Mineo (Catania) in un ex villaggio per militari USA il Centro dove concentare migliaia di migranti e richiedenti asilo. Un affare per una grande azienda privata in violazione del diritto internazionale e del principio di solidarietà.

22 febbraio 2011

Sulla strada statale Catania-Gela ci sono decine di cartelloni pubblicitari che ritraggono il “Mineo Residence” di proprietà della società Pizzarotti Parma. “Offriamo dal 1° aprile 2011 appartamenti confortevoli a 900 euro”, riportano le scritte rigorosamente in lingua inglese. Il prezzo è ottimo, davvero, si tratta di villette unifamiliari di 160 metri quadri di superficie, più giardino e barbecue, all’interno di un complesso residenziale di 25 ettari con tanto di campi da tennis, baseball e parco giochi per bambini. Sino allo scorso mese di dicembre il villaggio ospitava una parte del personale militare USA di stanza nella base aeronavale di Sigonella. Il Dipartimento della difesa ha deciso però di non rinnovare il contratto di leasing e pur di non chiudere il villaggio, Pizzarotti S.p.A. ha provato di affittare le 404 unità direttamente ai militari a canoni semi-stracciati, offrendo incluso un servizio navetta gratuito sino alla base. Conti alla mano, piazzando tutte le villette, dopo un anno sarebbero entrati in cassa poco meno di 4 milioni di dollari, un bel gruzzolo, ma meno della metà di quanto la società di Parma aveva strappato in passato al Pentagono. Gli americani a Mineo però non ci vogliono più stare e la super-offerta viene disertata. Mai disperare, però. Con l’“emergenza” sbarchi migranti ecco l’occasione per nuovi lucrosi affari. Quello che sino a ieri era il “Residence degli Aranci” viene ribattezzato “Villaggio della solidarietà” e il duo Berlusconi-Maroni concorda con Pizzarotti la conversione della struttura in “centro a quattro stelle” per immigrati-clandestini-richiedenti asilo, ecc. ecc.. Il battesimo è per domani 23 febbraio quando si avvierà la deportazione a Mineo di molti dei migranti che hanno raggiunto Lampedusa nei giorni scorsi e - nelle intenzioni del governo - finanche dei rifugiati e dei richiedenti asilo ospiti nei centri di prima accoglienza di tutta Italia.

Con un’ordinanza di protezione civile firmata dal presidente del Consiglio, il prefetto di Palermo, Giuseppe Caruso, è stato nominato commissario straordinario per l’emergenza immigrazione: potrà contare su 200 militari delle forze armate da impiegare sino al 30 giugno per la “vigilanza e la sicurezza” anti-migranti e su un milione di euro in cash per “l’avvio dei primi interventi” nel centro di Mineo. Un’impresa privata è già stata contatta per rafforzare i sistemi di controllo all’ingresso dell’ex “Villaggio degli Aranci”. In barba alle normative, non è stato esposto alcun cartello ad indicare la tipologia dell’opere, l’importo e il committente. Gli operai, debitamente sforniti di caschi, hanno lavorato pure per tutta la giornata di domenica, guardati a vista da quattro Marines USA e da una pattuglia della Military Police.

È ai militari statunitensi che è affidata ancora la vigilanza del residence. “La Marina lascerà il complesso di Mineo utilizzato dalle truppe di stanza a Sigonella, il prossimo 31 marzo, data in cui scadrà il contratto d’affitto”, spiega il portavoce regionale di US Navy, Timothy Hawkins. “Da parte del governo italiano o dei proprietari, non abbiamo ricevuto alcuna richiesta ufficiale di lasciare il villaggio prima del 31 marzo. Siamo impegnati a cooperare con i nostri partner italiani nel modo migliore e stiamo adempiendo ai nostri obblighi contrattuali con il locatore. Diversi tentativi di ottenere informazioni da parte del ministro degli Interni e da Pizzarotti & Co. sono rimasti senza risposta. Sebbene gli alloggi di Mineo siano stati svuotati, la polizia militare continuerà a controllare gli ingressi del complesso sino alla cessazione del contratto. La US Navy è incorsa in costi minimi per evacuare il complesso, buona parte dovuti alla movimentazione di attrezzature e materiali o per completare i servizi che vi svolgeva”. Sino a fine marzo, dunque, a controllare i deportati di Mineo, oltre alle forze dell’ordine e all’esercito italiano, ci penseranno pure i marines USA.

“Ancora una volta è l’opzione militare a governare tragedie e dinamiche sociali internazionali a cui l’Italia contribuisce con le proprie scelte economiche dissennate”, è il commento di Alfonso Di Stefano della Rete Antirazzista Catanese. “Alla ri-trasformazione di Lampedusa in una fortezza-prigione, all’invio di nuovi reparti militari lì come a Pantelleria, al rafforzamento dei dispositivi navali e di pattugliamento aereo si aggiunge adesso la “conversione” dei villaggi residenziali a centri di massima vigilanza. E se ciò non bastasse, spuntano come i funghi in Sicilia le stazioni radar fisse e mobili della Guardia di finanza in funzione anti-sbarco. Acquistati con fondi dell’Unione europea dalle aziende chiave del complesso militare industriale israeliano, i radar vengono installati all’interno di riserve e parchi marini, come è successo ad esempio a Capo Murro di Porco, Siracusa. Anche la proliferazione degli aerei senza pilota a Sigonella, a partire dai famigerati “Global Hawk”, risponde in parte alle logiche di repressione dei flussi di migranti nel Mediterraneo”.

Tra i tanti “meriti” del governo anche quello di avere bypassato le comunità e gli amministratori interessati al piano “accoglienza”. Il Consiglio comunale di Mineo ha votato un ordine del giorno in cui denuncia la “mancata trasparenza delle istituzioni sovracomunali per il non coinvolgimento degli Enti Locali” e chiede spiegazioni al ministro Maroni “attraverso un rapporto dettagliato sulle reali finalità del probabile centro, sulla tempistica di adeguamento delle abitazioni e sui flussi dei migranti destinati al Villaggio della Solidarietà”. L’odg si conclude però invocando “tutte quelle misure necessarie a fugare i timori per i rischi di ordine pubblico conseguenti all’insediamento di migliaia d’immigrati, al fine di salvaguardare le esigenze della popolazione locale, delle attività produttive e degli imprenditori locali”. Il sindaco, Giuseppe Castania, dichiara di non essere mai stato informato né sul numero né sullo status delle persone che il governo trasferirà a Mineo e amplifica l’allarme sicurezza. “Il governo deve chiarire cosa intende fare per far convivere all’interno di un’unica struttura persone di provenienza, lingue e religioni differenti”, spiega Castania. “Ammassare migliaia di immigrati in quel posto, potrebbe rivelarsi una scelta scriteriata, che creerebbe una grandissima sacca di emarginazione in un territorio già di per sé tormentato dall’elevato tasso di disoccupazione e di povertà”. Secondo il sindaco, a Roma ci sarebbe l’intenzione ad apportare modifiche strutturali all’interno del residence, in modo da ricavare 2.000 abitazioni ed ospitare fino a 7.000 persone. “Una situazione insostenibile, se si considera che il nostro Comune conta appena 5.000 abitanti”, aggiunge Castania. “Nel villaggio è possibile insediare invece fino ad un massimo di 1.938 abitanti, in rispetto delle norme sui volumi previsti dal piano d’insediamento”.

Il complesso residenziale fu realizzato a fine anni ’90 con variante allo strumento urbanistico, autorizzata dalla Regione Siciliana, che prevedeva un vincolo di destinazione esclusiva per “insediamento residenziale a ambito chiuso per le famiglie del personale militare USA della base aeronavale di Sigonella”, come ricorda l’amministrazione di Mineo in una lettera di diffida inviata alla Pizzarotti e Banca Intesa San Paolo, l’istituto di credito che ha finanziato il progetto. “Il provvedimento esclude esplicitamente il cambio di destinazione d’uso e il nuovo piano regolatore adottato nel 2002 dal Comune ha mantenuto il vincolo per l’area”, aggiungono gli amministratori. “Qualora si addivenisse alla scelta di una destinazione diversa del residence si dovranno attivare le procedure occorrenti per ottenere dagli organi competenti le autorizzazioni dovute”.

Da registrare infine l’ennesimo giro di valzer del governatore Raffaele Lombardo. Dopo il “sì” e il “nì” al “piano Mineo”, nelle ultime ore è giunto un “no” deciso. “Migranti e richiedenti asilo vanno ospitati in un territorio e in un ambiente nel quale ci sono opportunità di lavoro. Come la Lombardia o il Veneto”, afferma Lombardo. “Maroni mi ha comunque parzialmente rassicurato, confermandomi che al villaggio di Mineo non saranno destinati gli immigrati giunti nelle ultime settimane sulle sponde siciliane. Si prevede, invece, di ospitare i richiedenti asilo, per il tempo necessario alla valutazione dell’istruttoria. Nel residence non ci saranno militari, ma la Caritas e la Croce Rossa”. L’ennesimo gioco delle parti. Con la bugia, enorme, che a presidiare i richiedenti-detenuti ci saranno i volontari e non le forze armate.

Mentre buona parte dell’associazionismo siciliano pro-migranti assiste in silenzio agli osceni sviluppi della vicenda, dal Friuli Venezia Giulia è giunta la dura posizione della Tenda della pace e dei Diritti. “Il residence di Mineo sorge in un’area isolata e si pone quindi come perfetta congiunzione nella guerra globale, dal sostegno ai conflitti, alla gestione dei flussi migratori attraverso politiche di detenzione e ghettizzazione”, scrive l’organizzazione. “Si tratta di un enorme business creato ad arte sulla pelle, la vita e la morte delle persone. Ancora una volta il governo potrebbe cogliere l’occasione di sfruttare lo “stato di emergenza” per perseguire i propri fini. La costruzione dei CpT ora Centri di identificazione ed espulsione (CIE) ha eluso le normali procedure di realizzazione di opere pubbliche riferendosi ad una legge sullo stato di emergenza. Forse riferendosi all’orda dei tunisini che ci stanno invadendo il governo riuscirà ad ottenere con tempi rapidi l’apertura di nuovi CIE, basterà girare la chiave alle porte dei CARA, i Centri di accoglienza rifugiati e richiedenti asilo”.

Perplessità e preoccupazioni sulla decisione di trasferire nel piccolo centro siciliano i richiedenti asilo ospitati nei vari centri di protezione disseminati in quasi 100 comuni italiani sono state espresse pure dall’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR) e dal Consiglio italiano rifugiati (CIR). “Una soluzione del genere significherebbe sradicare persone e famiglie che hanno già avviato un percorso di integrazione e trasferirle in un luogo dove queste condizioni non sussistono”, ha dichiarato la portavoce UNHCR, Laura Boldrini. “È sorprendente che per far posto agli ultimi immigrati arrivati dalla Tunisia, che sono per lo più migranti economici, si vada a intaccare e a mettere in discussione l’intero sistema di asilo, che, sia pur con dei limiti, è funzionante. Si finirebbe inoltre per stravolgere l’equilibrio dei centri di accoglienza, rallentando ancor di più il lavoro di accertamento che precede la concessione dell’asilo da parte delle “Commissioni Territoriali”.

In una lettera inviata al ministro Maroni, il CIR sottolinea come il “concentramento” di rifugiati o richiedenti asilo in una grande struttura “rappresenterebbe il contrario dell’attuale sistema di protezione coordinato dall’Anci in accordo con il ministero dell’Interno che prevede decentramento, ospitalità in piccoli centri, coinvolgimento degli enti locali e delle associazioni”. “Già una volta, nella primavera del 1999, 5.000 sfollati kosovari furono ospitati nella ex base Nato di Comiso in Sicilia e inevitabilmente in poco tempo la situazione divenne totalmente ingovernabile”, scrivono ancora i rappresentanti del CIR. “Chiediamo un ripensamento sull’utilizzo del Villaggio degli Aranci di Mineo che potrebbe effettivamente servire come centro di smistamento e prima identificazione delle persone solo per un limitatissimo periodo di accoglienza in caso di arrivi massicci dal nord-Africa, caso che non è affatto da escludersi considerando anche l’attuale situazione in Libia”.

Contro le accoglienze-detenzioni dei cittadini africani in fuga si schierano invece la Commissione episcopale per le migrazioni (Cemi) e la Fondazione Migrantes. Ponendo la necessità di imboccare “percorsi strutturali politici e sociali di integrazione” per chi arriva in Italia, le due organizzazioni chiedono di valutare la possibilità di “un decreto flussi straordinario per offrire regolarmente un lavoro agli immigrati”. Una richiesta semplice e sostenibile che minerebbe gli interessi dei profittatori dell’Emergenza Migranti S.p.A..

 

Sulla strada statale Catania-Gela ci sono decine di cartelloni pubblicitari che ritraggono il “Mineo Residence” di proprietà della società Pizzarotti Parma. “Offriamo dal 1° aprile 2011 appartamenti confortevoli a 900 euro”, riportano le scritte rigorosamente in lingua inglese. Il prezzo è ottimo, davvero, si tratta di villette unifamiliari di 160 metri quadri di superficie, più giardino e barbecue, all’interno di un complesso residenziale di 25 ettari con tanto di campi da tennis, baseball e parco giochi per bambini. Sino allo scorso mese di dicembre il villaggio ospitava una parte del personale militare USA di stanza nella base aeronavale di Sigonella. Il Dipartimento della difesa ha deciso però di non rinnovare il contratto di leasing e pur di non chiudere il villaggio, Pizzarotti S.p.A. ha provato di affittare le 404 unità direttamente ai militari a canoni semi-stracciati, offrendo incluso un servizio navetta gratuito sino alla base. Conti alla mano, piazzando tutte le villette, dopo un anno sarebbero entrati in cassa poco meno di 4 milioni di dollari, un bel gruzzolo, ma meno della metà di quanto la società di Parma aveva strappato in passato al Pentagono. Gli americani a Mineo però non ci vogliono più stare e la super-offerta viene disertata. Mai disperare, però. Con l’“emergenza” sbarchi migranti ecco l’occasione per nuovi lucrosi affari. Quello che sino a ieri era il “Residence degli Aranci” viene ribattezzato “Villaggio della solidarietà” e il duo Berlusconi-Maroni concorda con Pizzarotti la conversione della struttura in “centro a quattro stelle” per immigrati-clandestini-richiedenti asilo, ecc. ecc.. Il battesimo è per domani 23 febbraio quando si avvierà la deportazione a Mineo di molti dei migranti che hanno raggiunto Lampedusa nei giorni scorsi e - nelle intenzioni del governo - finanche dei rifugiati e dei richiedenti asilo ospiti nei centri di prima accoglienza di tutta Italia.

Con un’ordinanza di protezione civile firmata dal presidente del Consiglio, il prefetto di Palermo, Giuseppe Caruso, è stato nominato commissario straordinario per l’emergenza immigrazione: potrà contare su 200 militari delle forze armate da impiegare sino al 30 giugno per la “vigilanza e la sicurezza” anti-migranti e su un milione di euro in cash per “l’avvio dei primi interventi” nel centro di Mineo. Un’impresa privata è già stata contatta per rafforzare i sistemi di controllo all’ingresso dell’ex “Villaggio degli Aranci”. In barba alle normative, non è stato esposto alcun cartello ad indicare la tipologia dell’opere, l’importo e il committente. Gli operai, debitamente sforniti di caschi, hanno lavorato pure per tutta la giornata di domenica, guardati a vista da quattro Marines USA e da una pattuglia della Military Police.

È ai militari statunitensi che è affidata ancora la vigilanza del residence. “La Marina lascerà il complesso di Mineo utilizzato dalle truppe di stanza a Sigonella, il prossimo 31 marzo, data in cui scadrà il contratto d’affitto”, spiega il portavoce regionale di US Navy, Timothy Hawkins. “Da parte del governo italiano o dei proprietari, non abbiamo ricevuto alcuna richiesta ufficiale di lasciare il villaggio prima del 31 marzo. Siamo impegnati a cooperare con i nostri partner italiani nel modo migliore e stiamo adempiendo ai nostri obblighi contrattuali con il locatore. Diversi tentativi di ottenere informazioni da parte del ministro degli Interni e da Pizzarotti & Co. sono rimasti senza risposta. Sebbene gli alloggi di Mineo siano stati svuotati, la polizia militare continuerà a controllare gli ingressi del complesso sino alla cessazione del contratto. La US Navy è incorsa in costi minimi per evacuare il complesso, buona parte dovuti alla movimentazione di attrezzature e materiali o per completare i servizi che vi svolgeva”. Sino a fine marzo, dunque, a controllare i deportati di Mineo, oltre alle forze dell’ordine e all’esercito italiano, ci penseranno pure i marines USA.

“Ancora una volta è l’opzione militare a governare tragedie e dinamiche sociali internazionali a cui l’Italia contribuisce con le proprie scelte economiche dissennate”, è il commento di Alfonso Di Stefano della Rete Antirazzista Catanese. “Alla ri-trasformazione di Lampedusa in una fortezza-prigione, all’invio di nuovi reparti militari lì come a Pantelleria, al rafforzamento dei dispositivi navali e di pattugliamento aereo si aggiunge adesso la “conversione” dei villaggi residenziali a centri di massima vigilanza. E se ciò non bastasse, spuntano come i funghi in Sicilia le stazioni radar fisse e mobili della Guardia di finanza in funzione anti-sbarco. Acquistati con fondi dell’Unione europea dalle aziende chiave del complesso militare industriale israeliano, i radar vengono installati all’interno di riserve e parchi marini, come è successo ad esempio a Capo Murro di Porco, Siracusa. Anche la proliferazione degli aerei senza pilota a Sigonella, a partire dai famigerati “Global Hawk”, risponde in parte alle logiche di repressione dei flussi di migranti nel Mediterraneo”.

Tra i tanti “meriti” del governo anche quello di avere bypassato le comunità e gli amministratori interessati al piano “accoglienza”. Il Consiglio comunale di Mineo ha votato un ordine del giorno in cui denuncia la “mancata trasparenza delle istituzioni sovracomunali per il non coinvolgimento degli Enti Locali” e chiede spiegazioni al ministro Maroni “attraverso un rapporto dettagliato sulle reali finalità del probabile centro, sulla tempistica di adeguamento delle abitazioni e sui flussi dei migranti destinati al Villaggio della Solidarietà”. L’odg si conclude però invocando “tutte quelle misure necessarie a fugare i timori per i rischi di ordine pubblico conseguenti all’insediamento di migliaia d’immigrati, al fine di salvaguardare le esigenze della popolazione locale, delle attività produttive e degli imprenditori locali”. Il sindaco, Giuseppe Castania, dichiara di non essere mai stato informato né sul numero né sullo status delle persone che il governo trasferirà a Mineo e amplifica l’allarme sicurezza. “Il governo deve chiarire cosa intende fare per far convivere all’interno di un’unica struttura persone di provenienza, lingue e religioni differenti”, spiega Castania. “Ammassare migliaia di immigrati in quel posto, potrebbe rivelarsi una scelta scriteriata, che creerebbe una grandissima sacca di emarginazione in un territorio già di per sé tormentato dall’elevato tasso di disoccupazione e di povertà”. Secondo il sindaco, a Roma ci sarebbe l’intenzione ad apportare modifiche strutturali all’interno del residence, in modo da ricavare 2.000 abitazioni ed ospitare fino a 7.000 persone. “Una situazione insostenibile, se si considera che il nostro Comune conta appena 5.000 abitanti”, aggiunge Castania. “Nel villaggio è possibile insediare invece fino ad un massimo di 1.938 abitanti, in rispetto delle norme sui volumi previsti dal piano d’insediamento”.

Il complesso residenziale fu realizzato a fine anni ’90 con variante allo strumento urbanistico, autorizzata dalla Regione Siciliana, che prevedeva un vincolo di destinazione esclusiva per “insediamento residenziale a ambito chiuso per le famiglie del personale militare USA della base aeronavale di Sigonella”, come ricorda l’amministrazione di Mineo in una lettera di diffida inviata alla Pizzarotti e Banca Intesa San Paolo, l’istituto di credito che ha finanziato il progetto. “Il provvedimento esclude esplicitamente il cambio di destinazione d’uso e il nuovo piano regolatore adottato nel 2002 dal Comune ha mantenuto il vincolo per l’area”, aggiungono gli amministratori. “Qualora si addivenisse alla scelta di una destinazione diversa del residence si dovranno attivare le procedure occorrenti per ottenere dagli organi competenti le autorizzazioni dovute”.

Da registrare infine l’ennesimo giro di valzer del governatore Raffaele Lombardo. Dopo il “sì” e il “nì” al “piano Mineo”, nelle ultime ore è giunto un “no” deciso. “Migranti e richiedenti asilo vanno ospitati in un territorio e in un ambiente nel quale ci sono opportunità di lavoro. Come la Lombardia o il Veneto”, afferma Lombardo. “Maroni mi ha comunque parzialmente rassicurato, confermandomi che al villaggio di Mineo non saranno destinati gli immigrati giunti nelle ultime settimane sulle sponde siciliane. Si prevede, invece, di ospitare i richiedenti asilo, per il tempo necessario alla valutazione dell’istruttoria. Nel residence non ci saranno militari, ma la Caritas e la Croce Rossa”. L’ennesimo gioco delle parti. Con la bugia, enorme, che a presidiare i richiedenti-detenuti ci saranno i volontari e non le forze armate.

Mentre buona parte dell’associazionismo siciliano pro-migranti assiste in silenzio agli osceni sviluppi della vicenda, dal Friuli Venezia Giulia è giunta la dura posizione della Tenda della pace e dei Diritti. “Il residence di Mineo sorge in un’area isolata e si pone quindi come perfetta congiunzione nella guerra globale, dal sostegno ai conflitti, alla gestione dei flussi migratori attraverso politiche di detenzione e ghettizzazione”, scrive l’organizzazione. “Si tratta di un enorme business creato ad arte sulla pelle, la vita e la morte delle persone. Ancora una volta il governo potrebbe cogliere l’occasione di sfruttare lo “stato di emergenza” per perseguire i propri fini. La costruzione dei CpT ora Centri di identificazione ed espulsione (CIE) ha eluso le normali procedure di realizzazione di opere pubbliche riferendosi ad una legge sullo stato di emergenza. Forse riferendosi all’orda dei tunisini che ci stanno invadendo il governo riuscirà ad ottenere con tempi rapidi l’apertura di nuovi CIE, basterà girare la chiave alle porte dei CARA, i Centri di accoglienza rifugiati e richiedenti asilo”.

Perplessità e preoccupazioni sulla decisione di trasferire nel piccolo centro siciliano i richiedenti asilo ospitati nei vari centri di protezione disseminati in quasi 100 comuni italiani sono state espresse pure dall’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR) e dal Consiglio italiano rifugiati (CIR). “Una soluzione del genere significherebbe sradicare persone e famiglie che hanno già avviato un percorso di integrazione e trasferirle in un luogo dove queste condizioni non sussistono”, ha dichiarato la portavoce UNHCR, Laura Boldrini. “È sorprendente che per far posto agli ultimi immigrati arrivati dalla Tunisia, che sono per lo più migranti economici, si vada a intaccare e a mettere in discussione l’intero sistema di asilo, che, sia pur con dei limiti, è funzionante. Si finirebbe inoltre per stravolgere l’equilibrio dei centri di accoglienza, rallentando ancor di più il lavoro di accertamento che precede la concessione dell’asilo da parte delle “Commissioni Territoriali”.

In una lettera inviata al ministro Maroni, il CIR sottolinea come il “concentramento” di rifugiati o richiedenti asilo in una grande struttura “rappresenterebbe il contrario dell’attuale sistema di protezione coordinato dall’Anci in accordo con il ministero dell’Interno che prevede decentramento, ospitalità in piccoli centri, coinvolgimento degli enti locali e delle associazioni”. “Già una volta, nella primavera del 1999, 5.000 sfollati kosovari furono ospitati nella ex base Nato di Comiso in Sicilia e inevitabilmente in poco tempo la situazione divenne totalmente ingovernabile”, scrivono ancora i rappresentanti del CIR. “Chiediamo un ripensamento sull’utilizzo del Villaggio degli Aranci di Mineo che potrebbe effettivamente servire come centro di smistamento e prima identificazione delle persone solo per un limitatissimo periodo di accoglienza in caso di arrivi massicci dal nord-Africa, caso che non è affatto da escludersi considerando anche l’attuale situazione in Libia”.

Contro le accoglienze-detenzioni dei cittadini africani in fuga si schierano invece la Commissione episcopale per le migrazioni (Cemi) e la Fondazione Migrantes. Ponendo la necessità di imboccare “percorsi strutturali politici e sociali di integrazione” per chi arriva in Italia, le due organizzazioni chiedono di valutare la possibilità di “un decreto flussi straordinario per offrire regolarmente un lavoro agli immigrati”. Una richiesta semplice e sostenibile che minerebbe gli interessi dei profittatori dell’Emergenza Migranti S.p.A..

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