Lampedusa: ipocrisia dei finti coccodrilli e umanità calpestata
Le recenti immense tragedie delle ultime settimane hanno portato la situazione dei migranti che giungono sulle coste italiane al centro dell’attenzione mediatica e sociale. Sulle prime pagine dei quotidiani, nei primi titoli dei telegiornali le coste di Lampedusa e i volti dei e delle migrant* che vi giungono hanno avuto (verrebbe da dire finalmente!) ribalta maggiore rispetto ai giochi di palazzo e della “politica ufficiale”. Nel dibattito e nell’emozione diffusa, sin dalle prime ore, svettato altissimi i rappresentanti dell’estrema destra moderata (così definita per la moderazione che suscitano nella cittadinanza!) italiana. Lega e PDL (con occasioni più o meno locali sfruttate dalle varie formazioni neofasciste presenti nel panorama politico italiano) hanno alzato fortissime le loro voci, accusando di ipocrisia chi non la pensa come loro, difendendo i loro provvedimenti sicuritari e additando l’Europa come uno degli ignavi colpevoli dei “drammi della disperazione”, a partire da Alfano, Brunetta e Maroni. Ipocrisia, sicuritarismo ed Europa, argomentazioni su cui è forte la tentazione di liquidarli e stigmatizzarli in poche battute, visti i loro promotori. Ma, sia consentito affermarlo a chi sta scrivendo queste parole, sarebbe un errore. Anche perché, in realtà, torto non hanno. Perché questa trimurti è il cuore del dramma che da tanti, troppi anni, le coste italiane (ieri pugliesi, oggi siciliane) vivono e soffrono sulla loro pelle. Alfano ha affermato che l’Europa non ha fatto abbastanza e ha abbandonato l’Italia da sola.
Agli occhi del governo italiano, e della destra al potere 10 degli ultimi 12 anni, l’Europa è apparsa non efficace per due motivi molto semplici. Frontex non potrà mai essere efficace perché ridurre tutto a pattugliamenti, ordine pubblico e “sicurezza” (ma quale poi) è storicamente un fallimento. Mai nella storia le barriere hanno fermato i flussi migratori, mai un popolo si è potuto isolare dagli altri.
E c’è un altro motivo, intrecciato al primo e ancor più grave (probabilmente) agli occhi della “nostra” destra. L’Europa non è solo Frontex, l’Europa non è solo pattugliamento delle coste. Nelle pieghe del diritto comunitario, nelle sentenze della Giustizia Europea, il rispetto e la tutela dei diritti umani e civili si son sempre ritagliati uno spazio. Quando l’ex ministro Maroni rimpiange i suoi accordi con Gheddafi e i respingimenti in mare del suo governo “dimentica” che non sono stati interrotti per una decisione “politica” italiana e per volontà del Governo Italiano. Quei respingimenti son stati stoppati dall’Europa, che l’anno scorso ha condannato l’Italia per aver violato i diritti di alcuni migranti respinti in mare dai pattugliatori italiani. Maroni “dimentica” che quei respingimenti non erano un programma di massima efficienza che avevano risolto il “problema”, ma erano solo un’impianto ideologico che avevano solo allontanato il problema dagli occhi e dalle coste italiane e che avevano permesso disumane violazioni dell’umanità dei migranti che tentavano di giungere in Europa. Se qualcuno è riuscito, o riuscirà, a guardare il documentario d’inchiesta “Come un uomo sulla Terra” fino all’ultimo fotogramma senza che il proprio cuore trabocchi di dolore e ogni fibra del proprio animo ne sia sconquassato è pregato di comunicarlo. Quel film mostra e documenta la realtà dei respinti in mare, di chi si è messo in viaggio da distanze immense con la speranza di un futuro ma che ha trovato solo lager, stupri e altre violenze il cui solo pensiero fanno impazzire qualsiasi persona civile.
Il primo ministro Letta sabato, dalla platea di Repubblica, ha espresso due volontà: abolire la Bossi-Fini e lanciare una campagna di pattugliamento rinforzato del Mar Mediterraneo. Letta “dimentica” che, quando lui era già ministro del governo di centro-sinistra della seconda metà degli Anni Novanta, fu varata una legge sull’immigrazione. Quella legge fu la prima che trasformò l’approdo dei e delle migranti in Italia in una pura questione di ordine pubblico e sicurezza. Nacquero dall’articolato di quella legge i Centri di Permanenza Temporanea (trasformati dieci anni dopo dai “pacchetti sicurezza” di Maroni in CIE, Centri di Identificazione ed Espulsione). In pochi anni quei centri divennero veri e propri lager, luoghi dove i diritti umani venivano sopraffatti da gabbie e violenze. Il regista RAI Stefano Mencherini realizzò un documentario su quanto avveniva nel Cpt di Lecce, gestito da Cesare Lodeserto (allora segretario particolare del vescovo locale) Cosmo Ruppi, Mare Nostrum. La politica ufficiale, da D’Alema a Fitto, per anni non vide le denunce di Stefano e il suo documentario. Mentre un noto settimanale cattolico “familiare” arrivò a definire il suo documentario, un video di denigrazione realizzato nei centri sociali dell’estrema sinistra. Anni dopo sentenze di tribunale condannarono Lodeserto, dimostrando che Stefano non si era inventato nulla e aveva pienamente ragione. Oggi Lodeserto non vive più in Italia, si è trasferito in Moldavia. Dove la sua Fondazione continua nei suoi affari. Partner privilegiato l’ambasciata italiana. E’ la legalità invocato, il rispetto umanitario di cui la nostra classe politica dirigente parla in queste settimane. L’anno scorso la Giustizia Europea condannò (nel giudizio già citato poc’anzi) l’Italia non solo per i respingimenti ma anche per questi centri. La legge, varata come già scritto dal centro-sinistra sul finire degli Anni Novanta, porta i nomi dei suoi estensori: Livia Turco e Giorgio Napolitano. Le “decise” posizioni di Napolitano di questi giorni, la sua commozione davanti ai drammi di Lampedusa, le sue richieste di modificare le leggi in vigore vengono dall’estensore della prima legge che ci ha portato alla situazione attuale. Nella seconda volontà espressa a Repubblica Letta ha dimostrato di non voler cambiare rotta, di volersi continuare ad affidare all’ideologia sicuritaria e a mettere l’ordine pubblico davanti a tutti. Voler inviare navi da guerra a pattugliare il Mediterraneo, pensare che la risposta sia una missione armata, dimostra quanto siano autentici la commozione e l’interesse umanitario tanto sbandierato in queste settimane. I migranti non vanno respinti, catturati, pattugliati. Vanno accolti, rispettati, tutelati. Parafrasando le parole del sindaco Giusi Nicolini nell’augurio di buon anno del gennaio scorso, la solidarietà e l’accoglienza non sono colpe e nessuno “deve essere costretto ad arrivare fin qui coi barconi, trovando troppo spesso la morte in mare”. E sul volto militarista e armato del sicuritarismo e dell’ideologia anti-migranti che l’anima c’è una “coincidenza”(che poi coincidenza non è) tra la Sicilia di oggi e la Puglia di inizi Anni Novanta, quella sulle cui coste approdavano i primi albanesi: allora la Puglia si stava battendo contro nuove installazioni militariste e basi di guerra, oggi la Sicilia si sta battendo contro la costruzione del MUOS. Respingono le vite e costruiscono strumenti di morte.
Ipocrisia. E’ la terza parola di prima. Sia permesso scriverlo senza giri di parole, oggi ne vediamo in circolo in quantità industriale. Oggi si piangono i morti, tutti son diventati caritatevoli e piangenti. Ma la disumanità documentata da “Come un uomo sulla Terra” è vecchia di anni, i fratelli e le sorelle migranti giungono a Lampedusa (come ha affermato il sindaco Giusi Nicolini venerdì, nelle ore successive al secondo grande dramma), e prima ancora sulle coste pugliesi, da anni e anni. I Centri di Permanenza Temporanea esistono da quasi quindici anni. Eppure non abbiamo sentito nessuno di coloro che oggi si commuovono e s’abbandonano alla retorica “umanitaria”. Mentre abbiamo ben in mente gli allarmi di Pisanu (smontati solo da Stefano Mencherini e pochi altri all’epoca), non dimentichiamo gli allarmi xenofobi della nostra grande stampa, non possiamo cancellare dalla nostra memoria la caccia all’uomo di Novi Ligure. E siamo spettatori, indignati sempre in troppo pochi, delle manifestazioni xenofobe, della propaganda razzista. Per anni e anni hanno trasformato il migrante in nemico, chi giungeva in una minaccia. Basta cercare pochi minuti su Google per trovare la prima pagina del quotidiano “La Padania” che indicava i barconi che giungevano sulle nostre coste come portatori di terrorismo islamico, come fossero basi galleggianti di Al Qaeda. Nei primi giorni successivi alla “prima tragedia” anche i telegiornali hanno dato enorme spazio a due gravissime bufale: lo stupro di una donna sul barcone prima della tragedia (totalmente smentita, ma che per giorni ha continuato a girare sui social network) e gli scafisti con la frusta che avrebbero buttato giù dalla barca i migranti.
E se il migrante non è considerato un nemico comunque è trattato come un fastidio. Lo vediamo anche in questi giorni. E non solo dall’estrema destra moderata. E’ un sentimento comune, tipico di molti perbenisti, di tantissime brave e pie persone. Poveretti, ma abbiamo già tanti problemi noi. Il Governo deve spendere i soldi per noi, sono nostri perché noi paghiamo le tasse, non può pensare a loro (ed infatti la bufale delle accise aumentate per i “clandestini” viene creduta e gira in Rete in maniera impressionante). Siamo d’accordo con la carità ma “’sti neri sono troppi”. Provate un attimo a riflettere e vi accorgerete che ormai neanche fate più caso a queste affermazioni perché son diventate così comuni da apparire “normali”. Ma poi i troppi migranti tanto troppi non diventano quando serve manovalanza a basso prezzo, quando l’onesto imprenditore e lavoratore italiano non vuol pagare il dovuto agli operai. In moltissime zone d’Italia siamo in periodo di vendemmia, di raccolta dell’uva. Pagati meno che gli “italiani”, sfruttati e senza alcun contratto, migliaia di migranti stanno lavorando per le aziende agricole italiane, ore e ore chini a spaccarsi la schiena. In questi momenti non sono troppi… E’ uscito da poche settimane un nuovo documentario di Stefano Mencherini dall’eloquente titolo “Schiavi”( http://www.stefanomencherini.
Torniamo un attimo sul “sentire comune” e sulle parole di tanti politici. Una delle solfe più ripetute è “perché non rimangono a casa loro? Perché vengono qui, che già non c’è lavoro per noi (e di questo abbiamo già scritto prima, riferendoci a “Schiavi”), piuttosto che farli venire qui aiutiamoli a casa loro”. L’ultimo concetto è stato ripetuto anche da Matteo Salvini della Lega Nord sabato scorso. Il ministro dell’Interno Alfano si è spinto oltre, accusando anche l’Africa di avere colpe. I migranti fuggono dai loro Paesi perché terribile guerre e speculazioni criminali mettono a rischio la loro vita e li costringono alla povertà più estrema. Guerre fomentate da eminenti mandarini d’Occidente (volete, per esempio, aiutare i siriani nel loro Paese? Benissimo! Non c’è bisogno di spendere euro in più, intanto cominciamo a non finanziare e armare più la parte più feroce, criminale e terrorista dell’opposizione), speculazioni criminali su cui lucrano multinazionali che hanno sede in Europa o negli USA.
Non possiamo più accettare di farci governare da leggi che considera criminale chi scampa ad una tragedia (e ipocritamente consente di dare cittadinanza invece se si muore) o chi rispetta la millenaria “legge del mare” che impone di salvare la vita in pericolo.
Nessuna barriera, nessuna soluzione militarista e di respingimento (non) umanitario può colmare il mare, può ingabbiare ciò che dell’umanità è più libera e meno reprimibile: il diritto alla dignità, a cercare il proprio futuro, ad essere padroni del proprio destino. Frontex e l’esercito italiano potranno pattugliare ogni centimetro quadro del Mare Mediterraneo, potranno erigere tutte le barriere che vogliono. Ma alle porte le istanze dell’umanità del Sud del Mondo continueranno a bussare. La solidarietà e l’internazionalismo, la collaborazione con i fratelli e le sorelle migranti già in Italia (una vecchia lezione del mai abbastanza compianto Dino Frisullo, lottare con i e le migrant*!), abbattere le barriere, smetterla di destinare capitali ingenti in armi ed eserciti, guerre economiche e politiche armate dalle cancellerie occidentali e dalle multinazionali capitaliste. L’egemonia culturale del qualunquismo, della xenofobia, dell’ipocrisia perbenista va sconfitta costruendo una nuova società. MeltingPot ha lanciato la proposta di scrivere tutt* insieme la “Carta di Lampedusa” ( http://www.meltingpot.org/
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