Appello pubblico: “No alla procedura hotspot – la città prenda parola”
Di seguito l'appello che viene rilasciato anche in allegato:
Con questo appello ribadiamo il nostro no al sistema hotspot. Abbiamo ascoltato storie
incredibili di donne ed uomini infrangersi contro le barriere fisiche, giuridiche e politiche
delineate nell’ambito della cosiddetta procedura hotspot. Vite diverse ricondotte
forzatamente all’interno di categorie giuridiche, per di più applicate in maniera arbitraria e
ingiusta. Abbiamo avuto direttamente a che fare con i problemi innescati dall’avvio del
dispositivo hotspot (anche) a Taranto, dove è attivo da 2 mesi. Abbiamo visto donne ed
uomini disorientati, vagare per le strade ad alto scorrimento immediatamente limitrofe
alla struttura, senza una meta precisa. Migranti respinti, lasciati in strada senza un posto
nel quale dormire e mangiare, senza alcun tipo di orientamento, assistenza, supporto,
esposti a tutti i rischi connessi alla precarietà giuridica e sociale. E poi, ancora, donne e
uomini rimpatriati, in base alla nazionalità di origine che, a fronte di percorsi migratori
lunghi e complessi, come messaggio di benvenuto in Europa vengono immediatamente
condotti nei C.i.e. e/o sugli aerei con destinazione il Paese dal quale fuggono. Solo grazie
all’intervento di molti attivisti, su cui non può reggersi la sorte di tanta gente, sono stati
garantiti accoglienza, pasti, orientamento.
Della procedura hotspot contestiamo:
1) L’idea complessiva che governa la procedura, secondo la quale i migranti possono essere
selezionati in base alla nazionalità di provenienza, in violazione del diritto di accesso alla
richiesta di protezione internazionale, che è invece soggettivo e individuale.
2) Le singole procedure (e violazioni) attraverso le quali avviene la selezione e la
differenziazione.
Dal racconto diretto dei migranti transitati abbiamo appreso che l’informativa legale – che
l’ente in gestione ha l’obbligo di attuare – è, anche quando effettuata, assolutamente
generica e inidonea a far comprendere realmente ciò che avviene al momento dello sbarco
e delle identificazioni. Ad esempio, nessuno dei migranti che ha ricevuto il provvedimento
di respingimento ne ha compreso la natura e le conseguenze, e nessuno ha compreso il
contenuto del questionario che viene somministrato immediatamente dopo lo sbarco, in
base al quale, di fatto, si viene respinti. A detta di chi lo somministra, infatti, i migranti
sceglierebbero (evidentemente senza che nessuno spieghi loro le conseguenze e le
alternative) di autodichiararsi “migranti economici”.
Inoltre in nessuna maniera l’hotspot di Taranto può essere configurato come un centro
chiuso: le persone condotte all’interno, in ogni fase della procedura, hanno il diritto di
spostarsi all’esterno della struttura. Ogni prassi contraria è, nei fatti, una detenzione
illegittima, non essendo prevista in nessuna legge, e una grave violazione del diritto alla
libera circolazione.
Inoltre la procedura hotspot è una prassi extralegale: non è regolamentata dalla
legislazione nazionale ma è frutto di accordi di indirizzo politico tra il governo italiano e le
istituzioni europee e poi le procedure seguite (anche con finalità detentive) in assenza di
apposita previsione normativa, sono una grave violazione della legge italiana e delle
normative comunitarie. Non è accettabile, inoltre, che venga impedito l’accesso alla
struttura agli enti di tutela che si occupano di orientamento legale. Non rivendichiamo la
possibilità di accedere all’interno della struttura al fine di democratizzare il
funzionamento dell’hotspot. Al contrario, chiediamo che sia garantito l’accesso a tutti i
soggetti che si occupano di tutela giuridica delle e dei migranti come strumento di
inchiesta/denuncia delle prassi illegittime/controllo sulle procedure in corso, al fine di
circostanziare e specificare gli elementi di critica nei confronti del funzionamento
dell’hotspot.
Non è più il tempo di esprimere generica indignazione e sdegno. Occorre costruire una rete
di forze politiche, associative, sindacali e di movimento che prendano parola, contestando
la pericolosità delle prassi in atto. L’hotspot non può essere una fabbrica di etichette che,
una volta applicate arbitrariamente ai migranti che vi vengono condotti, segnano la qualità
della vita, la soglia di ricattabilità e la rilevanza dello sfruttamento (sessuale, lavorativo,
ecc) alla quale chi è in fuga viene esposto.
Anche Taranto può e deve fare la sua parte.
Per adesioni inviate mail a: campagnawelcometa@gmail.com
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Allegati
Appello pubblico Hotspot maggio 2016
Campagna Welcome Taranto
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