Basta una macchia nel passato per la lista nera del Viminale
Tutto è cominciato nei giorni dello scempio madrileno. Il 18 marzo, Repubblica scriveva: "Sono da cinquecento a mille, i cittadini stranieri di religione islamica che potrebbero essere accompagnati nei Paesi di origine perché "sospettati di essere una minaccia per la sicurezza nazionale"".
Oggi, una fonte qualificata del Viminale conferma: "E' vero, l'idea di un'operazione di prevenzione ad ampio spettro era nella testa del ministro dell'Interno da qualche tempo. Addirittura prima dell'11 marzo. La strage di Madrid l'ha accelerata nei tempi, ne ha suggerito le forme. Visti i numeri, non un'espulsione immediata, ma una spallata a sorpresa che consegnerà alcuni dei controllati al foglio di via, altri ancora, la maggioranza, ad una sorta di campana di vetro in cui resteranno degli osservati speciali".
Oggi i numeri dicono 161, domani chi lo sa. Perché se è vero che nuove operazioni non sono state ancora pianificate, è altrettanto vero che il modello di intervento sarà riproposto. Ad una prima fase (quella di ieri) ne seguirà una seconda e, verosimilmente, una terza.
Sono state dunque necessarie poco più di due settimane per predisporre il piano, per fissarne i criteri. Per abbozzare una qualche risposta ad una sequenza di domande scivolose proposte al ministro dagli stessi addetti agli apparati della sicurezza.
Alle porte di quali case si dovrà bussare? Perché? Seguendo quale profilo? Etnico, forse? Religioso? Giudiziario?
Raccontano tre diverse fonti del Viminale che sia stata una discussione non semplice. Perché la scelta politica di Pisanu è stata chiamata a misurarsi sul confine incerto che può separare il "ragionevole sospetto dalla suggestione". La prevenzione da un giudizio che anticipa e ridefinisce la soglia di "colpevolezza presunta". "Perché - sono le parole di un investigatore - quando ti dicono di lavorare su un semplice indizio, normalmente neppure sufficiente a portare un individuo di fronte a un pubblico ministero, tutto diventa molto, ma molto complicato".
Il Viminale ne è uscito individuando tre criteri. Lontani dal sistema di garanzie così come definito dai nostri codici e ancorati alla sola oggettività che può regalare una informativa di polizia. E' stato così stabilito che, per entrare nella lista degli "obiettivi" (questo il nome che l'operazione ha attribuito ai 161 stranieri di religione islamica condotti ieri nelle questure e nei comandi dell'Arma di 34 province), dovessero ricorrere da una a tre circostanze ritenute indicative di una qualche forma di "militanza radicale".
"Lo straniero è stato denunciato per appartenenza ad aree dell'integralismo islamico e la denuncia non ha avuto un seguito giudiziario".
"Lo straniero è già stato oggetto di attività di prevenzione antiterrorismo (perquisizioni, intercettazioni telefoniche preventive, pedinamenti) che ha dato esito negativo".
"Lo straniero è stato indagato dalla magistratura penale per reati di terrorismo in un procedimento che non ha avuto esito".
Chi insomma era entrato nell'ingranaggio penale ovvero nel cono della semplice prevenzione, per poi uscirne, ieri si è ritrovato dinanzi ciò di cui riteneva essersi liberato. Le abitazioni di tutti i fermati sono state perquisite. Materiale di ogni risma, purché giudicato di primo acchito di possibile interesse investigativo, è stato sequestrato.
Tutti i fermati sono stati condotti in questura per l'esame dei documenti di soggiorno. Chi ne era privo è stato avviato ai "Centri di permanenza temporanea" in attesa di espulsione. Chi ne era in possesso (la maggior parte) ha dovuto dare conto di "eventuali irregolarità amministrative" (su tutte, "cambi di domicilio non tempestivamente comunicati alle autorità di polizia") e, di qui in avanti, dovrà "essere reperibile" attraverso lo strumento dell'"obbligo di firma".
Messo così, il lavoro istruttorio sui 161 "obiettivi" è stato affare a suo modo semplice. Di scartoffie. I tre criteri individuati dal Viminale sono infatti quelli che determinano una schedatura di polizia. Ed è bastato allora rovesciare gli schedari di tutte le questure e di tutti i comandi provinciali dell'Arma. Ogni schedato è finito "in lista". Rimanendone esclusi solo quanti, tra gli schedati, sono ancora oggetto di inchieste della magistratura e per i quali, dunque, un fermo avrebbe significato un'anticipata discovery delle indagini nei loro confronti.
Così è andata per tutti. O, meglio, per quasi tutti. Dei 161 fermati, una decina sono nomi estratti da altri archivi che non quelli di polizia. Sono nomi che hanno ballato nelle informative del Sisde, l'intelligence civile. Anche questa, a suo modo, un'inedita torsione delle prassi di prevenzione. Che apre la porta ad una nuova routine. Che raccoglie le sollecitazioni di quanti hanno sin qui lamentato l'impossibilità di far entrare il lavoro dei servizi segreti nel circuito della "effettiva prevenzione e repressione dei reati". Una scelta di cui, da oggi, si comincerà a misurare gli effetti.
Sociale.network