L'integrazione possibile ed umana a Zavattarello
Partendo dalla parte finale delle parole dell’antropologo Marco Aime, vi raccontiamo una storia... Una storia che arriva da Zavattarello (PV), anzi dalla Frazione Moline di Zavattarello, bucolica e medievale località dell’Oltrepò Pavese, dove il maestoso Castello Dal Verme domina le colline che vedono incontrarsi le province di Pavia e Piacenza, dove la L.I.A. di Bergamo gestisce un Centro di Prima Accoglienza per Richiedenti Asilo.
Qui un gruppo di ragazzi, provenienti da diversi paesi dell’Africa e dell’Asia sosta in attesa dello status (o meno) di rifugiato, ha creato un vero e proprio laboratorio di integrazione che suscita sempre più curiosità sia agli occhi degli esterni che...degli operatori stessi. I disagi del decentramento geografico rispetto ai centri abitati più prossimi sono stati trasformati in valori positivi, permettendoci di concentrarci maggiormente sulle dinamiche socio/etno/religiose interne alla struttura.
Agli ospiti, sin dal loro arrivo, è stato spiegato che la loro bramosia di integrazione e confronto con culture terze sarebbe partita proprio dalla struttura stessa, luogo fisico che per diversi mesi sarebbe stata una vera e propria “casa” e non semplicemente un luogo di transito teso tendenzialmente alla spersonalizzazione. Non sono state accettate richieste di sistemazione su base etnica o religiosa: la collocazione avveniva, e avviene, a seconda della disponibilità di posti nelle camere.
L’esperimento ovviamente, ed onestamente, non si è rivelato sempre vincente, ma si sono venute a creare “curiose” camerate di convivenza tra asiatici ed africani , musulmani e cristiani. L’aggettivo curioso non è posto a caso perché, ad esempio vedere ragazzi di un etnia preferire, nel tempo, la compagnia di ragazzi provenienti da tutt’altra parte del globo piuttosto che quella dei propri connazionali, ha fatto sorgere in noi operatori il desiderio di capirne i meccanismi.
A favore di questa prima integrazione ha giocato sicuramente un ruolo decisivo la possibilità dei ragazzi di cucinare in autonomia , eliminando il fastidioso “standard” del catering: in questo contesto, oltre ad una responsabilizzazione dei ragazzi, le tavole dei vari appartamenti che compongono la struttura sono diventate il primo luogo di scambio ed incontro tra gli shingarà bengalesi, il banku nigeriano, il binachinno gambiano ed il queema afghano, solo per citare alcune specialità tradizionali dei paesi di provenienza dei provetti cuochi.
La vicinanza alimentare e fisica ha permesso una continua circolazione di idee, usi e costumi, instaurando forti rapporti di solidarietà interetnica ed interreligiosa sfociati nella realizzazione di momenti di confronto e formazione sui diritti umani e sulle libertà di culto e pensiero e di feste religiose “aperte” (ad es. musulmani invitati a festeggiare il Natale e cristiani invitati a festeggiare la fine del Ramadan). Inerenti le festività natalizie, due dei maggiori eventi d’integrazione: la realizzazione del mercatino di Natale del paese l’8 Dicembre, e la presenza, per il secondo anno consecutivo alla rappresentazione vivente del presepe per le vie del borgo di Zavattarello.
In occasione del mercatino è stato proposto agli ospiti di realizzare addobbi natalizi ed oggettistica varia utilizzando materiale di riciclo; l’adesione è stata elevata ed addirittura maggioritaria negli ospiti di fede musulmana che hanno visto nel mercatino un momento concreto di integrazione ed interazione con la popolazione locale. La curiosità verso un Babbo Natale proveniente dall’Africa e che prega Allah è stato solo uno degli aspetti che ha portato al notevole riscontro di pubblico verso il nostro “stand”, a ciò va aggiunta l’oggettiva bellezza dei manufatti e della gioia e forza di coinvolgimento che caratterizzavano i richiedenti asilo.
Successo d’integrazione si è rivelata anche la partecipazione al presepe vivente. Nei giorni 24 e 26 Dicembre, momento clou degli appuntamenti natalizi del comune di Zavattarello, le meravigliose vie medievali del borgo si sono animate di personaggi di biblica memoria ed hanno trovato spazio, anche quest’anno, mercanti provenienti realmente dall’Afghanistan e dal Bangladesh, guardie del tempio Guineane, pastori del Burkina Faso, ciabattini del Mali, tessitori del Senegal, centurioni della Nigeria e così via.. Tra gli occhi incuriositi e stupefatti degli avventori, i richiedenti asilo hanno avuto modo di “recitare” fianco a fianco alla popolazione locale, dando prova di serietà ed abilità come il caso di un ricamatore senegalese che ha attirato a se l’attenzione grazie alla pregevole fattura dei suoi manufatti realizzati al momento.
Eccezion fatta per uno sparuto gruppo di nigeriani, il resto dei profughi presenti era di fede musulmana testimoniando che con il dialogo, la conoscenza e la comprensione reciproca, una convivenza pacifica non solo è auspicabile ma assolutamente fattibile: unire senza fondere, distinguere senza dividere rimanendo uniti nella diversità. La collaborazione e la disponibilità mostrataci dalla locale associazione di promozione e realizzazione del presepe è stata sicuramente determinante ed ha rappresentato per noi un ulteriore dimostrazione di “accettazione” nei nostri confronti.
Un importante ruolo lo svolge l’istruzione che abbiamo reso “continua” all’interno della struttura: è stata individuata un’aula dell’edificio adibita a scuola 5 giorni su 7, le lezioni sono tenute da un operatore formato coadiuvato dal mediatore. La frequenza regolare delle lezioni (non da parte di tutti gli ospiti in quanto non coattiva ma...”moralmente obbligatoria” ) ha permesso a diversi ospiti di raggiungere livelli di alfabetizzazione italiana ottimi tanto da far assumere alcuni degli ospiti come interpreti per le altre strutture da noi gestite o come lavoratori presso esercizi commerciali di connazionali.
Un contributo fattivo all’interazione tra la struttura ed il paese ospitante viene fornito dall’espletamento dei lavori socialmente utili attivati nel 2016. Terminato un breve corso inerente la sicurezza sul lavoro, oltre a piccoli lavori di falegnameria, imbiancatura e mantenimento della pulizia di alcune aree cittadine, il grosso dello sforzo viene destinato alla cura del “bosco incantato” che costeggia il castello comunale: supervisionati e coadiuvati dall’incaricato del comune, i richiedenti asilo collaborano alla realizzazione di percorsi e installazioni funzionali alle attività del bosco che vanno dal trekking alle variegate forme di turismo (naturalistico, storico..)
Per dovere di cronaca è necessario menzionare il fatto che nel periodo estivo appena trascorso c’è stata una lieve flessione nella disponibilità dei ragazzi a partecipare ai lavori, non dettata da svogliatezza ma bensì da una sorta di senso di frustrazione, giustificabile o meno, causato dai continui esiti negativi da parte della commissione che ha portato ad un senso di smarrimento generico verso un futuro pieno di interrogativi. Tuttavia un confronto con i ragazzi avvenuto con la positiva presenza del Sindaco ed un naturale “ricambio” dei richiedenti asilo hanno provveduto a ristabilire una regolarità nello svolgimento dei lavori che riprenderanno non appena le condizioni meteo saranno meno proibitive.
Per rafforzare ulteriormente le partnership con le istituzioni pubbliche e private del territorio stiamo stipulando protocolli d’intesa e collaborazioni “de facto” con la Pro Loco di Zavattarello ed alcuni esercizi commerciali del paese. Sono in programma una serata “Afro remember party” in cui la musica afro degli Anni ’70 ’80 si fonderà con i ritmi dell’africa occidentale dei migranti ed in cui una “banda musicale” formata da richiedenti asilo si esibirà con strumenti musicali ottenuti da materiale di riciclo, serate di cucina etnica nei ristoranti del paese e soprattutto la 2* festa inter etnica “Il mondo che vorrei..è qui a Zavattarello”.
Al fine di non rendere questi eventi “fini a se stessi” si sta cercando di dare una continuità a ciascun progetto e di incastrarlo agli altri in modo da creare un continuum nei rapporti con la popolazione locale che altrimenti si esaurirebbe al termine di ogni manifestazione. Per quest’ultimo fine è in partenza il progetto “Aggiungi un posto a tavola!”, in cui i richiedenti asilo verranno ospitati dalle famiglie aderenti al progetto e vivranno, soprattutto nei giorni festivi, la possibilità di trascorrere una giornata in una famiglia italiana per far si che si possano instaurare conoscenze che vanno al di la di un rapporto tendenzialmente epidermico.
Buona accoglienza, istruzione, integrazione, ascolto...sono solo alcuni degli elementi che combinati sapientemente possono aiutare a scardinare il sentimento comune di diffidenza verso “l’altro” il “diverso”. I confini non esistono, sono solo nella mente degli uomini ed il mio auspicio è che la popolazione di Zavattarello, e dell’Oltrepò in genere, così generosa ed ospitale per tradizione e capace di gesti d’altruismo eccellenti nei confronti dei nostri richiedenti asilo, possa “viverci” e “vivere” il fenomeno dell’immigrazione sciolta da ogni sterile stereotipo e pregiudizio ma solo con una voglia di conoscenza reciproca, facendo rete tra noi e loro e cercando nel positivo che l’immigrazione porta (ripopolamento ecc..) uno stimolo alla convivenza pacifica. Rete che sarebbe auspicabile instaurare anche con soggetti terzi, fuori dai nostri confini, con i quali condividere queste esperienze, mettendole a disposizione ed integrandole ad altre, per provare a proporre un servizio sempre più prossimo alle quotidiane nuove esigenze che la sfida dell’immigrazione ci pone.
Matteo Vairo – Direttore del Centro di Prima Accoglienza per Richiedenti Asilo di Zavattarello (PV)
Elena Galardi / Seraph Dekou – Operatori sociali
Atai Walimohammad – Mediatore linguistico/culturale
Associazione di Promozione Sociale “LIA” - Bergamo
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