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Immigrati, le «quote» francesi.

Fa discutere la proposta di Sarkozy.Il Partito socialista si divide.
Porte chiuse In Francia gli stranieri formalmente non possono entrare dal'74.
Ma le sanatorie sono state molte.
22 gennaio 2005
ANNAMARIA MERLO
Fonte: ilmanifesto.it - 20 gennaio 2005

La Francia sta pensando di cambiare le politiche sull'immigrazione e di introdurre le «quote» per riaprire le frontiere. Il dibattito è stato aperto la settimana scorsa dal presidente dell'Ump (il partito di Chirac), Nicolas Sarkozy, e questa settimana il ministro degli interni, Dominique de Villepin, ha annunciato che a fine febbraio il governo pubblicherà un rapporto con delle proposte concrete per determinare il bisogno di lavoratori stranieri. I dati dell'ultimo censimento spingono a rivedere la politica dell'immigrazione: in Francia la crescita demografica continua - 1,7 milioni di abitanti in più in 5 anni - ma la popolazione invecchia e malgrado la forte disoccupazione molte offerte di lavoro non trovano una domanda. Le frontiere sono formalmente chiuse agli immigrati dal `74, anche se ogni anno entrano intorno alle 100 mila persone e a intervalli regolari intervengono le sanatorie per regolarizzare parte dei sans papiers. Sarkozy afferma che è arrivato il momento di passare «dall'immigrazione subita all'immigrazione scelta». Dominique de Villepin, che si è dichiarato contrario a un sistema di «quote etniche» che «vanno contro la tradizione repubblicana», adesso sembra più propenso ad affrontare la questione sotto questo aspetto. Anche a sinistra il sistema delle «quote» non è più considerato tabù. Malek Boutih, ex presidente di Sos Racisme e oggi responsabile delle politiche sociali per il Partito socialista, ha diffuso un breve rapporto che dovrà servire da base per la discussione del programma socialista per il 2007, dove si dichiara «favorevole alla politica contrattuale e di quote che accompagna una politica dell'immigrazione». Nel Ps, già l'ex ministro dell'economia Dominique Strauss-Kahn e i deputati Julien Dray e Henri Emmanuelli si sono dichiarati a favore delle quote. Tutti arrivano a questa posizione dopo aver constatato, come scrive Boutih, che «la destra rende più severe le condizioni di soggiorno, la sinistra regolarizza ogni tanto, ma il risultato è lo stesso e ogni 4-5 anni sfocia in una crisi dei sans papiers».

Ma la scelta delle quote non è innocente. E' la stessa politica praticata da tempo dagli Stati uniti: un sistema che ha origini razziste, imposto nel `21, per frenare l'immigrazione di italiani e di ebrei dell'est europeo, troppo forte e sgradita. La connotazione razzista è stata corretta negli anni `60, sono stati aboliti i riferimenti alla razza e alla nazionalità, ma resta un sistema dove le quote persistono, anche se mascherate (675 mila permessi di soggiorno l'anno, diritto d'asilo escluso, ma non più di 25.620 per paese, nessuno dei quali può superare il 7% dell'insieme degli immigrati). Secondo la corrente di Fabius, «sarebbe rinnegare la politica socialista di cooperazione a favore dei paesi poveri. Dopo aver saccheggiato le loro ricchezze, adesso prendiamo le loro risorse umane, facendo una scelta molto selettiva». Anche la Commissione europea sta pensando a una politica comune. Ma la direttiva sull'armonizzazione delle condizioni di entrata è bloccata dal 2001. Solo con la nuova Costituzione l'immigrazione non sarà più materia votata all'unanimità.

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