Caso Moro

In via Montenevoso a Milano c'erano i brigatisti Franco Bonisoli e Nadia Mantovani Moro

I segreti del Memoriale Moro trovato in via Montenevoso

Nel dattiloscritto del memoriale di Moro, realizzato dalle BR, non veniva menzionata Gladio, che invece appare nelle carte manoscritte di Moro trovate nascoste in un'intercapedine di via Montenevoso. "Tutto sarà reso noto al popolo", dissero i brigatisti. Ma non lo fecero.
Redazione PeaceLink
Fonte: Giovanni Minoli, "La storia siamo noi"

IL MEMORIALE DI ALDO MORO

Il 1 ottobre 1978 i carabinieri, giodati dal generale Dalla Chiesa, fanno irruzione nel covo delle BR a Milano, in via Montenevoso. In quel covo c'è anche il memoriale Moro, scritto nei 55 giorni di prigionia. Ci sono i brigatisti Franco Bonisoli e Nadia Mantovani. "Tutto sarà reso noto al popolo", avevano dichiarato i brigatisti durante i rapimento di Moro. Ma le BR non fecero trapelare i segreti di Stato (primo fa tutti Gladio) che Moro scriveva in risposta al "processo del popolo".

Infatti nel memoriale Moro mancavano delle carte, quelle più scottanti, nascoste dalle BR in una intercapedine del muro. Quelle carte poi verranno trovate nel 1990 da un muratore, in un'intercapedine dell'appartamento di via Montenevoso.

Il carabiniere Roberto Arlati racconta una storia inquietante. Infatti nel 2000, il colonnello Umberto Bonaventura, che aveva coordinato il blitz del 1978, dichiara di essersi fatto consegnare le carte di Moro ritrovate dal Capitano Roberto Arlati, che materialmente aveva eseguito l’irruzione, di averle fotocopiate e poi riconsegnate. E nel 2004 Arlati raccontò che invece quando le carte gli vennero riconsegnate dopo le fotocopie, erano meno di quelle uscite dal covo. Umberto Bonaventura fu trovato morto nel suo appartamento.

Nel video la parte dal minuto 12 in poi cita i segreti che Moro aveva "confessato" alle BR e che le BR non diffusero. Nel minuto 29 del filmato si parla di Gladio. Moro inoltre - nei suoi scritti - accusava duramente Andreotti per i suoi rapporti con Sindona, il suo fedelissimo Barone e altro ancora. Nel video-documentario appare un Andreotti visibilmente molto imbarazzato per le accuse pesantissime scritte da Moro. Ma le BR non resero note quelle carte. Mino Pecorelli, direttore della rivista OP, stava per renderle note (aveva incontrato Dalla Chiesa ben quattro volte), parlava di segreti Nato, ma fu ucciso. Quello che le BR non avevano rivelato, stava per essere pubblicato da Pecorelli.

Il 17 novembre 2002, la corte d'assise d'appello di Perugia condannò Andreotti e Badalamenti a 24 anni di reclusione come mandanti dell'omicidio. La Cassazione, con il giudice Carnevale, annullò la condanna. 

Del Memoriale Moro si occupa Miguel Gotor nel suo libro Il memoriale della Repubblica.

Vi è inoltre questo approfondimento dell'Espresso.

Si legge sull'Espresso, in un articolo di Marco Damilano del 15 novembre 2019: "il Memoriale viene pubblicato dalla direzione generale Archivi del ministero dei Beni culturali e dall’archivio di Stato di Roma in una nuova edizione critica, grazie al lavoro di cinque anni di un gruppo di studiosi, coordinati da Michele Di Sivo, vicedirettore dell’Archivio di Stato di Roma, esperto di fonti giudiziarie: gli storici Francesco Biscione e Miguel Gotor e l’ex senatore Sergio Flamigni, che in passato del memoriale hanno curato edizioni e pubblicazioni, Ilaria Moroni, direttrice dell’archivio Flamigni che conserva le carte personali dell’uomo politico, la grafologa Antonella Padova, l’archivista Stefano Twardzik. La storia, la filologia, la freddezza dell’analisi per un testo rovente consentono il passaggio fondamentale, definitivo, per la comprensione di quanto accadde nel 1978, nella vicenda spartiacque della nostra storia".

Note: La video-inchiesta di Gianni Minoli lascia aperta la strada al dubbio, e cioè che bel covo di via Montenevoso a Milano tutte le carte del Memoriale Moro fossero state trovate nel blitz del 1978 ma che alcune, le più scottanti, fossero "sparite" durante i viaggi per fotocopiarle. Le carte sarebbero quindi state messe nell'intercapedine dai servizi segreti nel 1990 quando ormai il PM Casson era sulla buona strada per scoprire Gladio e stava indagando in tale direzione. A quel punto Andreotti decide di rivelare l'esistenza di Gladio, che già Moro aveva svelato ai brigatisti nel 1978, pensando ingenuamente in tal modo di ottenere la sua liberazione (le BR avrebbero ottenuto il più importante segreto di Stato a cui avrebbero potuto ambire), mentre invece quella scelta di rivelare i segreti di Stato decretò la sua morte perché la liberazione di Moro avrebbe costituito un grave pericolo per coloro che nella DC avevano detenuto il potere e con esso i segreti di Stato. Quella che per le BR sarebbe stata una vittoria mediatica di enorme portata, ossia la liberazione di Moro e la contemporanea rivelazione dei segreti di Stato a partire da Gladio, non venne perseguita e portata a termine. Sulle ragioni per cui le BR non liberarono Moro rivelando i segreti di Stato si possono fare molte congetture dato che ancora oggi i brigatisti coinvolti su questo nodo preferiscono glissare.

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