The show must go on
Non ho parole. E' vero che gli inglesi hanno un self control tutto loro che posso solo invidiargli, ma la freddezza con cui sento dire candidamente dagli organi d'informazione che il Gran Premio "s'ha da fare", che ormai sono stati assunti mille impegni con sponsor, società e mille altre cose che posticipare [non mi sognerei mai di chiedere la soppressione della manifestazione] una competizione sportiva è improponibile.
In questo momento penso a chi ha perso una persona cara: mogli, mariti, figli, genitori, semplici amici. Sì perché gli attentati hanno la caratteristica terrificante di non distinguere le persone. Tra i morti ci sono cristiani come musulmani, pacifisti come guerrafondai, tutti assieme accumulati dal semplice fatto di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Tutto qui.
Per questo motivo - al termine della gara - i vincitori che saliranno sul podio non faranno la tradizionale doccia con lo champagne. Grazie. Avrei preferito dichiarazioni tipo "oggi non me la sento di correre, non è per paura, ma per un semplice atto di rispetto nei confronti di chi soffre". Posticipare una gara sportiva di qualche giorno non fa risuscitare i morti - lo sappiamo tutti - ma l'unica cosa di cui, credo, abbiano bisogno i vivi è la solidarietà. Io, un'azione di questo genere, la chiamo appunto solidarietà.
"So che per te è un brutto giorno. Non dico 'ti capisco' perché nemmeno oso immaginare cosa ti passa per la mente in questi momenti. Ma rifiuto di disputare una gara ora, nel momento in cui un'intera nazione soffre". Ma forse questo è quello che dalle mie parti chiamano "Chiedere troppo".
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