La scomparsa della poetessa Rabikovitch
Chissà se è stato davvero il male di vivere o un’altra causa naturale la fine a 69 anni di Dalia Rabikovitch . Ieri sera, la poetessa israeliana è stata trovata morta nel suo appartamento di Tel Aviv. E dai primi accertamenti della polizia potrebbe trattarsi proprio di un suicidio. Ipotesi rafforzata dal fatto che, in passato, sembra che la scrittrice avesse già cercato di togliersi la vita. Non è certo la prima volta che una sensibilità femminile vibratile e votata all’arte (non solo poetica, beninteso) vira verso la morte volontaria. Basti pensare - per evocare solo qualche nome tra i più recenti - a Marina Cvetaeva, Sylvia Plath, Amelia Rosselli, Antonia Pozzi. Donne, artiste con storie diversissime tra loro, accomunate solo dal mistero ultimo della fine. Dalia Rabikovitch era nata nel 1936 a Ramat Gan. Cresciuta in un kibbutz, dopo gli studi superiori ad Haifa e la laurea all’università ebraica di Gerusalemme ha insegnato per molti anni letteratura. Impegnata nel movimento pacifista della sinistra israeliana dai tempi della guerra in Libano nel 1982, insignita nel 1999 del «Premio Israele» e considerata una delle voci femminili della poesia israeliana tra le più intense della sua generazione, oltre a scrivere poesia Dalia Rabikovitch è stata anche autrice di prose, di molti libri per bambini, e traduttrice (di Yeats, Poe, Eliot, accanto a romanzi per l’infanzia come Mary Poppins). Precoce il suo esordio letterario, negli anni Cinquanta: quando i suoi primi versi furono pubblicati sulla rivista del poeta israeliano Avraham Shlonsky «Orlogin». All’epoca, lo stile della Rabikovitch riecheggia il timbro lirico, aforistico ed emotivo di una capostipite della poesia femminile israeliana come Rachele Bluwstein (1890-1931), aliena da intellettualismi. È la prima fase della Rabikovitch: romantica, intrisa della malia di luoghi esotici e lontani, influenzata da tradizioni folkloriche, mitologiche e fiabesche popolate di fate, streghe e magia, costellata di versi dominati dall’amore e dalla passione. Più tardi, sono il sarcasmo e la satira a prendere il sopravvento. Con un linguaggio che cambia, e diventa quasi colloquiale. Ma resta immutata la vivida sensibilità dell’autrice: una profonda percezione emotiva della realtà che l’ha resa, per molti, una delle artefici della «rinascita» di una consapevolezza creativa nel suo Paese. Con tutte le inevitabili doglie che ogni nascita porta con sé.
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