Un referendum che riguarda l'umanita' intera. 1
La nonviolenza e' in cammino. 1049 - 10 settembre 2005
Il 23 ottobre in Brasile sì alla vita delle persone, sì al divieto di uccidere, sì all'abolizione del mercato delle armi
Il 23 ottobre in Brasile si svolgerà il primo referendum nella
storia di quell'immenso paese: la popolazione tutta sarà chiamata a
decidere se vuole proibire il commercio delle armi da fuoco.
E' la prima volta nella storia, per quanto ne sappiamo, che si chiede a
un popolo intero di pronunciarsi per farla finita col mercato degli
strumenti di morte, per farla finita con le armi, per farla finita con
le uccisioni, per salvare le vite di tutti.
E' un referendum che riguarda l'umanità intera. E' finalmente un passo
concreto nella direzione giusta.
Dobbiamo sostenere le sorelle e i fratelli brasiliani impegnati nella
campagna affinché il 23 ottobre vinca il sì alla vita e alla dignità
umana, il sì alla fine del commercio delle armi.
A chi ci legge chiediamo di promuovere anche qui in Italia informazione
e sensibilizzazione, e di sostenere moralmente e materialmente le
sorelle e i fratelli brasiliani impegnati affinche' il 23 ottobre vinca
l'umanità.
Per promuovere iniziative in Italia per sostenere la campagna per il
"sì" al referendum brasiliano per vietare il commercio delle armi, si
può contattare Francesco Comina
in Italia e padre Ermanno
Allegri in Brasile (sito: www.adital.com.br).
Molte utili informazioni sono reperibili nel sito www.referendosim.com.br. Il
nostro foglio sarà anche, in queste settimane, una tribuna aperta alle
dichiarazioni di sostegno al sì al referendum brasiliano. Tutte le
persone di volontà buona, di retto sentire, di viva speranza, tutte le
persone che non si sono arrese al male e alla morte, sono invitate ad
intervenire.
Maria G. Di Rienzo: Sì
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo per questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Università di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarietà e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza; è coautrice dell'importante libro: Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003]
Mutare il piombo in oro è mestiere d'alchimista
Fra fumi ed alambicchi, sta ben fuori di vista.
Attenta, che è meta utopica, o malriposta brama
e credere nelle favole nuoce alla buona fama.
Mi ammonisce lo scettico che non v'e' speranza alcuna:
rinunci tu alle armi? Tira giù anche la luna!
Ma io che sono strega, e strega di Tessaglia,
la luna la lavoro come una sciarpa a maglia.
Dubbioso, sù la testa, il momento e' arrivato:
un'umanità felice il piombo in oro ha mutato.
Non è l'oro dei potenti, è il biondo del grano,
è chioma di fanciulla, è sole nella mano.
Sia esecrato per sempre il piombo dei fucili,
dolci sian ritessuti dell'oro tutti i fili.
Possa, il 23 ottobre, far festa il mondo intero:
ché gli alchimisti di pace han sempre detto il vero.
Giulio Girardi: Sì
[Ringraziamo Giulio Girardi per questo intervento. Giulio Girardi e' nato al Cairo nel 1926, filosofo e teologo della liberazione, durante il Concilio Vaticano II partecipò alla stesura dello schema XIII; membro del Tribunale permanente dei popoli, particolarmente impegnato nella solidarieta' con i popoli dell'America Latina. Opere di Giulio Girardi: presso la Cittadella sono usciti: Marxismo e cristianesimo; Credenti e non credenti per un mondo nuovo; Cristianesimo, liberazione umana, lotta di classe; Educare: per quale societa'?; Il capitalismo contro la speranza; Cristiani per il socialismo: perche'?; presso Borla sono usciti: Sandinismo, marxismo, cristianesimo: la confluenza, (a cura di) Le rose non sono borghesi, La tunica lacerata, Fede cristiana e materialismo storico, Dalla dipendenza alla pratica della liberta', Il popolo prende la parola (con J. M. Vigil), La Conquista dell'America, Gli esclusi costruiranno la nuova storia?, Cuba dopo il crollo del comunismo; presso le Edizioni Associate: Rivoluzione popolare e occupazione del tempio; presso le Edizioni cultura della pace: Il tempio condanna il vangelo; presso Anterem: Riscoprire Gandhi; presso le Edizioni Punto Rosso: Resistenza e alternativa]
Viviamo in un mondo che affoga ogni giorno di piu' nel sangue degli
innocenti, dei bambini, delle donne; sangue che gronda soprattutto dal
fragore delle armi scatenate dai piu' forti contro i piu' deboli,
contro i bambini, contro le donne; armi che sono strumenti di dominio
dell'uomo sull'uomo, dell'uomo sulla donna, dei popoli sui popoli, del
diritto della forza sulla forza del diritto, del denaro sull'integrita'
della natura.
A questo fragore tenta di contrapporsi la ribellione degli
esclusi, della solidarieta', della speranza di vita e di pace.
La costruzione della pace passa per la distruzione delle armi. Perche'
un mondo diverso e' possibile solo se e' possibile liberare l'umanita'
dall'incubo delle armi e della morte.
Ogni arma distrutta avvicina i popoli, avvicina l'umanita', a un nuovo
futuro.
Per questo il nuovo Brasile, con la scelta del disarmo e della
nonviolenza, annuncia al Brasile di domani, all' umanita' di domani,
che un mondo diverso e' possibile, che la storia non e' finita, che una
nuova storia sta incominciando.
Dacia Maraini: Sì
[Ringraziamo Dacia Maraini per questo intervento. Dacia Maraini, nata a Firenze nel 1936, scrittrice, intellettuale femminista, è una delle figure più prestigiose della cultura democratica italiana. Tra le opere di Dacia Maraini: L'età del malessere (1963); Crudeltà all'aria aperta (1966); Memorie di una ladra (1973); Donne mie (1974); Fare teatro (1974); Donne in guerra (1975); (con Piera Degli Esposti), Storia di Piera (1980); Isolina (1985); La lunga vita di Marianna Ucria (1990); Bagheria (1993)]
Il possesso delle armi porta prima o poi a utilizzarle.
Per questo e' utile per la comunita' non concedere il permesso di usare
armi ai cittadini. Nei paesi dove il permesso viene esteso ai comuni
cittadini, come succede negli Stati Uniti, si e' visto come poi vengono
usate queste armi: per delitti privati, stragi di innocenti perpetrate
da gente impazzita, o assalti di criminali, come sta succedendo in
questi giorni a New Orleans dopo il disastro dell'inondazione. Perciò
diciamo che bisogna abolire il commercio delle armi da fuoco che e'
gia' troppo esteso.
Le armi non parlano, uccidono. Noi siamo per il dialogo.
Giovanni Sarubbi: Sì
[Ringraziamo Giovanni Sarubbi per questo intervento. Giovanni Sarubbi, amico della nonviolenza, promotore del dialogo interreligioso, giornalista, saggista, editore, dirige l'eccellente rivista e sito de "Il dialogo"]
"Chi semina vento raccoglie tempesta", dice un vecchio
proverbio che
applicato al commercio delle armi potrebbe senz'altro essere
riformulato con
"Chi vende armi diffonde la morte e la guerra".
Hanno senz'altro ragione quindi tutti quei brasiliani che si stanno
battendo
per vincere il referendum per l'abolizione del commercio delle armi in
Brasile che si terra' il prossimo 23 ottobre.
Benissimo ha fatto il Governo Lula ad impegnarsi su un obiettivo di
civilta'. Ogni 13 minuti in Brasile muore qualcuno ucciso da un'arma da
fuoco, 108 morti e 53 feriti al giorno. Nel solo 2003 circa
quarantamila
brasiliani sono stati uccisi da armi leggere. Ancora piu' drammatico il
dato
che riguarda l'intero mondo con un morto ogni minuto, 525.600 omicidi
in un
anno. E questo senza considerare i morti delle cinquanta guerre
attualmente
in corso in tutto il mondo. Guerre che interessano soprattutto le zone
dove
piu' forte e violento e' lo sfruttamento delle risorse da parte delle
societa' multinazionali occidentali, che le creano e le sostengono per
continuare a mantenere il proprio dominio mettendo poveri contro
poveri.
E sono omicidi sia quelli che si commettono durante un raptus di
follia, sia
quelli che si commettono in grande stile durante le guerre. E se i
responsabili diretti degli omicidi sono coloro che li commettono, chi
produce, progetta e vende armi e' anch'esso corresponsabile degli
omicidi
che con quelle armi vengono commessi.
Abolire la produzione delle armi ed impedirne la vendita e' quindi il
terreno privilegiato di impegno di chiunque voglia essere "costruttore
di
pace".
Il sogno di un mondo senz'armi e senza gli omicidi che con le armi
si fanno,
e' vecchio quanto il mondo. Ed e' un sogno che appartiene al popolo che
soffre, al popolo che e' angariato dalla schiavitu' di chi crede di
avere il
potere assoluto sia sugli esseri viventi che sull'intero universo. Il
profeta Isaia proclama questo sogno gia' all'inizio del suo libro: "ed
essi
trasformeranno le loro spade in vomeri d'aratro, e le loro lance, in
falci;
una nazione non alzera' piu' la spada contro un'altra, e non
impareranno
piu' la guerra" (Is 2, 4).
E' il sogno che abbiamo inserito sul nostro sito www.ildialogo.org come
idea
guida di tutto ciò che facciamo. Sempre Isaia proporra' al popolo
ebreo
schiavo a Babilonia la pratica della nonviolenza per uscire dalla
situazione
nella quale si trovava, e lo fa ricorrendo all'immagine del "servo
sofferente", quello che "Non gridera' ne' alzera' il tono, non
fara' udire
in piazza la sua voce, non spezzera' una canna incrinata, non spegnera'
uno
stoppino dalla fiamma smorta. Proclamera' il diritto con fermezza; non
verra' meno e non si abbattera', finche' non avra' stabilito il diritto
sulla terra" (Is 42, 2-4). Servo sofferente che non e' una sola
persona ma
tutto il popolo che comprende di dover prendere sulle proprie spalle il
proprio destino se vuole avere una discendenza.
Ed i popoli che scelgono la strada del disarmo e della nonviolenza sono
quelli che, come dice sempre Isaia, avranno "una discendenza e vivranno
a
lungo". E non c'e' bisogno di avere una grande cultura per comprendere
che
dalla morte e dalla sua diffusione non potra' venire nulla di buono per
l'umanita' e per quei popoli che la morte diffondono.
"L'uomo di pace avra' una discendenza", dice il salmo 37.
Ma il referendum che si fara' in Brasile, ci riguarda come italiani
non
soltanto da un punto di vista astratto, di adesione ad un sogno.
L'Italia,
infatti, e' il secondo paese produttore di armi leggere al mondo. E'
piu'
che probabile che molti dei morti ammazzati del Brasile siano stati
uccisi
da armi o proiettili fabbricati in qualcuna delle fabbriche italiane o
di
fabbriche italiane di armi che hanno la loro sede in Brasile. E'
probabile
che quelle armi e quelle munizioni siano state prodotte da persone a
cui e'
stato insegnato per tutta la vita che produrre armi non comporta alcuna
responsabilita' diretta nell'uso che di quelle armi poi verra' fatto.
Molte volte mi sono sentito rispondere dai delegati sindacali, anche di
sinistra, di fabbriche che avevano al loro interno produzioni militari
insieme a quelle civili che era impossibile la riconversione e che, in
definitiva, bisognava tutelare il lavoro e "la pagnotta" degli operai
che
non stavano facendo altro che portare a casa uno stipendio per dare da
mangiare alla propria famiglia. E queste affermazioni sono la base di
tutte
le tragedie che hanno attraversato tutti i secoli della storia umana
perche'
pongono le basi per la negazione della vita.
Il referendum brasiliano ci dice dunque che in Italia dovremo
affrontare
seriamente la questione della produzione di armi. C'e' bisogno che
anche in
Italia ci sia un salto di qualita' nella richiesta di disarmo
generalizzato
e di riconversione delle industrie belliche e armiere in industrie di
pace.
Ed in questo impegno per il disarmo il referendum brasiliano ci dice
non
solo che una strada diversa e' possibile, ma che quel referendum e'
parte integrante del nostro impegno.
Ed e' ancora piu' importante che quel referendum vinca anche
rispetto a
quello che abbiamo visto succedere a New Orleans dopo l'uragano
Katrina:
quando le armi di tutti i tipi diventano la base di tutti i rapporti
sociali, come succede negli Usa, muore l'umanita', si produce una
societa'
violenta ed incapace di solidarieta' anche in situazioni drammatiche
come
quelle che derivano da un disastro ambientale come un uragano, uno
tsunami,
un terremoto, e si dimostra inequivocabilmente che le armi
corrispondono ad
insicurezza, e quante piu' armi ci sono in circolazione in un paese
maggiore
e' la sua insicurezza.
Vinca dunque il sì in Brasile anche per dare un esempio al mondo e a
chi di questo mondo ritiene di essere il padrone.
Tiziana Plebani: Sì
[Ringraziamo Tiziana Plebani per questo intervento. Tiziana Plebani, prestigiosa intelletuale, bibliotecaria e storica, e' attiva nella Rete di donne per la pace di Mestre e Venezia; tra le sue opere: Il genere dei libri, Angeli, Milano 2001; Corpi e storia, Viella, Roma 2002]
Sosteniamo la campagna per il disarmo in Brasile: non si tratta di
una delle solite iniziative generiche. Qui si tratta di prendere atto
di un processo di civilizzazione e di attenzione alla vita -
"mobilitazione per la vita", viene infatti definita - che ha preso il
via tra la popolazione, in diverse citta', sostenuta da scuole,
istituzioni, gruppi religiosi, movimenti della societa' civile,
promossa dal presidente Lula e che ha come fine il referendum del 23
ottobre prossimo.
Sostenere tale campagna equivale quindi a dare piu' forza al decisivo
momento storico in Brasile di costuzione di una democrazia diretta,
aiutando anche con la diffusione delle loro scelte e della loro
volonta': "la nostra opportunita' di partecipare direttamente a una
decisione che significa rispetto per la nostra vita" (dal documento
della campagna leggibile nel sito: www.referendosim.com.br).
Attivo dagli anni '70 (dapprima con la denominazione "Comitato democratico contro l'emarginazione - Centro di ricerca per la pace"), nel 1987 ha coordinato per l'Italia la campagna di solidarietà con Nelson Mandela allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a "Primo Levi, testimone della dignità umana". Dal 1998 ha promosso una "campagna contro la schiavitù in Italia".
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