Un referendum che riguarda l'umanita' intera. 2
La nonviolenza e' in cammino. 1050 - 11 settembre 2005
Disarmare gli assassini. Sì, si può
Il modo più semplice per disarmare gli assassini e' cessare di
mettere a
loro disposizione le armi. Basta cessare di metterle in circolazione,
basta
cessare di produrle.
Il 23 ottobre in Brasile uno storico referendum chiedera' all'intera
popolazione di decidere se cessare di mettere armi a disposizione degli
assassini. Di decidere se salvare la vita a innumerevoli persone.
Votando
sì il popolo brasiliano può salvare subito molte vite, e può dare
immensa
una lezione e una speranza al mondo intero: che sia possibile un mondo
in
cui la vita umana valga più dei profitti dei mercanti di morte, che sia
possibile un'umanita' che sceglie la vita, la convivenza, la gestione
nonviolenta dei conflitti, la pace, anziche' la guerra, il terrore,
l'uccidersi.
Vinca l'umanità oggi in Brasile, e domani ovunque. Aiutiamo le sorelle
e i
fratelli che in Brasile si stanno impegnando perché l'esito del
referendum
sia il sì all'umana vita, il sì al disarmo, il sì alla civile
convivenza,
il sì alla solidarieta' tra tutti gli esseri umani.
Chiediamo ancora a chi ci legge di promuovere anche qui in Italia
informazione e sensibilizzazione, e di sostenere moralmente e
materialmente
le sorelle e i fratelli brasiliani impegnati per il sì al referendum. E
ricordiamo ancora che per promuovere iniziative in Italia per sostenere
la
campagna per il "sì" al referendum brasiliano per vietare il commercio
delle armi, si può contattare Francesco
Comina
in Italia e padre Ermanno
Allegri in Brasile (sito: www.adital.com.br);
che molte utili
informazioni sono reperibili nel sito www.referendosim.com.br;
che il nostro
foglio in queste settimane ospiterà le dichiarazioni di sostegno al sì
al
referendum brasiliano delle persone di volonta' buona che vorranno
intervenire per esprimere una persuasa ed attiva solidarieta'.
Normanna Albertini: Sì
[Ringraziamo Normanna Albertini per questo intervento. Normanna Albertini e' nata a Canossa nel 1956, insegnante nella scuola elementare, vive e lavora a Castelnovo ne' Monti; e' impegnata nel gruppo di Felina (Reggio Emilia) della Rete Radie' Resch, e quindi in varie iniziative di solidarieta', di pace, per i diritti umani e per la nonviolenza; scrive da anni su "Tuttomontagna", mensile dell'Appennino reggiano. Opere di Normanna Albertini: Shemal, Chimienti Editore, Taranto-Milano 2004]
Consideravo in televisione, in questi giorni, il diluvio biblico di
New
Orleans. C'era un morto sulla strada, militari in giro, armi,
carrarmati;
qualcuno dei superstiti che brindava su un balcone, a pochi metri dal
cadavere. Indifferenza. O peggio: non c'era tempo per raccattare i
morti,
spiegava un soldato, si doveva provvedere ai vivi.
Ho avuto davanti, all'improvviso, l'immagine del disfacimento di ogni
senso
etico, l'evidenza dolorosa della totale disumanizzazione della societa'
che
dovrebbe esportare la democrazia nel resto del mondo.
Ho pensato a cio' che avevo udito dai vecchi alpini reduci dalla
Russia, o
dagli scampati ai campi di concentramento, alle loro storie di
solidarieta',
di sacrificio per aiutarsi l'un l'altro e sopravvivere. Al loro ripudio
assoluto delle armi. Al loro pianto: "Non si riesce a far capire quello
che
abbiamo vissuto...". Al loro rammarico, perche' al tramonto della vita
vedevano nel mondo sempre piu' violenza, sempre piu' indifferenza al
dolore
dell'altro. Erri De Luca, in "Alzaia", afferma che "indifferenza" non
e'
infischiarsene del mondo, ma e' un disturbo della percezione per cui
non si
riesce a distinguere la "differenza" tra realta' e messinscena. Si
assiste
inerti ad una violenza perche' ci si sente semplici spettatori. E
conclude
dicendo che l'indifferenza e' un torto contro il creato, non contro la
societa', perche' inceppa il lavoro della creazione, che non si e'
esaurita
in sette giorni. Credo che rimanere fuori, insensibili alla miseria
fisica e
morale (quanto e' paurosa e devastante la miseria interiore che permea
il
nostro "ricco" mondo, dove buoni padri di famiglia vanno sui viali a
cercare
dodicenni ucraine?) che noi stessi produciamo e poi sparare su chi ci
minaccia faccia sempre parte della stessa "indifferenza".
Negli stessi giorni, leggevo un manuale della Pastorale di strada
dei
vescovi brasiliani e, intanto, dal Brasile mi arrivava la notizia (tra
le
altre dei problemi di Lula con i corrotti del suo governo) del
referendum
contro il commercio delle armi da fuoco e munizioni che si terra' il 23
ottobre.
Come non collegare l'uso delle armi da parte di comuni cittadini con la
creazione di quella "massa esuberante" di emarginati - che non e' un
"effetto collaterale" del capitalismo, ma e', visti i numeri,
"l'effetto"
conclusivo del capitalismo - e che, a New Orleans, non ha avuto
possibilita'
di fuga?
Recita il libretto dei vescovi "Vida e Missao", scritto ad uso degli
operatori tra gli homeless: "Gli abitanti della strada sono stati e
sempre
saranno gli esclusi dal sistema, che nessuno vuole vedere, che
scomodano
l'estetica della citta' e che, con le loro figure barcollanti e
sporche,
denunciano che viviamo in una societa' che non e' quella sognata da
Dio.
Frutto del sistema capitalista, storicamente sono stati considerati
"massa
eccedente" in conseguenza dell'esodo rurale. La sua presenza,
necessaria
allo sviluppo del Paese, ha permesso la realizzazione di costruzioni
faraoniche. Migravano dalla campagna e si offrivano come manodopera a
buon
mercato alle grandi imprese. Oggi, il fenomeno "popolazione della
strada" si
presenta come conseguenza del rigonfiamento delle citta' che, costruite
da
loro, gia' non gli appartengono piu'. Nei paesaggi della citta', il
popolo
della strada si presenta come un disegno vivo di una realta' che ci
interroga e ci disturba. Infinite volte siamo rimasti perplessi davanti
ai
preconcetti e alle azioni che governi e societa' pianificano per
nascondere
la loro verita'. Ricordiamo storie di "mendicanti che sono stati
buttati nel
fiume"; di "mendicanti che sono stati presi con la forza e trasportati
in
altre citta'"; di "mendicanti che sono morti bruciati vivi".
Parallelamente
a questi abusi sociali e governativi, altre soluzioni "meno violente"
sono
state create per rispondere all'esclusione. Sfortunatamente, nella loro
maggioranza, hanno carattere di politica di compensazione. Si consumano
milioni semplicemente per nascondere questo popolo, allontanandolo
verso le
periferie o verso altri comuni, quasi sempre con l'intento di liberarsi
di
loro".
Marcelo Barros, monaco benedettino e Priore del Monastero Anunciacao
do
Senhor nella citta' di Goias, chiede, in una lettera, di "disarmare il
cuore
per disarmare la nazione".
In sostanza, egli afferma che la maggior parte dei crimini perpetrati
con
armi da fuoco accadono in famiglia o nel vicinato. Ci sono si' i morti
dovuti ad assalti o sequestri, ma, secondo le statistiche, pochissime
volte
il fatto che il cittadino sia armato lo salva. Di solito, davanti ad
un'arma, un bandito, piu' esperto, spara per primo. Le industrie di
armi
propongono che si disarmi il bandito, non il cittadino, ma che senso
ha, se
la maggioranza delle vittime non sono dovute ad assalti o rapine, ma ad
episodi di violenza in ambito familiare, tra vicini di casa, colleghi
di
lavoro o ex innamorati?
Inoltre, padre Marcelo se la prende con la stampa che bombarda
continuamente
i cittadini con notizie di crimini terribili, trascurando le
informazioni
positive, quelle che riguardano la costruzione, ogni giorno, della pace
e
della solidarieta'. Molti giornali parlano della violenza quotidiana
come di
una guerra civile non dichiarata. Cio' non e' corretto. Questo tipo di
violenza e' incidentale e non schiera in battaglia un popolo contro un
altro, una classe sociale o una razza in guerra per eliminarne
un'altra. Chi
paragona la violenza nelle citta' brasiliane ad una guerra dovrebbe
ascoltare le testimonianze delle persone che vivono a Baghdad, nel
Sudan, a
Bogota'. Legittima poi rimedi eccezionali affermare che si vive in una
situazione di guerra, legittima restrizioni delle liberta' democratiche
e
maggiore repressione della polizia, attentando ai diritti umani e, in
pratica, non eliminando la violenza.
Conclude, Marcelo Barros, ricordando una citazione di Origene, teologo
del
III secolo: "Quando Gesu', catturato dai suoi nemici, comando' a Pietro
di
rimettere la spada nel fodero, ordino' a tutti i cristiani di bandire
per
sempre qualsiasi forma di arma".
Anche i vescovi del Brasile sono intervenuti, il 15 agosto scorso,
con una
nota a favore del referendum.
Scrivono, tra l'altro: "La Campagna di Fraternita' Ecumenica del 2005,
sul
tema Solidarieta' e Pace, ha incentivato le Chiese nel Brasile ad
unirsi
nella preghiera e nella promozione della cultura della pace. Un gesto
concreto suggerito per la Campagna e' la partecipazione al Referendum
del
prossimo 23 ottobre, quando il popolo e' convocato a pronunciarsi sopra
la
proibizione del commercio di armi da fuoco e munizioni in tutto il
territorio nazionale. Con il Referendum, siamo chiamati a contribuire
attivamente nel consolidamento delle istituzioni democratiche. Sara'
un'occasione storica per l'esercizio della sovranita' popolare
attraverso il
voto. Come vescovi della Chiesa Cattolica e cittadini, ci schieriamo a
favore della proibizione del commercio delle armi da fuoco e munizioni.
Invitiamo i cristiani e tutte le persone di buona volonta' a votare si'
in
questo referendum. Proibire il commercio e l'uso delle armi da fuoco e'
un
passo decisivo, ma non sufficiente. Siamo contrari ad ogni forma di
violenza. Piu' che potenziare la Sicurezza Pubblica, e' indispensabile
educare alla pace e alla difesa della vita, attraverso pratiche di
nonviolenza attiva".
Nonostante le cattive notizie sul governo di Lula, la speranza viene comunque dal Brasile? Una piccola luce, che rincuora, dopo l'orrore e il degrado umano rivelati dal diluvio biblico di New Orleans: parola fine all'"american dream", se ancora qualcuno ci credeva! Dice ancora Erri De Luca che il vocabolo ebraico per "speranza" e' "tikva'", che significa anche "corda": una corda (speranza) accompagna in esilio i deportati d'Israele e una corda li riportera' a casa, riavvolgendosi senza spezzarsi. "Nella parola tikva' c'e' il senso di essere legato a qualcuno e qualcosa che non lascia soli. Non sempre la speranza mostra la sua fibra di canapo ritorto, resistente. Pero' e' bello sapere che essa ha quella tenacia d'origine". Amo pensare che chi spera e cammina su vie di giustizia sia legato e col-legato da questa corda, una corda che ci unisce tutti e che ci trae, a forza, fuori dall'indifferenza.
Luciano Benini: Sì
[Ringraziamo Luciano Benini per questo intervento. Luciano Benini, gia' presidente del Movimento Internazionale della Riconciliazione (Mir-Ifor), da sempre impegnato in molte attivita' e iniziative di pace e di solidarieta', e' una delle persone piu' prestigiose dei movimenti nonviolenti in Italia]
Se fossi brasiliano, voterei a favore del referendum per proibire il
commercio delle armi da fuoco.
Sento gia' le obiezioni: le armi non sparano da sole, cio' che conta e'
cambiare il cuore; oppure, non si puo' negare il diritto alla legittima
difesa; e ancora, tanti lavoratori finirebbero senza lavoro, e cosi'
via.
No, le armi e il loro commercio vanno abolite, spostando
progressivamente il
diritto/dovere di dirimere e controllare i conflitti all'autorita'
pubblica
e all'Onu. Ogni arma in mano ai privati legittima il tentativo di
difendere
con la forza posizioni di privilegio, ruberie, situazioni di palese
ingiustizia.
Certo, occorre cambiare il cuore delle persone, certo, occorre
eradicare le
situazioni di ingiustizia che generano violenza, certo, occorre dare
dignita' a chi non ce l'ha: ma non con la forza delle armi, ma con le
leggi,
con la condivisione della vita, con la giusta distribuzione delle
risorse.
So bene che Abele e' stato ucciso con una pietra, o forse con le mani
nude,
ma oggi le armi distruggono vite umane a migliaia, possono far saltare
governi, possono consentire stragi e distruzioni.
Dire no al commercio delle armi e' una scelta culturale, e' dire no
alla
soluzione violenta dei conflitti, e' aprire alla speranza della
nonviolenza.
Dal giorno dopo del referendum, che ogni brasiliano senta questo come
una
scelta di vita, personale e collettiva.
Roberto Del Bianco: Sì
[Ringraziamo Roberto Del Bianco per questo intervento. Roberto Del Bianco e' impegnato nell'esperienza di Peacelink ed in molte inziative di pace e di solidarietà]
Quanto vale una vita?
Proviamo a immaginare una morte.
Gli occhi della propria coscienza che si spengono in un colpo, e fili
di
anni e anni di storia del se' che svaniscono all'improvviso.
Un uomo che non e' piu'.
Quanto vale una vita, nei tempi della cronaca spicciola delle morti
sempre
ripetute, banalizzate, e poi disperse dalle cellule della memoria
oramai
incapace a fissare nel proprio cuore quei frammenti di sentimento che
pure
erano e sono ancora dell'uomo?
Quanto vale...
Ed ecco un passo al contrario pero', sussurro dai meandri dei media globalizzati. Una notizia non-notizia che si fa notizia vera, e vera di speranza.
Si', quando la morte e' da altri voluta, vita assassinata dalle
protesi di
morte, inventate dall'uomo-caino fin dai primordi dei secoli dei
secoli. Le
armi che aiutano ad uccidere. Eppure...
Eppure queste protesi di morte, eccola la notizia, vietate,
regolamentate
con maggiore efficacia, una "Campagna per il disarmo" in un Paese che
non e'
di quelli sulla bocca di tutti, eppure...
Una notizia non-notizia che si fa notizia vera, e vera di speranza.
E le statistiche in un sussulto, numeri in crescita di vite
risparmiate.
Dal Brasile, Sud America; terre di speranza di un'umanita' diversa dai binari dritti del solito qualunque Occidente banalizzato.
Una notizia di speranza, chissa'...
Agnese Ginocchio: Sì
[Ringraziamo Agnese Ginocchio (sito: www.agneseginocchio.it) per questo intervento. Agnese Ginocchio, "cantautrice per la pace, la nonviolenza, contro tutte le guerre e le mafie", è generosamente impegnata in molte iniziative di pace, di solidarietà, per i diritti umani e la nonviolenza]
Come artista e come donna che cammina e lavora dal basso per la
promozione
di una cultura di pace e nonviolenza e per la difesa dei diritti di
ogni
essere umano, particolarmente degli ultimi, dei poveri e dei meno
considerati, offro il mio sostegno a favore del prossimo referendum in
Brasile per la proibizione del commercio delle armi da fuoco e di ogni
munizione, in quanto chiama in causa prima di tutto il sacro valore
della
vita stessa.
Ogni arma da fuoco e' un ordigno micidiale inventato non per la difesa
della
vita, bensi' per la morte.
Chi si attiva per la pace e la nonviolenza ogni giorno con i propri
mezzi
deve fare il possibile e l'impossibile, con l'aiuto della Provvidenza,
per
eliminare ogni radice velenosa che genera indifferenza e morte, e
sostituire
a questa piaga la cultura della vita, dell'amore e dei diritti di ogni
persona.
Le parole non bastano piu'...
Ogni arma e' pura follia, stoltezza e illusione.
Ogni arma e' conseguenza dell'odio, e' negazione della vita, e'
ribellione
verso Colui che della vita e di tutto il creato e' il sommo Fattore...
Mettiamo al bando la guerra e le armi. Mettiamo al bando la miseria e
la
poverta'. Non c'e' tempo da perdere. Pace e sviluppo per una
solidarieta'
globale e una nuova umanita'.
Mai piu' commercio di armi, ed invece sostegno a progetti di giustizia,
pace, solidarieta', sviluppo per le popolazioni povere.
Diamo voce, ali, speranza e canto alla pace.
Dunque forza e sostegno al referendum in Brasile.
Il mio concerto per la pace, la mia voce, la mia chitarra, stasera e il
prossimo 21 settembre ad Assisi sara' dedicato anche a favore di questa
campagna di solidarieta'.
Riccardo Orioles: Sì
[Ringraziamo Riccardo Orioles per questo intervento. Riccardo Orioles e' giornalista eccellente ed esempio pressoche' unico di rigore morale e intellettuale (e quindi di limpido impegno civile); militante antimafia tra i piu' lucidi e coraggiosi, ha preso parte con Pippo Fava all'esperienza de "I Siciliani", poi e' stato tra i fondatori del settimanale "Avvenimenti", cura attualmente in rete "Tanto per abbaiare - La Catena di San Libero", un eccellente notiziario che può essere richiesto gratuitamente scrivendo al suo indirizzo di posta elettronica; ha formato al giornalismo d'inchiesta e d'impegno civile moltissimi giovani. Per gli utenti della rete telematica vi e' anche la possibilita' di leggere una raccolta dei suoi scritti (curata dallo stesso autore) nel libro elettronico Allonsanfan. Storie di un'altra sinistra. Sempre in rete e' possibile leggere una sua raccolta di traduzioni di lirici greci, ed altri suoi lavori di analisi (e lotta) politica e culturale, giornalistici e letterari. Due ampi profili di Riccardo Orioles sono in due libri di Nando Dalla Chiesa, Storie (Einaudi, Torino 1990), e Storie eretiche di cittadini perbene (Einaudi, Torino 1999)]
Armi. Per la prima volta sono diminuiti i morti per armi da fuoco in
Brasile: 3.234 in meno fra il 2004 e il 2003. Il merito e' della
campagna di
"desarmamento" portata avanti dalle associazioni della societa' civile.
Che
adesso festeggiano nelle piazze di San Paolo, Rio e delle altre citta'
brasiliane sventolando bandierine bianche (il simbolo della campagna) e
disponendosi in folla a formare il numero magico - 3.234 - delle vite
umane
risparmiate.
Il Brasile non e' il piu' maschilista ne' il piu' "pistolero" fra i
Paesi
americani. Qui il potere dell'arma non e' diventato adorazione (come in
Colombia o negli Stati Uniti) ma e' qualcosa di correlato alla miseria,
alla
violenza, alla lotta di giungla e di favela. I piu' violenti, nelle
citta',
probabilmente sono proprio i poliziotti; nelle campagne i "pistoleros"
dei
latifondi, che corrispondono piu' o meno ai nostri vecchi "gabelloti"
(che
poi si svilupparono in mafiosi). Preti, suore, sindacalisti, contadini
vengonno uccisi spesso, anche ai nostri giorni, da costoro.
Non c'e' mai stato un Far West, qui, nel mito: la "frontiera", in
Brasile,
ha una storia relativamente pacifica, con molti episodi di
fraternizzazione
con gli indios (questa e' una societa' multietnica) e coi "cattivi"
rappresentati quasi solo dai "mamelucos" (mammalucchi: il soprannome fa
capire cosa la gente ne pensava) mandati periodicamente dai proprietari
e
dal governo ad attaccare gli insediamenti liberi e a razziare schiavi.
Mancano gli eroi "virili" e sputafuoco (sceriffi, rapinatori, giudici,
vaccari) che hanno sedimentato invece la mitologia d'altri Paesi.
Alcune favelas del Brasile - e molte zone rurali - sono quasi un
inferno
permanente. Dove tuttavia le atrocita' della Lousiana non si
verificano, o
si verificano piu' raramente.
La cultura brasiliana, povera, magica e musicale, non e' infatti - nel
suo
strato profondo - una cultura armata. E ora sta cominciando decisamente
a
muoversi nella direzione del disarmarsi, del "non e' figo ammazzare".
Adesso c'e' il referendum - sempre della Campanha de Desarmamento - per
proibire il commercio delle armi da fuoco, cosa che potrebbe
danneggiare i
nostri pacifici pacifici operai e padroni del Bresciano (la Beretta fa
pistole bellissime, e ne vende sempre piu' dappertutto) ma sarebbe una
buona
cosa per tutti quei brasiliani che, destinati a diventare cadaveri
dentro un
sacco, avranno qualche probabilita' in piu' di restare invece uomini,
donne
e bambini vivi.
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Attivo dagli anni '70 (dapprima con la denominazione "Comitato democratico contro l'emarginazione - Centro di ricerca per la pace"), nel 1987 ha coordinato per l'Italia la campagna di solidarietà con Nelson Mandela allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a "Primo Levi, testimone della dignità umana". Dal 1998 ha promosso una "campagna contro la schiavitù in Italia".
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