Un referendum che riguarda l'umanita' intera. 3
La nonviolenza e' in cammino. 1051 - 12 settembre 2005
Enrico Peyretti: Sì, un caldo invito
[Ringraziamo Enrico Peyretti per questo intervento. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e una recente edizione aggiornata e' nei nn. 791-792 di questo notiziario; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti.Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario.]
Rivolgiamo ad amici, conoscenti, pubblicazioni, associazioni,
movimenti e
istituzioni che hanno contatti col Brasile un caldo invito a sostenere
il
si' al referendum che si svolgera' in quel paese il 23 ottobre 2005.
Il 23 ottobre in Brasile si svolgera' il primo referendum nella storia
di
quell'immenso paese: la popolazione tutta sara' chiamata a decidere se
vuole
proibire il commercio delle armi da fuoco. Aiutate calorosamente,
energicamente, affettuosamente il popolo brasiliano, attraverso i
contatti
che avete, a dare una speranza a se stesso e al mondo.
Le armi in tante mani sono non soltanto un pericolo, come mostrano le
statistiche (vedere in calce alcuni dati), ma un degrado delle piu'
antiche
civilta' popolari. La diffusione delle armi imbarbarisce popolazioni
civili,
incrudelisce persone normalmente buone.
E' ben vero che la violenza viene dal cuore, non dalla mano e dallo
strumento, ma lo strumento mortale a facile disposizione puo' - per
l'unita'
ingarbugliata dell'impasto umano - retroagire sui cuori piu' deboli,
meno
padroni di se', piu' in balia dei venti del momento e delle reazioni
primarie.
L'occasione fa l'uomo ladro, dice il proverbio, non come necessita', ma
probabilita'. Cosi' l'arma fa l'uomo omicida. Soprattutto e' il
rispetto e
la cultura dell'arma, oggi oscenamente alti, insieme alla sua
"normalizzazione" tra gli oggetti commerciabili, che corrodono e
corrompono
l'umanita' di noi tutti, e le relazioni umane.
Ricordo l'orrore intimo provato a Gerusalemme, citta' tre volte santa,
nel
vedere per strada tanti civili col fucile in spalla: ritrovavo i corpi
umani
deturpati dalla lebbra delle armi, che avevo visto nella mia infanzia
sotto
l'occupazione tedesca.
Una pagina orrenda di Nietzsche, nel 1880-'81, profetizzava "giusto e
buono"
il fatto che "i fino ad oggi tacciati di delinquenti" si creassero "un
diritto", anche se cio' "rende pericoloso il secolo venturo e mette ad
ognuno il fucile in spalla" (Aurora, n. 164). Il voto in Brasile vuole
abolire il diritto del delitto.
Sottoporre a giudizio democratico e a energica limitazione politica la
quantita' e diffusione delle armi e' un grande passo di civilizzazione,
di
umanizzazione. Ma anche in Brasile e' impedito cun durezza
dall'industria
cinica delle armi, disposta a trarre un guadagno da ogni morto
ammazzato.
C'e' un bel precedente nella Svizzera, fortezza e forziere ben armato, nel cuore geografico d'Europa. Il 26 novembre 1989 gli svizzeri votarono sulla proposta di iniziativa popolare di abolire l'esercito. Era previsto un massimo di 30% di si', che secondo il ministro della difesa sarebbe gia' stata una catastrofe. Il si' ebbe il 35,6% nazionale, con punte del 50,4 e del 55,5 nei cantoni di Ginevra e del Giura. Tobia Schnebli scrisse: "E' successo l'inimmaginabile. Si e' messa in dubbio l'esistenza della vacca sacra". Nessun altro paese ha mai messo ai voti il tabu' dell'esercito. D'altra parte, nell'89, la Svizzera non riconosceva l'obiezione di coscienza e oggi lo fa con molti limiti. E' tuttora attivo un movimento "Per una Svizzera senza esercito". (Fonti di stampa; Peter Bichsel, Il virus della ricchezza, capitolo "L'esercito e' mortale (anche in tempo di pace)", pp. 81-94, Marcos y Marcos, Milano 1990; Periodico trimestrale "Obiezione!", c. p. 2463, 6501 Bellinzona, e-mail: obiezione@serviziocivile.ch).
Il Costarica non ha l'esercito, abolito nel 1949. Il paese ha svolto
una
efficace politica di pace nella regione, negli anni '80. In ogni
villaggio,
il simbolo che incontri non e' la Coca Cola, ma la scuola e il posto di
pronto soccorso: i giovani medici fanno un anno di servizio
obbligatorio
nelle comunita' piu' lontane. La polizia e' molto presente, a prevenire
piu'
che a reprimere. L'analfabetismo e' al 4,2%, mentrre nel Centroamerica
e' al
30%. La speranza di vita e' 77 anni, la piu' alta di tutta l'America
Latina.
Il tasso di omicidi e' di 7 ogni 100.000, sette volte in meno del
Guatemala,
il paese piu' violento della regione. Il 25% della popolazione e'
immigrata,
accolta, ha arricchito la cultura locale. L'ultima guerra il Costarica
l'ha
fatta nel 1856 contro degli avventurieri al soldo di uomini d'affari
Usa. I
monumenti nelle piazze non ricordano generali e battaglie, ma i valori
di
Pace, Democrazia, Cultura. A Ciudad Colon sorge l'Universita' della
Pace,
patrocinata dalle Nazioni Unite, con docenti provenienti da oltre una
dozzina di nazioni. I problemi non mancano: Il Costarica si proclama
neutrale, ma nel 2003 il governo di Abel Pacheco approvo' la guerra di
Bush
all'Iraq, sconfessato da tutta l'opinione pubblica. (Fonte: Costarica
senza
esercito, di Maurizio Campisi, giornalista italiano che vive la', nel
mensile "il foglio", n. 302, maggio 2003, sito: www.ilfoglio.org).
Se il Brasile dara' un segno in questa direzione, sara' un'altra stella luminosa tra le nubi della lunga notte che stiamo attraversando.
Appendice. Nessun'arma e' leggera
Ogni anno, in tutto il mondo, circa mezzo milione di esseri umani sono
uccisi dalla violenza armata: una persona al minuto. Ci sono circa 639
milioni di armi leggere nel mondo oggi, e 8 milioni vengono prodotte
ogni
anno.
Le armi purtroppo circolano liberamente in molte zone del mondo
attraversate
da conflitti. La loro diffusione incontrollata e il loro uso arbitrario
da
parte di eserciti regolari e di gruppi armati hanno un costo elevato in
termini di vite umane, di risorse e di opportunita' per sfuggire alla
poverta'. Ogni anno, in Africa, Asia, Medio Oriente e America Latina si
spendono in media 22 miliardi di dollari per l'acquisto di armi: una
somma
che avrebbe permesso a questi paesi di mettersi in linea con gli
"Obiettivi
di Sviluppo del Millennio" promossi dall'Onu, eliminare l'analfabetismo
(cifra stimata: 10 miliardi di dollari l'anno) e ridurre la mortalita'
infantile e materna (cifra stimata: 12 miliardi di dollari l'anno).
Per far fronte a questo drammatico problema e' nata la mobilitazione
internazionale "Control Arms", lanciata congiuntamente da Amnesty
International, Oxfam e Iansa, che si prefigge l'obiettivo dell'adozione
di
un Trattato internazionale sul commercio delle armi entro il luglio
2006.
Nel nostro paese la campagna e' rilanciata dalla sezione italiana di
Amnesty
International e dalla Rete italiana per il disarmo. Oltre a contribuire
alla
grande mobilitazione mondiale, i promotori intendono agire per
migliorare
gli strumenti legislativi e di trasparenza esistenti in Italia sul
commercio
di armi. Il nostro paese e' infatti il quarto produttore e il secondo
esportatore mondiali di armi leggere, eppure la nostra legislazione e'
vecchia di 30 anni e ad oggi non esiste alcuna forma di controllo sugli
intermediatori internazionali di armi.
Il 23 ottobre in Brasile un referendum sottoporra' alla popolazione il
quesito: "Volete che il commercio delle armi da fuoco e munizioni venga
bandito in Brasile?". Contro la forte pressione degli industriali della
morte, ognuno scriva e sostenga il popolo brasiliano nella scelta di
vita:
Francesco Comina (per contatti: f.comina@ladige.it) e' il referente in
Italia.
In Brasile, nel 2004, sono stati 38.000 i morti ammazzati da armi da
fuoco:
una persona ogni 15 minuti; il 40,8% delle lesioni invalidanti di
pazienti
dei centri di riabilitazione si devono alle armi. Nel gruppo dei
pazienti
tra 12 e 18 anni, le armi sono la causa del 61% dei casi di lesioni
invalidanti.
Il referendum e' importante per il Brasile, per l'America Latina e per
il
mondo intero. Ci sono in Brasile quasi 18 milioni di armi da fuoco in
circolazione. Possedere armi per difendersi dalla violenza non e' una
risposta: chi ha un'arma in casa ha infatti il 57% in piu' di
possibilita'
di essere assassinato rispetto a chi non ne ha.
A New Orleans, in Usa, lo spaccio libero delle armi e il saccheggio
delle
armerie, ha reso piu' terribile la tragedia dell'uragano Katrina.
Per ulteriori informazioni, interviste e approfondimenti:
- Amnesty International Ufficio Stampa: tel. 064490224, cell. 3486974361, e-mail: press@amnesty.it
- Rete italiana per il disarmo: cell. 3283399267 oppure 3355769531, e-mail: segreteria@disarmo.org, sito: www.disarmo.org
- sul referendum brasiliano: sito: www.referendosim.com.br
- contatti per sostenere dall'Italia il referendum brasiliano: per promuovere iniziative in Italia per sostenere la campagna per il "si'" al referendum brasiliano per vietare il commercio delle armi si puo' contattare Francesco Comina in Italia e padre Ermanno Allegri in Brasile (sito: www.adital.com.br); inoltre questo foglio in queste settimane ospitera' le dichiarazioni di sostegno al si' al referendum brasiliano delle persone che vorranno intervenire per esprimere solidarieta' (e-mail: nbawac@tin.it).
Aldo Antonelli: Sì
[Ringraziamo don Aldo Antonelli per questo intervento. Aldo Antonelli e' parroco di Antrosano (Aq) e straordinario costruttore di pace, una persona che ha preso sul serio il discorso della montagna, saldo e profondo un amico della nonviolenza]
Il prossimo 23 ottobre, in Brasile, si terra' un referendum contro il
commercio delle armi.
Il quesito e' questo: "Il commercio di armi da fuoco e munizioni deve essere
proibito in Brasile?".
Si tratta del primo referendum nella storia del Brasile e non puo' che farci
piacere che il tema referendario riguardi proprio il commercio delle armi,
in un paese in cui circolano quasi 18 milioni di armi, piu' della meta'
delle quali non hanno una regolare registrazione. Il Brasile e' l'unico
paese che non e' in guerra in cui si muore piu' per armi (30,1% delle cause
non naturali) che per incidenti stradali (25,9%).
Nonostante la pesantezza dei dati, trovo comunque molto riduttivo un
discorso che si limiti ai numeri.
Le armi non sono solo un prodotto, sono anche una filosofia. Una pistola non
e' semplicemente un oggetto; costituisce anche una dimensione esistenziale
che dissemina tossine cancerogene nel tessuto sociale di un individuo e di
una comunita'. Mi perdonino gli esegeti ma il rimando, che io non ritengo
abusivo, e' chiaramente rivolto al comando che Gesu' rivolge ai suoi: "Non
temete quelli che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l'anima. Temete
piuttosto coloro che possono mandare in rovina e il corpo e l'anima".
Le armi non ammazzano semplicemente vite umane, ma devastano interiormente
il comune sentire, pongono in contrapposizione con l'"altro", inoculano
nella arterie dei sentimenti umani il veleno della cultura del "nemico",
sequestrano la struttura mentale della persona entro una camera di sicurezza
che, disgiunta da ogni affetto, diventa violenza pura.
E, non a caso, la violenza e' diventata la retorica della nostra epoca.
Non solo. Essa sgorga ormai, abbondante, dalla sorgenti economiche e
politiche del potere, ma la sua terribile malizia contagia anche la
coscienza delle vittime, le quali aspettano il momento per prendere il posto
dei violenti...
"Ogni vittima - amava ripete il caro Ernesto Balducci - e' un oppressore
potenziale".
A pagina 275 del suo bellissimo libro "A Testa in giu'", Eduardo Galeano
scrive: "La violenza genera violenza, come si sa; ma genera anche guadagni
per l'industria della violenza, che la vende come spettacolo e la trasforma
in oggetto di consumo".
C'e', ormai, uno stretto connubio tra grandi ideali e violenza: quelli sono
stati le fonti normali di legittimazione di questa. Le uccisioni in nome di
Dio, della Patria, della Rivoluzione, anche dell'Uomo, sono state sempre
accompagnate da qualche benedizione, impartita da qualche altare: della fede
o della ragione, della tradizione o dell'utopia.
Noi, figli della pace e ambasciatori della nonviolenza, dovremmo far nostro
il consiglio di Armido Rizzi: Togliere le iniziali maiuscole a questi
polinomi (Dio-Patria-Rivoluzione-Uomo) e "buttarle ai piedi del povero,
dell'altro in carne ed ossa: ecco un atto irrinunciabile del costruttore di
pace; (quanto a Dio, la maiuscola se l'e' tolta da se' nell'uomo-Gesu')".
Pongo ai compagni ed amici che mi leggono un domanda che, personalmente, mi
sovviene come sfida ad ogni inizio giornata: "Come e' possibile ripopolare
questa societa' di idealita', di passioni, di speranze e utopie per
rilanciare un progetto alternativo di vita che metta al bando la forza, la
guerra, lo spirito prevaricatore e la violenza omicida?". E' la stessa
domanda che si poneva Francesco Comina su "Mosaico di pace" gia' nel
settembre del 2000.
Gaetano Farinelli: Sì
[Ringraziamo Gaetano Farinelli per questo intervento. Gaetano Farinelli, prete operaio, educatore, e' uno dei principali animatori dell'esperienza di "Macondo", associazione per l'incontro e la comunicazione tra i popoli (per contatti: via Romanelle 123, 36020 Pove del Grappa (Vi), tel. 0424808407, e-mail: posta@macondo.it). Tra le opere di Gaetano Farinelli: Attraversare il deserto, Macondo Libri - Citta' Aperta, Troina (En) - Pove del Grappa (Vi) 2001]
Il giorno 23 di ottobre il Brasile vota per l'eliminazione della vendita di
armi da fuoco ai privati.
La determinazione del referendum fa seguito alla legge brasiliana sul
disarmo del 2003, che all'articolo 35 prevede la conferma della legge stessa
da parte dei cittadini brasiliani. Tutti i cittadini uomini e donne dai 18
anni ai 70 anni sono tenuti a rispondere al quesito: "Il commercio di armi
da fuoco e munizioni deve essere proibito in Brasile?". E' il primo
referendum in assoluto per il Brasile e primo nel mondo rispetto al tema
delle armi.
Il motivo primo della legge e' l'alto numero di morti per arma da fuoco. Nel
2003 in Brasile sono morti per causa di armi ben quarantamila persone, la
maggior parte delle quali sono giovani. Il 67% delle morti di uomini tra i
15-34 anni e' per armi da fuoco.
Piu' che arma di difesa il possesso di armi e' un incentivo al crimine e al
delitto, sia all'interno della vita domestica, sia da parte dei banditi che
hanno libero accesso alla compera delle armi. La morte per armi da fuoco e'
la prima causa di morte in Brasile e supera quella per incidenti stradali,
aids, cancro e qualsiasi altra causa esterna.
Si sono formati in Brasile due schieramenti a favore o contro l'abolizione
della legge per l'eliminazione della vendita di armi.
Tutte le chiese cristiane sono a favore della legge per l'abolizione della
vendita di armi in Brasile; si sono formati molti comitati a favore della
legge del 2003.
Nel mondo si annoverano altri paesi che hanno leggi di controllo per la
vendita di armi ai cittadini: Australia, Canada, Inghilterra, Giappone, dove
il numero di morti per armi da fuoco e' minimo: 28 morti in un anno.
In Italia l'acquisto di armi e' molto ampio; vedi di Edoardo Mori,
magistrato di Cassazione: Sintesi del diritto delle armi, che scrive: "Ogni
cittadino sano di mente e che non sia pregiudicato o malfamato o obiettore
di coscienza ha diritto di acquistare armi. Chi e' munito di una qualsiasi
licenza di porto d'armi ha gia' dimostrato all'autorita' di essere sano di
mente ed onesto e quindi puo' acquistare armi e munizioni di ogni genere,
nei limiti consentiti. Chi ha licenza di porto di fucile puo' acquistare
armi corte, e viceversa".
Il numero di omicidi in Italia era di 600 nel 2002. Per armi da fuoco sono
293 ed e' la percentuale piu' alta.
Daniele Lugli: Sì
[Ringraziamo Daniele Lugli per questo intervento. Daniele Lugli e' il segretario nazionale del Movimento Nonviolento, figura storica della nonviolenza, unisce a una lunga e limpida esperienza di impegno sociale e politico anche una profonda e sottile competenza in ambito giuridico ed amministrativo, ed e' persona di squisita gentilezza e saggezza grande]
Nel moltiplicarsi di segni che documentano la ferocia autodistruttiva
dell'umanita' finalmente ne appare uno buono, che tutti ci riguarda.
L'indizione del referendum sulla produzione e commercio delle armi in
Brasile e' un passo giusto nella giusta direzione.
Che un intero e grande popolo sia chiamato a pronunciarsi, a decidere, e' di
per se' un fatto molto importante.
Il solo precedente che mi sembra mostri qualche analogia e' il referendum
"Svizzera disarmata" tenuto nel 1989.
Non passo', ma ottenne comunque un alto consenso: 35,6% di voti a favore.
Creare un effettivo collegamento tra questa iniziativa e quelle che, in
particolare nel nostro paese e in Europa, sono nella stessa direzione
orientate, e' compito degli amici della nonviolenza.
Lidia Menapace: Sì
[Ringraziamo Lidia Menapace per questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L'ermetismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004]
L'occasione si e' offerta quando Francesco Comina ha indetto - non molti
giorni fa - un incontro tra i e le bolzanine che operano nella pace
nonviolenza solidarieta' giustizia, una piccola nebulosa di persone amiche,
per le quali l'invito e' stato come il primo riprendersi e ritrovarsi dopo
l'estate, dunque gia' una occasione piacevole di per se'. Aggiugeva
importanza e fascino soprattutto l'argomento presentato e illustrato da uno
dei missionari in Brasile, che sono di Bolzano, qui hanno famiglia, amici e
mantengono relazioni costanti.
Ci sono andata di corsa, e le ragioni, che mi si sono ancor piu' chiarite
nel corso della serata, mi hanno indotta a proporre che la delegazione
bolzanina alla marcia Perugia-Assisi si facesse portatrice di un appello
affinche' la marcia stessa si impegnasse ufficialmente e formalmente a
sostegno del referendum. Dato, tra l'altro, che anche dal Brasile si sa che,
proposto da un deputato del gruppo di Lula e avvocato per i diritti civili
durante la dittatura militare brasiliana, e' sostenuto da tutte le
formazioni politiche e sindacali di sinistra e progressiste e da tutte le
chiese - cattolica ed evangeliche. Dunque una adesione non spacca, ma unisce
e da' anche nuova linfa all'impresa di Lula in un momento difficile e un po'
triste (ma non vi pare che siano troppe le coincidenze per le quali a
Chavez, Lula, Arafat e suo fratello, e anche al segretario delle Nazioni
Unite, capita di trovarsi tutti insieme sotto campagne infamanti? a me
lettrice appassionata di gialli una coincidenza pare una coincidenza, due un
indizio, tre quasi una prova di complotto): vorrei vederci piu' chiaro e
sapere perche' se quelle accuse c'erano, vengono fuori tutte adesso, con
propaggini fino da noi con la "questione morale": e da che pulpiti!
Torniamo alla felice occasione: come dicevo, un parlamentare stimabile, con
una alleanza larga di persone e istituzioni che non lo sono meno, lancia un
referendum in Brasile, per abolire il commercio delle armi da fuoco.
Sembra una meta modesta e lo e', se fossimo persone ragionevoli che le armi
da fuoco le avessimo gia' abolite da tempo e ovunque. Ma poiche' siamo in
piena follia globale la ragionevolissima iniziativa brasiliana fa notizia e
scalpore e suscita interrogativi: ce la faranno?
Per dare una idea della dimensione e attualita' della cosa, il missionario
che ha illustrato l'argomento ci ha detto che nella sua comunita' in una
settimana ci sono stati quattro morti in seguito all'uso di armi dette
"leggere"; che in Brasile il porto d'armi e' diffusissimo (del resto anche
negli Usa) e chi lo ha, suole "affittare" le armi a chi non ha il permesso,
e che anche la polizia fa questo. Chi e' piu' avvelenato dall'orrendo
contagio sono bambini, ragazzi, giovani e giovanissimi.
Occorre sapere altro, per essere fermamente e con fervore d'accordo? Se occorre, basta aggiungere che l'Italia e' il secondo produttore mondiale di tali armi, che si chiamano per "uso sportivo e civile (!)", che il nostro commercio estero e' fatto in gran parte di tali armi. Se vogliamo mandare un messaggio forte e non vago a chi si appresta a proporcisi come governante, dobbiamo fargli sapere che un modello economico fondato soprattutto sul commercio delle armi leggere (e anche di quelle pesanti e di sistemi d'arma) e' una vergogna.
In piu', e qui c'entro io, sono convinta che la primavera del mondo oggi sta nell'America latina e dobbiamo imparare da loro, sia le forme di costruzione di culture molteplici e diffuse, sia le iniziative pratiche: il gruppo Galfisa - gruppo america latina di filosofia e sociologia - e' attivo tra tutte le universita' del continente latino-americano e coinvolge non solo accademici e accademiche, ma organizzazioni sociali, donne native, Sem terras, insomma una delizia; tra Cuba, Venezuela, Brasile e Argentina si sta costruendo Telesur, una emittente televisiva che Prieto, il ministro della cultura di Cuba, chiama "la Cnn de los pobres": i segni che ci arrivano sono grandi e tanti e solo una nostra sorda superbia puo' farci stare in disparte, ma vuol dire stare in disparte dalla storia, finire nel dimenticatoio del tempo. Insomma, muoviamoci!
Carlo Sansonetti: Sì
[Ringraziamo don Carlo Sansonetti per questo intervento. Carlo Sansonetti, parroco di Attigliano, ha preso parte a varie rilevanti esperienze di solidarieta' concreta in Italia e in America Latina, ed e' trascinante animatore dell'esperienza di "Sulla strada". Per ulteriori informazioni e per sostenere le attivita' di solidarieta' in Guatemala e in Angola dell'associazione "Sulla strada": via Ugo Foscolo 11, 05012 Attigliano (Tr), tel. 0744992760, cell. 3487921454, e-mail: sullastrada@iol.it; l'associazione promuove anche un periodico, "Adesso", che si situa nel solco della proposta di don Primo Mazzolari, diretto da Arnaldo Casali; per contattare la redazione e per richiederne copia: c. p. 103, 05100 Terni, e-mail: adesso@reteblu.org]
Siamo di fronte a un fatto epocale: il potere politico, senza mezzi termini
o compromessi diplomatici, decide di resistere alle pressioni dell'industria
delle armi e di lavorare per l'interesse della gente. Investire sul disarmo
da' come risultato piu' vita, meno morti, ma anche meno traumi e spese
sociali.
Il tentativo brasiliano del disarmo della gente, diventa paradigma del
disarmo globale e costituisce il primo, propedeutico passo per investire
sulla vita, dopo tanta morte voluta, cercata e arrecata dalla politica del
riarmo e del commercio delle armi.
Togliere armi significa togliere aggressivita' (dal luglio del 2004, quando
e' iniziato il disarmo volontario, fino ad oggi, in Brasile gli omicidi sono
diminuiti drasticamente, nello stato del Parana' addirittura del 20%);
chiedere poi al popolo di esprimersi se il commercio delle armi da fuoco e
munizioni deve essere proibito in Brasile da' come risultato una riflessione
profonda e liberatoria per tutti.
Dare alle gente il potere di decidere su un futuro senza armi, in un momento
storico contraddistinto da una violenza senza fine, ha l'effetto di un vero
e proprio cortocircuito sociologico, perche' non sono piu' i poteri
soprastanti (commercianti di armi senza scrupoli, la grande industria, il
potere politico asservito ai loro interessi economici) a decidere, ma la
gente, uomini e donne che vivono la tragedia della vita quando a imperare e'
solo la legge del pi' forte. Si torna alla civilta'. Si ritorna all'uomo.
Paolo Bertagnolli: Scrivere a giornali e riviste perche' informino sul referendum brasiliano
[Ringraziamo Paolo Bertagnolli per questo intervento. Paolo Bertagnolli e' impegnato nel movimento di Pax Christi a Bolzano e in molte iniziative di pace, solidarieta' e nonviolenza]
Un'altra proposta che ho gia' cercato di attivare, ma che potrebbe avere
maggiore efficacia se altri la facessero propria: chiedere a quotidiani e
periodici italiani di presentare articoli sul referendum in Brasile e
creare, in questo modo, un movimento d'opinione sottolineando che il
referendum brasiliano e' un avvenimento storico, che un'azione in questa
direzione potrebbe avere effetti straordinari per tutto il Sud America e per
tutto il mondo.
Sono convinto che valga la pena di impegnarsi per la vittoria del si' al
referendum, per dare anche dall'Italia tutto il sostegno possibile.
Attivo dagli anni '70 (dapprima con la denominazione "Comitato democratico contro l'emarginazione - Centro di ricerca per la pace"), nel 1987 ha coordinato per l'Italia la campagna di solidarietà con Nelson Mandela allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a "Primo Levi, testimone della dignità umana". Dal 1998 ha promosso una "campagna contro la schiavitù in Italia".
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