Un referendum che riguarda l'umanita' intera. 10
La nonviolenza e' in cammino. 1056 - 17 settembre 2005
Maria Eunice Kalil: dall'altro lato dell'Atlantico
[Ringraziamo Maria Eunice Kalil, responsabile del "Forum comunitario di lotta alla violenza" di Bahia, Brasile per questo intervento]
Carissime e carissimi,
non sapevamo che lo sforzo brasiliano per ridurre la disponibilita' di armi
nel nostro paese stesse suscitando tanta attenzione dall'altro lato
dell'Atlantico, e sono rimasta sorpresa, e molto contenta, del vostro
sostegno e della vostra disponibilita'.
Tradurro' quanto mi scrivete per condividerlo con le persone della mailing
list "desarmabrasil" e del Comitato
statale di Bahia per un Brasile senza armi.
Cercheremo di trovare le forme attraverso cui valorizzare al meglio il
vostro sostegno, oltre alla risonanza che gia' stata dando al nostro
impegno, che ci e' di grande aiuto politico.
Vi invieremo il materiale che sta circolando tra noi e che stiamo
utilizzando.
Un abbraccio,
Maria Eunice
Federica Curzi: perche' si'
[Ringraziamo Federica Curzi per questo intervento. Federica Curzi, nata a Jesi (Ancona), si e' laureata in filosofia nel 2002 presso l'universita' di Macerata ove attualmente svolge un dottorato di ricerca; alla sua tesi e' stato attribuito il premio dell'Associazione nazionale Amici di Aldo Capitini; collabora alla rivista on line Peacereporter Opere di Federica Curzi: Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004]
Le armi sono le uniche cose, gli unici oggetti pensati con l'unica finalita'
di uccidere. C'e' differenza tra le armi e la violenza. Possiamo fermarci,
come da anni ormai facciamo, a parlare del principio della nonviolenza e del
suo rapporto con il male, la sofferenza, la morte, il dolore e la violenza
in quanto istinto distruttivo. Le armi sono un'altra cosa. Non soltanto
producono morte e distruzione, ma sono prodotte esclusivamente per dare
morte e distruzione. Sono un'espressione quotidiana della normalizzazione e
della legalizzazione della violenza omicida. Ovvero, danno la misura di
quanto l'essere umano si adatti a tutto, anche ad andare contro la propria
natura. Le armi leggere - per cosi' dire ma che uccidono con la stessa
pesantezza degli apparati bellici - rappresentano questo ingresso della
morte come potere sull'altro nella nostra vita.
Anche in Italia, come negli Usa, si diffonde la "moda" di tenere armi in
casa, in negozio, in borsa. La paura dell'altro, della diversita', della
morte si sta lentamente trasformando in paura della vita, cosi' da produrre
un ulteriore corto circuito: il bisogno ossessivo della sicurezza ci rende
sempre piu' precari, dato che non conosco forma piu' compiuta di precarieta'
che normalizzare la violenza e legalizzare l'omicidio, contemplandolo come
semplificazione delle domande di una societa' (mondiale) complessa.
Il referendum brasiliano rappresenta la direzione esattamente contraria di
questa tendenza. Il referendum tende a mettere fuori dalla legalita' il
traffico delle armi cosiddette leggere, invertendo la dinamica che sta
attraversando il mondo nell'accostare l'aggettivo "legittimo" ad ogni
brutalita': la guerra legittima, la legittima difesa, la vendetta legittima,
la legittima espulsione. L'imbarbarimento del mondo dipende da questo
continuo scontro tra forme equivalenti di barbarie: ovvero di modi
equivalenti con cui la distruzione e la morte vengono legittimate, che sia
la legge o la religione a farlo.
Essere consapevoli dell'importanza di quello che il referendum rappresenta e
auspica significa gia' partecipare in senso profondo, ovvero essere parte in
causa, di un processo educativo, culturale, politico e strettamente umano.
La democrazia non si esporta, ma in questo modo e' possibile parteciparla,
dunque muoverla e promuoverla.
Se fossi brasiliana, come altri hanno scritto, voterei anch'io "si'". Dire
voterei "si'" significa aderire con l'esistenza ed il pensiero ad un'istanza
che gia' ci unisce tutti in un "si'" piu' grande, che e' il ripudio della
violenza e che e' l'unico "si'" possibile dopo il no radicale gia' espresso
e praticato da molti di noi alla guerra, alla violenza, all'ingiustizia,
alla poverta'.
Alvise Alba e Maria Chiara Tropea: Si'
[Ringraziamo Alvise Alba e Maria Chiara Tropea per questo intervento.
Maria Chiara Tropea e Alvise Alba sono impegnati nel Movimento Nonviolento e
nel Movimento Internazionale della Riconciliazione, ed in varie altre
esperienze di pace e di solidarieta'; assicurano un importante servizio di
segretariato, informazione, formazione e collegamento tra persone amiche
della nonviolenza; tra le opere di Maria Chiara Tropea: con Angela Dogliotti
Marasso, La mia storia, la tua storia, il nostro futuro. Un gioco di ruolo
per capire il conflitto israelo-palestinese, Edizioni Gruppo Abele, Torino
2003]
Essendo completamente d'accordo su ogni inziativa che abolisca armi ed eserciti, a proposito del referendum in Brasile auspichiamo con tutto il cuore che ottenga la fine della vendita e del commercio delle armi.
Giacomo Alessandroni: Si'
[Ringraziamo Giacomo Alessandroni per questo intervento. Giacomo Alessandroni, amico della nonviolenza, ingegnere, docente, da sempre impegnato in iniziative di pace e di solidarieta', collaboratore di Peacelink, del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo e di altre esperienze nonviolente, e' uno dei fondamentali collaboratori di questo notiziario]
Ci sarebbero migiaia di motivi per dire no alle armi. Ma l'elenco sarebbe
interminabile e ci soffermeremo su quello che riteniamo piu' semplice da
comprendere: il vil metallo.
L'Italia nel 2004 ha tagliato tre capitoli di spesa del Ministero degli
Esteri per la cooperazione internazionale e le organizzazioni non
governative, per i finanziamenti degli organismi internazionali e persino
100 milioni di dollari del fondo dell'aids, dirottati sulla missione
irachena.
Secondo i dati del Development Assistence Committee dell'Osce l'Italia e' il
paese che in percentuale dedica meno risorse ai programmi per lo sviluppo e
la lotta contro la poverta': solo lo 0,15 del Prodotto interno lordo, mentre
siamo i settimi nella graduatoria mondiale per gli investimenti in armi. E'
davvero impensabile invertire la rotta?
Se anche noi seguissimo l'esempio del Brasile ci sarebbe una concreta
speranza per il nostro futuro, per un futuro - mi sembra retorica, non ho
altre parole - senza armi.
Esattamente quarant'anni fa, Francesco Guccini scriveva che se Dio muore e'
per tre giorni e poi risorge. Io sono giovane: chissa' se vivro' abbastanza
da vedere il terzo giorno?
Augusto Cavadi: Si'
[Ringraziamo Augusto Cavadi per questo intervento. Augusto Cavadi, prestigioso intellettuale ed educatore, collaboratore del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo, e' impegnato nel movimento antimafia e nelle esperienze di risanamento a Palermo, collabora a varie qualificate riviste che si occupano di problematiche educative e che partecipano dell'impegno contro la mafia. Opere di Augusto Cavadi: Per meditare. Itinerari alla ricerca della consapevolezza, Gribaudi, Torino 1988; Con occhi nuovi. Risposte possibili a questioni inevitabili, Augustinus, Palermo 1989; Fare teologia a Palermo, Augustinus, Palermo 1990; Pregare senza confini, Paoline, Milano 1990; trad. portoghese 1999; Ciascuno nella sua lingua. Tracce per un'altra preghiera, Augustinus, Palermo 1991; Pregare con il cosmo, Paoline, Milano 1992, trad. portoghese 1999; Le nuove frontiere dell'impegno sociale, politico, ecclesiale, Paoline, Milano 1992; Liberarsi dal dominio mafioso. Che cosa puo' fare ciascuno di noi qui e subito, Dehoniane, Bologna 1993, nuova edizione aggiornata e ampliata Dehoniane, Bologna 2003; Il vangelo e la lupara. Materiali su chiese e mafia, 2 voll., Dehoniane, Bologna 1994; A scuola di antimafia. Materiali di studio, criteri educativi, esperienze didattiche, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Essere profeti oggi. La dimensione profetica dell'esperienza cristiana, Dehoniane, Bologna 1997; trad. spagnola 1999; Jacques Maritain fra moderno e post-moderno, Edisco, Torino 1998; Volontari a Palermo. Indicazioni per chi fa o vuol fare l'operatore sociale, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1998, seconda ed.; voce "Pedagogia" nel cd- rom di AA. VV., La Mafia. 150 anni di storia e storie, Cliomedia Officina, Torino 1998, ed. inglese 1999; Ripartire dalle radici. Naufragio della politica e indicazioni dall'etica, Cittadella, Assisi, 2000; Le ideologie del Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001; Volontariato in crisi? Diagnosi e terapia, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2003; Gente bella, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2004; Strappare una generazione alla mafia, DG Editore, Trapani 2005. Vari suoi contributi sono apparsi sulle migliori riviste antimafia di Palermo. Indirizzi utili: segnaliamo il sito: www.neomedia.it/personal/augustocavadi/ (con bibliografia completa)]
Gli abitanti del pianeta che non vivono dentro i confini degli Stati Uniti
d'America vivono - viviamo - senza tanti vantaggi. In compenso, pero',
abbiamo anche qualche possibilita' di dignita' in piu'. Possiamo, ad
esempio, vivere in sistemi giudiziari in cui nessun giudice puo' assassinare
un assassino - vero o presunto - in nome nostro.
Ancora: a differenza dei nostri fratelli americani (sia di quelli che non
sono d'accordo con la politica governativa sia di quelli, piu' sventurati,
che non sono in grado di essere in disaccordo) possiamo immaginare di
vincere un referendum, come quello che si prepara in Brasile, contro il
commercio delle armi.
Ed evitare cosi' di restare in quel clima da incubo cosi' efficacemente
rappresentato in Bowling for Columbine da Michael Moore.
Antonino Drago: Si'
[Ringraziamo Antonino Drago per questo intervento. Antonino (Tonino) Drago, nato a Rimini nel 1938, e' stato il primo presidente del Comitato ministeriale per la difesa civile non armata e nonviolenta; gia' docente universitario di Storia della fisica all'Universita' di Napoli, attualmente insegna Storia e tecniche della nonviolenza all'Universita' di Firenze, e Strategie della difesa popolare nonviolenta all'Universita' di Pisa; da sempre impegnato nei movimenti nonviolenti, e' uno dei piu' prestigiosi peace-researcher italiani e uno dei piu' autorevoli amici della nonviolenza. Tra le molte opere di Antonino Drago: Scuola e sistema di potere: Napoli, Feltrinelli, Milano 1968; Scienza e guerra (con Giovani Salio), Edizioni Gruppo Abele, Torino 1983; L'obiezione fiscale alle spese militari (con G. Mattai), Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986; Le due opzioni, La Meridiana, Molfetta; La difesa e la costruzione della pace con mezzi civili, Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 1997; Atti di vita interiore, Qualevita Torre dei Nolfi (Aq) 1997]
Si', perche' per un nonviolento non puo' che essere cosi', il mio impegno e' ad essere contro l'uso di tutte le armi...
Lorenzo Guadagnucci: Si'
[Ringraziamo Lorenzo Guadagnucci per questo intervento. Lorenzo Guadagnucci, giornalsta economico, studioso dei problemi della globalizzazione e dei nuovi movimenti sociali, e' stato tra le vittime dell'aggressione squadristica alla scuola Diaz nel 2001 a Genova. Si e' impegnato non solo a testimoniare e documentare quell'orrore, ma anche a favorire l'elaborazione del lutto da parte di tutte le vittime e a costruire le condizioni perche' simili orrori mai piu' accadano. Opere di Lorenzo Guadagnucci: Noi della Diaz, Berti, Piacenza 2002]
Sandro Pertini, il partigiano divenuto presidente, sfidava la retorica esclamando: "Bisogna vuotare gli arsenali e riempire i granai".
Lo faceva con lo spirito battagliero dei suoi ottant'anni e col prestigio
che gli conferiva il suo passato di combattente. Non era retorica, ma un
grido di verita' di fronte a un mondo che teorizzava la necessita' di
ricercare un equilibrio pacifico attraverso il bilanciamento delle
rispettive potenze militari. Era un mondo costantemente sull'orlo
dell'abisso, coi leader politici impegnati a definire strategie militari,
teorie del "primo colpo" nucleare e scenari apocalittici, a tutto discapito
dell'attenzione per i drammi sociali e ambientali causati da un sistema
economico e geopolitico sempre piu' iniquo e distruttivo.
Oggi non abbiamo piu' un mondo diviso in due blocchi e la teoria della
deterrenza atomica ha perduto la sua centralita', ma la preminenza
dell'industria della guerra e della cultura militare si e' addirittura
rafforzata. La piu' grande democrazia del pianeta - come ancora ci si ostina
a definire gli Stati Uniti d'America, nonostante il Patriot Act divenuto
legge permamente e nonostante la logica imperialista della guerra
preventiva - non nasconde piu' i suoi propositi di diventare gendarme e
dominatore del mondo: basta leggersi i documenti dell'intellighenzia
neo-con.
Uno degli effetti collaterali di questa escalation di bellicosita' e
volonta' di dominio, e' la continua e crescente militarizzazione delle
istituzioni, del territorio, dei rapporti sociali. "Bowling a Colombine" di
Michael Moore mostro' con efficacia quanto la societa' statunitense sia
vittima di questa incultura della guerra, di quel principio del diritto
all'autodifesa armata che paradossalmente riecheggia ogni volta che il
presidente Bush dichiara una guerra d'invasione, dall'Afghanistan all'Iraq a
quelle future.
La pretesa di armare i cittadini, per "garantire" a ciascuno piu' sicurezza,
ha molto a che fare con quel filone di pensiero che dalla guerra fredda al
neoimperialismo Usa sta diffondendo nel mondo il germe dell'autoritarismo.
Se ne e' avuta un'eco anche in Italia, quando e' stata approvata la
"riforma" della legittima difesa, che oggi concede a chiunque la facolta' di
sparare contro un'altra persona, non solo quando la sua vita sia in
pericolo, ma semplicimente quando il domicilio sia violato, non importa per
quale motivo. E' la versione italiana del presunto diritto a farsi giustizia
da se', con l'applicazione della pena di morte anche a chi abbia commesso
reati minimi come la violazione di domicilio o al limite il furto e la
rapina. Leggendo gli atti del dibattito parlamentare, si vedra' che i
proponenti hanno motivato il provvedimento ricorrendo addirittura al
principio di sussidiarieta', per cui il modo migliore per garantire
sicurezza e giustizia dev'essere quello piu' vicino al cittadino, ossia il
cittadino stesso, armato di tutto punto e protetto dalla legge.
Sappiamo quanto sia grave, ben piu' grave che da noi, il problema dei "giustizieri" solitari nelle metropoli dell'America Latina e dei tanti Sud del mondo. Nelle bidonville, dove le tensioni sociali sono spesso altissime, violenze e omicidi sono esperienze quasi quotidiane, grazie anche alla grande accessibilita' alle armi da fuoco.
Il referendum che si tiene in Brasile contro la libera vendita di armi e munizioni non e' certo la soluzione di tutti i problemi di esclusione, miseria, ingiustizia, ma e' un passo nella direzione giusta, quel "vuotare gli arsenali" (in questo caso privati) di cui tanto parlava Pertini.
Massimo Guitarrini: Si'
[Ringraziamo Massimo Guitarrini per questo intervento. Massimo Guitarrini, amico della nonviolenza, da sempre un punto di riferimento nell'impegno di solidarieta', per i diritti umani, per l'ambiente, la pace, e' viceresponsabile nazionale del servizio civile della Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare]
Anch'io voglio dare il mio piccolo contributo a sostegno del referendum che
tra poche settimane vedra' il popolo brasiliano pronunciarsi per la messa al
bando della vendita delle armi da fuoco nel proprio paese.
Ad un anno dalla Campagna per il Disarmo Volontario, che ha preceduto questo
referendum, gia' 3.000 persone in meno sono morte per omicidio da arma da
fuoco rispetto all'anno precedente. Mi viene da pensare a quelle altre 3.000
persone che invece sono state assassinate nel 2003... se questo
provvedimento fosse stato approvato l'anno prima forse si sarebbero salvate.
E se invece fosse stato pensato nel 2001 magari se ne sarebbero salvate di
altre. E quanti giovani potrebbero ancora correre, lavorare, ballare, quanti
occhi potrebbero ancora sorridere o piangere, quanti uomini e quante donne
potrebbero ancora tentare di comprendersi o amarsi se la vendita delle armi
da fuoco fosse stata messa al bando dieci o venti e - perche' no? - cento
anni fa, e non solo in Brasile ma in tutto il mondo?
Lo so, lo so: dicono che non e' cosi' che si fa la storia... Ma se Beretta
fosse stata solo un marca di salumi? sicuramente si sarebbero salvate tante
persone probabilmente a scapito di tanti maiali.
Chiunque abbia a cuore la vita delle persone e il futuro dell'umanita' non puo' esitare a dichiararsi a favore di questo referendum, per un mondo senza armi.
Paolo Predieri: Si'
[Ringraziamo Paolo Predieri per questo intervento. Paolo Predieri e' musicista, musicologo, amico della nonviolenza tra i piu' noti, una delle figure di riferimento dell'impegno nonviolento in Italia]
Sul referendum brasiliano posso dire che mi piacerebbe molto essere in
questo momento in Brasile per sentire direttamente che dibattito c'e' in
merito e cosa ne dice la gente.
Inutile dire che, se fossi cittadino brasiliano, voterei per la proibizione
del commercio delle armi da fuoco e naturalmente parteciperei alle
iniziative a favore di questa scelta.
Piercarlo Racca: Si'
[Ringraziamo Piercarlo Racca per questo intervento. Piercarlo Racca e' uno dei militanti "storici" dei movimenti nonviolenti in Italia ed ha preso parte a pressoche' tutte le esperienze piu' vive e piu' nitide di impegno di pace; e' per unanime riconoscimento una delle voci piu' autorevoli della nonviolenza in cammino]
L'importanza della vittoria del si' al referendum per la proibizione del commercio delle armi che si terra' in Brasile il prossimo 23 ottobre, va ben oltre il limite di scelta nazionale perche' rappresentera' agli occhi del mondo anche una grande e coraggiosa scelta politica.
Carlo Schenone: Si'
[Ringraziamo Carlo Schenone (sito: www.schenone.8k.com) per questo intervento. Carlo Schenone e' da molti anni a Genova una delle figure piu' impegnate nella riflessione sulla nonviolenza e nella pratica di essa nei movimenti e nei conflitti sociali, particolarmente attivo nella formazione; con una lunga, ampia e qualificata esperienza sia di impegno politico e sociale di base, sia di rappresentanza nelle istituzioni, sia di intervento meditato e propositivo nelle sedi organizzative e di coordinamento, di dibattito e decisionali, dei movimenti per i diritti]
Se i nostri governi si interessassero del bene dei loro cittadini avrebbero
un comportamento diametralmente opposto a quello che tengono, soprattutto
per quanto riguarda le armi e gli armamenti.
Alle minacce non rispondono in relazione alla loro pericolosita' ma a
criteri molto piu' perversi che mischiano interessi personali e
consociativi, fobie e pigrizie.
Non vorrei sembrare macabro con una contabilita' di morti ma penso che aiuti
a riflettere.
I governi occidentali stanno restringendo perfino i diritti fondamentali con
la scusa del terrorismo internazionale che per ora in Italia non ha fatto
vittime e che, almeno finora e negli altri paesi europei, ha fatto qualche
centinaio di morti.
Allo stesso tempo non fanno quasi niente, non limitano neppure la velocita'
delle macchine che ha dimostrato poter ridurre notevolmente il numero di
morti (e feriti) sulle strade che solo in Italia arrivano ad essere 6/7.000
all'anno.
Discorso analogo e' quello delle armi leggere che ogni anno procurano
qualche centinaio di morti in Italia e proporzionalmente molto di piu' nei
paesi in cui l'uso delle armi non e' regolementato. A partire dai cacciatori
(o anche passanti) uccisi o feriti nelle battute di caccia, per arrivare ai
banditi (e passanti) colpiti da armi "regolermente detenute", e finire con
coloro che, come si e' visto in questi giorni, pensano di difendersi con 5
pistole e 2 fucili e quello che alla fine ottengono e' solo di morire,
uccidere e spargere dolore ovunque.
Forse anche le armi della polizia sono di troppo (ai tempi in cui i bobbies
di Londra giravano disarmati la delinquenza londinese era molto meno
pericolosa) ma sicuramente proibire le vendita di armi leggere ridurrebbe
drasticamente il numero complessivo di morti e feriti senza ridurre la
sicurezza complessiva ma, al contrario, aumentandola. E se qualcuno si
diverte tanto a sparare a qualcosa vorra' dire che sara' costretto a farsi
passare la voglia dedicandosi ad altre attivita'.
Penso che sia una "costrizione" che val la pena di imporre per il bene di
tutti, pur avendo l'attenzione di aiutare chi campa di armi a trovare un
altro sistema per viviere, perche' anche se la Repubblica si basa sul lavoro
deve essere un lavoro che non danneggi altri.
Per cui ben venga il referendum brasiliano per l'eliminazione del commercio
di armi. Chissa' che una eventuale abolizione in Brasile non convinca anche
qualcuno che puo' in Italia a cominciare a pensare cosa far fare d'altro
agli armaioli della Val Trompia, e come evitare il dolore che le armi in
circolazione in Italia ogni anno provocano.
Ilaria Troncacci: Si'
[Ringraziamo Ilaria Troncacci per questo intervento. Ilaria Troncacci, amica della nonviolenza e persona di infinita dolcezza e profondita' d'animo, e' da anni impegnata nell'esperienza scoutistica ed in molte iniziative di solidarieta' concreta]
A volte mi chiedo cosa penserebbe un bambino se fosse chiamato a dare un giudizio sui fatti del mondo. I bambini sanno essere cosi' chiari e logici da spiazzare gli adulti, sono cosi' privi di malizia da analizzare le cose per quello che sono, per questo sono giudici perfetti.
Raccontando la favola dell'oggi dovremmo spiegare al bambino che vi sono due
paesi, due paesi molto grandi in cui ogni uomo puo' avere a disposizione
delle brutte invenzioni. In questi paesi gli uomini si dividono in carnefici
e vittime, colpevoli e innocenti, vivi e morti. Le invenzioni infatti hanno
il potere di uccidere. Sono gli uomini a manovrarle, sono quindi gli uomini
ad uccidere, e a volte queste invenzioni capitano in mani inconsapevoli,
incoscienti o disperate, ma non per questo generano meno morte.
Per porre rimedio a questa situazione insostenibile il primo paese decidera'
di aumentare il numero di invenzioni, cosi' che risultino difesa contro
quelle gia' in circolazione, inoltre si faranno delle leggi che
permetteranno l'uso indiscriminato di tali invenzioni con la pretesa di
rendere piu' sicuri i propri cari, se stessi, le proprieta'.
Nell'altro paese invece si decidera' di eliminare quelle invenzioni.
Quale sara' la civilta' agli occhi del bambino? quale sara' il suo giudizio?
Eliminando interessi, brama di potere e di controllo, prescindendo da tutti
i fattori che pongono la vita umana ad un gradino ben piu' infimo di quello
che le e' proprio, analizzando, quindi, semplicemente il problema con gli
occhi di un bambino la risposta risultera' evidente: eliminando la causa si
limitera', per lo meno, anche l'effetto.
Certo la questione in causa e' ben piu' complessa di una favola per bambini.
Ma e' indubbio che l'abolizione del commercio delle armi leggere, richiesta
nel referendum del 23 settembre in Brasile, sia risultato e punto di
partenza eccellente, oltre che una dimostrazione di vera civilta' per tutti
quei paesi che si atteggiano a difensori della democrazia, ma che in realta'
dovrebbero riscoprire l'umilta' di apprendere da chi certi valori
attivamente difende.
La vera civilta' e' quella che pone la vita umana al centro del proprio
operato con la naturalezza di un bambino. Se con tale naturalezza si sapra'
guardare, un forte "si'" si alzera' dal Brasile ad annunciare una
meravigliosa lezione al mondo intero, e questa e' la mia speranza.
Attivo dagli anni '70 (dapprima con la denominazione "Comitato democratico contro l'emarginazione - Centro di ricerca per la pace"), nel 1987 ha coordinato per l'Italia la campagna di solidarietà con Nelson Mandela allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a "Primo Levi, testimone della dignità umana". Dal 1998 ha promosso una "campagna contro la schiavitù in Italia".
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