"Young Words Happening": cronaca di un'assemblea
Offrire a circa 1.500 giovani italiani e stranieri la possibilità di incontrarsi, ascoltare esperti internazionali e discutere di informazione globale, sviluppo, lotta alla povertà, integrazione e identità: e' questo l'obiettivo ambizioso che la citta' di Torino ha voluto raggiungere attraverso lo "Young Words Happening". L'evento che si e' svolto dal 22 al 24 settembre, è stato organizzato nell'ambito della "Tregua Olimpica": un concetto che risale all'antica Grecia, con le origini delle Olimpiadi, e tenta di recuperarne il significato di sospensione dei conflitti. Attorno alla Tregua Olimpica (http://www.comune.torino.it/treguaolimpica/tregua.htm) ruota una costellazione di eventi ed iniziative sui temi della pace, della cooperazione e della giustizia, e varie azioni finalizzate all'adozione di una risoluzione da parte dell'Assemblea Generale dell'ONU.
Un altro obiettivo dello "Young Words Happening" era la sperimentazione, per la prima volta in Italia, del metodo di discussione partecipata "Electronic Town Meeting", che integra la discussione a piccoli gruppi con l'utilizzo di tecnologie informatiche in modo da elaborare i risultati in tempo reale.
Tuttavia i giovani che hanno preso parte all'evento hanno evidenziato vari aspetti deludenti. Oltre ad un approccio "dall'alto", a vari difetti organizzativi, il problema forse principale è stato l'aver cercato di coinvolgere contemporaneamente due gruppi di giovani troppo diversi, nello specifico giovani richiamati da tutta Italia e dall'estero partecipi e interessati ai temi proposti e ai dibattiti previsti, e ragazzi delle scuole superiori presenti su iniziativa degli insegnanti, con una differenza sostanziosa di preparazione, ma anche di età e maturazione. Tutto cio' ha influenzato le discussioni, il meccanismo partecipativo e i suoi risultati (descritti su http://italy.peacelink.org/pace/articles/art_12769.html) Ad esempio molte domande elaborate e presentate al televoto risultavano poco chiare, riduttive o senza risposte completamente soddisfacenti. Considerato il poco spazio a loro disposizione, i relatori intervenuti (David Randall, Marina Ponti, Sergio Marelli, Tariq Ramadan ed Ernesto Olivero) sono riusciti a trasmettere qualcosa a molti, ma c'è chi ha commentato l'intera giornata come la "fiera dell'ovvio".
Cio' nonostante vanno riscontrati anche i diversi aspetti positivi, a partire dalla stessa decisione di realizzare un iniziativa che offra ai giovani un momento di confronto incentrato su questi temi. Al di là di tutto, l'idea di utilizzare parte del budget olimpico per organizzare un evento di questo tipo e' meritevole, a condizione che queste iniziative non facciano chiudere gli occhi davanti agli sprechi e altri nodi spinosi, come ad esempio la scelta di associare i giochi olimici ad alcuni sponsor inclusi nella "lista nera" delle aziende poco etiche, contestata durante la serata di sabato da un gruppo di attivisti.
La giornata sperimentale delle discussioni con l'Electronic Town Meeting e' stata valutata in modo non positivo dai giovani italiani che non provenivano da Torino o dal Piemonte. La seconda e terza giornata, invece, hanno registrato una partecipazione meno massiccia, ma senza dubbio molto più attenta ed interessata, come dimostrano ad esempio le domande che venivano raccolte e poste ai diversi esperti intervenuti, ma anche l'atmosfera internazionale, gioiosa e positiva dell'inaspettata festa conclusiva finale.
Sul tema "La convivenza ed i conflitti tra la cultura occidentale e le altre culture" si sono confrontati Michael Novak, politologo americano, uno dei consiglieri più influenti di G.W. Bush, teorico del pensiero neoconservatore, ed Helena Norbert-Hodge, antropologa, attivista ed esperta dell'impatto dell'economia globale sulle culture del mondo dando vita ad un dibattito moderato dal giornalista David Randall.
Nel secondo incontro invece Joel Bakan, autore del libro "The Corporation. La patologica ricerca del profitto e del potere" e coautore dell'omonimo film-documentario, è intervenuto assieme a Sergio Marelli (presidente dell'Associazione ONG Italiane) e alla giornalista Miriam Giovanzana sul tema "Le grandi multinazionali e le prospettive per una governance globale e per lo sviluppo locale". Al dibattito avrebbe dovuto partecipare un rappresentante di un'impresa multinazionale, ma non è stato possibile, dal momento che tutte le imprese contattate hanno declinato l'invito.
Infine l'incontro conclusivo e più partecipato, ha visto Jeremy Rifkin, presidente della Foundation on Economic Trends di Washington e autore di celebri libri sull'impatto dei cambiamenti tecnologici sull'economia, sulla forza lavoro e sull'ambiente, intervenire accanto ad Ignacio Ramonet (ex direttore di Le Monde Diplomatique, ed uno dei fondatori di Attac), moderati da Giulietto Chiesa.
Mentre Ramonet è rimasto prevalentemente sul tema dell'informazione, parlando del "quinto potere" come controllo e critica del pubblico sui mezzi di comunicazione, Rifkin, partendo dal suo ultimo libro (Il sogno europeo: come l'Europa ha creato una nuova visione del futuro che sta lentamente eclissando il sogno americano.), ha celebrato il "sogno europeo" rispetto all'"american dream", evidenziando la contrapposizione tra la società statunitense (dove l'obiettivo è la realizzazione del profitto individuale) a quella europea, più centrata sulla qualità della vita per tutti.
Nonostante le sue opinioni siano dichiaratamente un po'esagerate, anche allo scopo di "scuotere" noi europei, molti giovani non hanno potuto fare a meno di criticare il suo elogio, magari cadendo proprio in quella che lui stesso ha definito "umiltà europea" che ci rende eccessivamente critici ed autocritici impedendoci di valorizzare invece gli aspetti positivi della nostra società, così come, verrebbe da aggiungere, le potenzialità del mondo giovanile.
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