Un referendum che riguarda l'umanita' intera. 19
Carla Cohn: Con tutto il cuore, che vinca il si'
[Ringraziamo Carla Cohn per questo intervento. Carla (Carola) Cohn, nata a Berlino nel 1927, deportata e sopravvissuta ai campi di sterminio, e' psicoterapeuta e testimone della Shoah. Alcune sue straordinarie testimonianze sono nei numeri 883, 890 e 895 di questo notiziario]
Sostengo pienamento il referendum brasiliano contro il commercio degli armi.
Mi sembra ovvio di essere contro il commercio d'armi di qualsiasi tipo.
Per esempio sto pensando alle micidiali mine anti-uomo che, rimaste nascoste
e mai del tutto rimosse, tuttora distruggono le vite di tanti bambini ed
altri innocenti.
Sto pensando anche alla libera vendita delle armi negli Stati Uniti, dove
sono a disposizione di tutti "per l'autodifesa" con disastrosi risultati -
per esempio le stragi nelle varie scuole, ecc.
Il referendum brasiliano mi sembra un esempio di grande civilta', e spero
con tutto il cuore che vinca il si'.
Mauro Furlan: Alcuni dati dell'Unesco e un estratto da un libro sulla violenza a Rio de Janeiro
[Ringraziamo di cuore Gaetano Farinelli, dell'associazione Macondo per aver chiesto per noi e per averci trasmesso questo intervento di Mauro Furlan. Gaetano Farinelli, prete operaio, educatore, e' uno dei principali animatori dell'esperienza di "Macondo", associazione per l'incontro e la comunicazione tra i popoli (per contatti: via Romanelle 123, 36020 Pove del Grappa (Vi), tel. 0424808407, e-mail: posta@macondo.it). Tra le opere di Gaetano Farinelli: Attraversare il deserto, Macondo Libri - Citta' Aperta, Troina (En) - Pove del Grappa (Vi) 2001. Mauro Furlan, amico e socio dell'associazione di solidarieta' internazionale Macondo, vive e lavora nelle favelas Rio de Janeiro, collabora a "Peacereporter"]
Carissimi amici,
vi traduco e vi invio due testi che possono essere utili per la nostra
riflessione e il nostro impegno a sostegno della campagna per il disarmo e
per il si' al referendum.
Il primo e' il rapporto dell'Unesco sulla situazione delle morti per arma da
fuoco in Brasile, e il secondo e' un estratto da un libro che a me sembra
straordinario.
1. Il documento dell'Unesco
In Brasile si registrano piu' morti per arma da fuoco che in un guerra
armata.
Negli ultimi dieci anni i morti per arma da fuoco registrati in Brasile
superano il numero delle vittime di 23 conflitti armati, passando al secondo
posto dopo le guerre civili di Angola e Guatemala.
In questo periodo sono morte 325.551 persone, una media di 32.555 morti per
anno. I dati fanno parte dello studio "Mortes Matadas por armas de fogo no
Brasil 1979-2003", che e' stato diffuso il 27 giugno dal rappresentante
Unesco in Brasile, Jorge Werthein, e dal Presidente del Senato Federale,
Renan Calheiros, al Senato, a Brasilia (DF).
Questo studio ha come obiettivo sensibilizzare la societa' brasiliana
sull'importanza del disarmo della popolazione e l'approvazione del
referendum per restringere il libero commercio delle armi da fuoco.
Lo studio rivela che tra il 1979 e il 2003 le armi da fuoco hanno ucciso
550.000 persone, che significa 35.000 vittime all'anno, ovvero 100 al
giorno.
La ricerca conferma che i giovani tra i 15 e i 24 anni sono le principali
vittime delle armi da fuoco: del totale delle vittime sono 206.000 i giovani
in questa fascia di eta'. Solo nell'anno 2003 il 41,6% dei casi erano
giovani.
La ricerca e' stata realizzata in base ai dati del sistema di informazione
sulla mortalita' brasiliano (Datasus del Ministero della salute), poi
confrontati con i dati internazionali. I dati sono stati comparati anche con
altre tipologie di morti (incidente stradale, malattie, ecc.). Inoltre
queste morti sono state confrontate con il numero delle vittime di 26
conflitti armati di 25 paesi del mondo in diversi periodi.
Quello che risulta impressionante e' che in Brasile, anche senza esserci un
conflitto religioso, una guerra con un paese confinante, o una lotta
politica armata interna, si verificano piu' vittime per armi da fuoco
rispetto a nazioni colpite da un conflitto bellico dichiarato.
Per promuovere una cultura della pace in Brasile si deve passare
necessariamente per la riduzione delle armi in circolazione e la proibizione
della loro vendita.
Alcuni dei dati principali della ricerca:
- Tra il 1979 e il 2003 piu' di 550.000 persone sono morte in Brasile per arma da fuoco in un crescendo continuo. In questi 24 anni le morti violente sono cresciute del 461,8%, mentre la popolazione e' cresciuta del 51,8%. La spinta e' stata data dalla crescita degli omicidi del 542,7%. I suicidi con armi da fuoco sono cresciuti del 75%, e le morti per incidente con arma da fuoco sono cadute del 16,1%.
- Dei 550.000 morti, 205.722, ossia il 44,1%, sono giovani della fascia tra i 15 e 24 anni. Considerando che questi giovani rappresentano il 20% della popolazione brasiliana si conclude che in questa eta' muore il doppio di persone rispetto alle altre fasce.
- Tra i giovani la crescita e' stata piu' mortale arrivando al 640,3%. Gli omicidi sono aumentati del 742,9%, i suicidi sono cresciuti del 61%.
- E' aumentato il numero di giovani come vittime. Nel '79 i morti giovani nel Brasile sono stati 2.208 cioe' il 31,6% del totale delle vittime. Nel 2003, i 16.345 giovani morti per armi da fuoco rappresentano il 41,6% del totale delle vittime.
- In Brasile considerando il totale della popolazione la principale causa di morte e' quella cardiaca, seconda la cerebrovascolare, e al terzo posto le armi da fuoco. Tra i giovani invece le armi da fuoco sono la prima, con una incidenza molto maggiore rispetto alla seconda causa che e' la morte in incidenti stradali.
- Nel 2003 sono morte di aids 11.276 persone, di cui 606 giovani. Questa epidemia occupa l'undicesima posizione nella popolazione totale, e la sesta nell'eta' tra i 14 e i 24 anni.
- Tra il 1993 e il 2003, sono morti in Brasile 325.551 persone, una media di 32.555 morti all'anno per armi da fuoco. Confrontando con la mortalita' di 25 conflitti armati nel mondo il Brasile rappresenta la maggior media per anno.
- In termini assoluti il Brasile e' appena dietro la guerra civile in Angola che avrebbe causato 550.000 morti in 27 anni di conflitto, e della guerra civile in Guatemala che tra il 1970 e il 1994 avrebbe fatto 400.000 vittime.
- Il Brasile presenta in media un numero di morti piu' elevato delle guerra del Golfo, l'insieme della prima e seconda Intifada, e il conflitto dell'Irlanda del Nord.
- Dei 57 paesi analizzati, il Brasile rispetto alla popolazione totale e' al secondo posto dopo il Venezuela, e tra i giovani e' al terzo posto dopo Venezuela e Porto Rico.
- Tra la popolazione giovane il Brasile e' al terzo posto per morti e omicidio da armi da fuoco, e al terzo posto per morti la cui causa per arma e' indeterminata. Per quanto riguarda gli incidenti con arma da fuoco occupa la quindicesima posizione e la ventesima in relazione ai suicidi.
- Sono pochi i paesi nel mondo, come il Brasile, dove le morti per arma da fuoco superano le morti per incidenti stradali. Tra i 57 paesi analizzati solo in sei casi questo succede, e cinque di questi sono paesi dell'America Latina: Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela.
- Sono anche una minoranza i paesi in cui le morti per armi da fuoco superano il numero dei suicidi. Dei paesi analizzati sono 15 che si trovano in questa situazione, e la maggioranza sono dell'America Latina.
2. Interludio
Da questa breve sintesi che vi ho presentato potere capire come la
situazione in Brasile (ma anche di tutta l'America Latina) sia veramente
drammatica. Quando in passato ho scritto che i giovani qui a Rio parlano di
Iraq per descrivere la situazione in cui vivono, non e' uno scherzo o un
paragone forzato. Queste cose le abbiamo denunciate nella camminata per la
pace, ma sappiamo che la realta' e' complicata, i fattori in gioco sono
molti, la soluzione sembra impossibile.
Per continuare questa riflessione vi riporto un estratto da un libro da poco
uscito. Il libro ( che a mio giudizio e' di una ricchezza straordinaria) si
intitola "Cabeca de porco", che letteralmente significa "testa di maiale",
ma che qui a Rio, nel gergo delle favelas, ha preso il senso di confusione,
strada senza uscita. Il libro e' scritto a sei mani. Un sociologo (Luiz
Eduardo Soares), un famoso cantante hip-hop (MV Bill) e un produttore di hip
hop (Celso Athayde) che ha creato il Cufa (Centrale unica delle favelas).
Luis Eduardo si e' assunto il compito di riflettere sulle testimonianze
raccolte in vari anni di ricerca, inoltre e' stato protagonista di una
singolare vicenda. Dal gennaio all'ottobre del 2003 e' stato segretario
nazionale di sicurezza pubblica, cercando di mettere in atto delle azioni
congiunte per la diminuzione delle morti violente a Rio. Avendo intaccato
principalmente gli interessi della polizia corrotta, e' stato dimesso con un
annuncio televisivo da parte del governatore dello stato. Questo libro aiuta
ad entrare nei meandri della violenza a Rio e in Brasile, a scoprirne i vari
significati e ad indicare delle possibili soluzioni.
Adesso passo alla mia traduzione di alcune pagine, sperando di tradurre
altri piccoli spezzoni, questo per darvi l'opportunita' di capire un mondo
che sembra irreale.
3. I significati della violenza: la criminalita' in Brasile e a Rio de
Janeiro (dal libro "Cabeca de porco")
Rio de Janeiro continua ad essere una bellissima citta', ma nel frattempo
Rio de Janeiro ("fiume di gennaio") continua ad essere gennaio, febbraio,
marzo, tutto l'anno attraversato dalla paura, dalle pallottole, dal fuoco
incrociato. Questo non e' un libro sullo situazione o la citta' di Rio de
Janeiro, perche' i problemi di cui si parla sono nazionali e qualcuno supera
anche i confini del Brasile. Ma Rio ha anticipato la traiettoria brasiliana
lungo la direzione della violenza armata, e probabilmente rende visibile il
futuro probabile del paese. Per questo e' importante pensare alla sua storia
recente per esorcizzare i suoi mali, aiutarci a vincerli e prevenire la
nazionalizzazione del suo dramma. Il traffico delle armi e della droga da
molto tempo ha abbandonato il suo confino in una periferia lontana,
convertendosi nella principale fonte brasiliana di violenza criminale. Forse
c'e' ancora speranza che la dimensione assunta dalla tragedia qui a Rio, non
si ripeta nelle altre citta' e stati brasiliani.
Non ho la pretesa di raccontare la storia del narcotraffico di Rio, alcuni
lo hanno fatto meglio di quanto potrei fare io, pero' mi piacerebbe
completare la conoscenza gia' accumulata, richiamando l'attenzione su alcuni
aspetti, prima pero' faccio alcune considerazioni generali.
Violenza e' una parola che solo in apparenza e' semplice. In verita'
contiene molti significati differenti. Puo' descrivere un'aggressione
fisica, un insulto, un gesto che umilia, uno sguardo non rispettoso, un
assassinio commesso con le proprie mani, un modo ostile di raccontare una
storia con disprezzo, l'indifferenza di fronte alla sofferenza degli altri,
la negligenza verso gli anziani, la decisione politica che provoca
conseguenze sociali drammatiche, la svalorizzazione dei figli da parte dei
genitori e delle donne da parte dei mariti, le pressioni psicologiche in
relazioni di oppressione, le scelte economiche che si abbattono come un
disastro naturale su certi settori della popolazione, e la stessa natura
quando supera i suoi limiti naturali e provoca catastrofi, per questo
parliamo della violenza dell'acqua, del vento e del fuoco; e ci riferiamo
anche alle disuguaglianze sociali ingiuste o all'abbandono dei bambini di
strada come forme di violenza.
Ma dall'altra parte, quando un padre lotta contro qualcuno per salvare la
vita del figlio, non lo descriviamo come violento e neanche intendiamo come
un esempio di violenza l'uso difensivo e ben intenzionato che lui fa della
propria forza.
Se riuniamo un qualsiasi gruppo di persone e chiediamo che scelgano dei
fatti che esemplifichino forme gravi di violenza, probabilmente otterremmo
risposte molto differenti, organizzate secondo gerarchie diverse: alcuni
faranno riferimento alle guerre tra nazioni e alle forme planetarie di
ingiustizia e squilibrio, altri probabilmente alla prostituzione infantile o
al flagello della fame e alla mancanza di lavoro, la gravidanza precoce, le
condizioni abitative, della sanita', dei trasporti, il latifondo
improduttivo chiuso ai senza terra, l'ingiustizia, l'impunita', la
distruzione dell'ambiente, la corruzione, il razzismo, l'invasione
culturale, il contrasto tra l'automobile di importazione e il mendicante
sulle strade, l'omofobia, la situazione delle prigioni superaffollate e le
condizioni disumane dei detenuti, la discriminazione delle donne,
l'abbandono dei giovani, l'ipocrisia arrogante dei tecnocrati, la tortura,
le stragi, la brutalita' della polizia, il salario dei poliziotti, il
quotidiano delle periferie nelle grandi metropoli brasiliane.
E' anche chiaro che la maggioranza non tralascer' di evidenziare i crimini,
soprattutto le aggressioni contro la persona, specialmente quelle il cui
esito e' la morte della vittima.
Per la popolazione , i crimini non sono le trasgressioni della legge penale,
ma sono le violazioni colpevoli della legge morale, piu' ampia di quella
penale e spesso non coincidente con le sue determinazioni e il suo spirito.
Il concetto popolare di crimine e' tanto variabile e inglobante quanto il
concetto popolare di violenza. Siccome non c'e' consenso nella societa'
riguardo la legge morale, la legge penale deve essere rispettata come
l'accordo pratico possibile, che diventa il riferimento delle istituzioni
responsabili del mantenimento dell'ordine pubblico democratico orientandone
le azioni.
Il Brasile e' ricco in manifestazioni di violenza nelle sue forme piu'
diverse, inclusa la crescente criminalita' violenta. La societa' brasiliana
nella sua totalita' e' stata raggiunta dalla violenza. Tutte le classi,
etnie, fasce di eta' condividono il rischio di diventare l'obiettivo di
qualche atto criminoso. In questo senso si puo' dire che la violenza
criminale brasiliana, nelle sue molteplici forme, "e' democratica", colpisce
uomini e donne, poveri e ricchi, neri e bianchi, indistintamente. Ma nello
stesso tempo, se osserviamo attentamente i dati relativi ai morti, cioe' i
crimini che provocano la morte della vittima, troveremo un quadro molto
differente.
In Brasile la morte violenta intenzionale si distribuisce in modo
concentrato. Allo stesso modo del reddito, educazione, abitazione, salute,
fognature, accesso al divertimento e beni pubblici, i morti a causa della
violenza anche questi sono un privilegio, anche se perverso, ma in questo
caso con il capovolgimento della piramide distributiva: chi piu' ne soffre
sono i piu' poveri. E neanche i poveri in generale. Le vittime tipiche della
violenza brasiliana sono i giovani, di sesso maschile, di eta' tra i 14 e i
24 anni (anche se la fascia di eta' si estende rapidamente sia verso il
basso che verso l'alto), che vivono in quartieri o nelle favelas alla
periferia delle metropoli, e frequentemente sono neri. Anche se ci sono
tanti casi di persone di altri gruppi sociali colpiti, l'obiettivo secondo
le statistiche piu' probabile delle forme piu' gravi di violenza ha eta',
colore, sesso, indirizzo e classe sociale. In altri termini, la criminalita'
violenta e' un problema di tutti i brasiliani, ma e' soprattutto il dramma
dei giovani, specialmente poveri e particolarmente neri.
E' chiaro che ci sono tante tragedie che coinvolgono anche i giovani della
classe media. Ma tutte le analisi convergono nell'indicare la stessa
concentrazione, senza ombra di dubbio. Il problema e' cosi' grave che ha
gia' lasciato un segno nella struttura demografica.
C'e' un deficit di giovani, tra i 15 e i 24 anni, nella societa' brasiliana
(fenomeno che si verifica solo nelle strutture demografiche delle societa'
che sono in guerra). Si puo' affermare che il Brasile vive le conseguenze di
una guerra non dichiarata, e un settore sociale piu' di altri sta pagando
con la vita il prezzo di questa tragedia.
Questo processo puo' essere descritto, senza alcuna esagerazione retorica,
come genocidio: un genocidio paradossale, autofagico e fratricida.
Giovani poveri uccidono giovani poveri, in una dinamica che non conoscono e
non controllano, in cui tutti sono vittime, anche quelli che
provvisoriamente svolgono il ruolo di torturatori, nel circolo vizioso che
li portera' a una morte precoce e crudele.
Quando completano il percorso e assumono la posizione di vittime, infine
sono gettati via, nella dinamica torbida che ri-alimenta il gioco della
violenza e li sostituisce come pezzi di una macchina e ricomincia il
circuito perverso della violenza.
Varie sono le matrici della criminalita', e le sue manifestazioni variano a
secondo delle regioni del paese. Il Brasile e' tanto diversificato, che
nessuna generalizzazione e' sostenibile. La sua molteplicita' lo fa
diventare refrattario anche a soluzioni uniformi. La societa' brasiliana a
causa della sua complessita' non ammette semplificazioni, ne' camicie di
forza.
A San Paulo, la maggioranza degli omicidi rivela conflitti interpersonali,
il cui risultato sarebbe meno grave se non ci fossero cosi' tante armi in
circolazione.
Nello stato dello Spirito Santo e nel Nordeste, l'assassinio su commissione
di persone scomode e' prevalente, alimentando l'industria della morte, il
cui affare coinvolge "pistoleros" professionali che agiscono individualmente
o si riuniscono in "gruppi di sterminio" ai quali con frequenza partecipano
poliziotti.
Nella misura in cui prospera il "crimine organizzato" i mercanti di morte
tendono ad essere inglobati dalla rete clandestina che penetra le
istituzioni pubbliche, che si vincola ad interessi politici ed economici
specifici, ai quali non e' mai estraneo il riciclaggio di denaro, principale
mediazione delle dinamiche che rendono possibile e riproducono la corruzione
e le piu' diverse pratiche illegali veramente redditizie.
Ci sono investimenti del crimine in rapine e furti di macchine e camion
carichi di merce, entrambe le modalita' chiedono una articolazione stretta
con le strutture della ricettazione, sia per rivendere, sia per smontare,
sia per il recupero finanziario. Assalti alle banche, alle case di
residenza, agli autobus di breve o lunga percorrenza, cosi' come i
sequestri, specie i sequestri lampo, che sono diventati comuni e pericolosi,
perche' in funzione (anche in questo caso) della disponibilita' di armi,
questa pratica che ha come obiettivo il patrimonio, si e' convertita con
paurosa frequenza in crimine contro la vita (l'espansione delle aggressioni
che si concludono con la morte o il ferimento costituisce il ritratto di
questa tendenza).
La violenza domestica, specialmente la violenza contro le donne, cosi' come le piu' diverse aggressione contro i bambini, si sono rivelate piu' intense e costanti quanto piu' si approfondisce la conoscenza dei casi. Il dato piu' sorprendente riguarda l'autore: in piu' del 60% dei casi osservati nelle ricerche realizzate in Brasile, chi perpetra la violenza e' conosciuto dalla vittima (parente, marito, amante, padre, patrigno, ecc.). Questo significa che questa matrice della violenza, a cui dobbiamo la massima attenzione e che costituisce una problematica della massima gravita' per quelli che soffrono violenza o ne sono testimoni (sia per le conseguenze immediate, sia per gli effetti futuri), non e' azionata generalmente da criminali professionali o da persone che stanno costruendo una carriera criminale. Lo stesso si puo' dire per quanto riguarda altre forme di violenza...
Pierluca Gaglioppa: Si'
[Ringraziamo Pierluca Gaglioppa per questo intervento. Pierluca Gaglioppa, dottore forestale ed esperto di questioni ambientali, cooperante internazionale di vasta esperienza, con una lunga esperienza di formatore e responsabile degli obiettori di coscienza in servizio civile presso l'Arci provinciale di Viterbo, tra i principali collaboratori del Centro di ricerca per la pace, e' impegnato in molte attivita' di pace, di difesa dell'ambiente, di solidarieta', per la nonviolenza; e' autore di varie pubblicazioni scientifiche]
Credo che il referendum brasiliano per l'abolizione delle armi sia un
esempio per tutto il mondo; il solo fatto che sia stato proposto e che si
tenga e' un risultato incoraggiante per tutti i popoli della terra.
Senza retorica, mi piacerebbe che tale scelta venisse fatta anche in Italia
e che anche nel nostro paese si provi effettivamente a promuovere una
cultura nonviolenta.
In questi nostri tempi in cui sempre piu' gli insegnamenti si discostano da
ideali di pace, integrazione e conoscenza, e' fondamentale tornare a
ribadire quali debbano essere le nostre azioni e i nostri obiettivi di
progresso.
Tanto merito va dato agli amici brasiliani se proprio da quella terra nasce
questa rivolta contro la violenza e contro i poteri economici che fanno
profitti sulla sofferenza e sulla morte.
La sola sofferenza fisica di alcune fasce di popolazione costrette alla fame
e agli stenti e' sufficientemente violenta; annientiamo la violenza tra i
poveri e i diseredati dove trova terreno fertile ma soprattutto eliminiamola
ovunque; creiamo le basi nei nostri figli perche' sappiano distinguere e
scegliere pace e nonviolenza.
Per questo noi piu' degli altri dobbiamo sostenere la campagna per far
vincere i si' nel referendum brasiliano contro le armi.
Per noi, per tutti. E grazie ancora agli amici brasiliani.
Alcuni riferimenti utili per sostenere il referendum che salva le vite
Per promuovere iniziative in Italia per sostenere la campagna per il "si'"
al referendum brasiliano si puo' contattare Francesco Comina in Italia
e padre Ermanno Allegri in Brasile (sito: www.adital.com.br).
Alcuni altri riferimenti utili in Italia: il Centro per la pace del Comune
di Bolzano (tel. 0471402382); la Rete italiana
per il disarmo; il Centro di ricerca per la pace di
Viterbo che cura il notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che ogni giorno propone interventi e materiali.
Utilissime informazioni sul referendum brasiliano sono nel fondamentale sito
www.referendosim.com.br (in lingua portoghese-brasiliana). Tutti gli interventi a sostegno del si' al referendum brasiliano per
proibire il commercio delle armi da fuoco e delle munizioni ospitati su
questo foglio compaiono anche in una apposita pagina web del sito di
Peacelink, curata da Giacomo Alessandroni:
italy.peacelink.org/pace/articles/art_12631.html.
Nel sito di Peacelink e' anche possibile consultare tutti i fascicoli di
questo foglio a partire dal dicembre 2004 alla pagina web:
lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html.
Invitiamo nuovamente tutte le persone che ci leggono sia ad inviarci
interventi a sostegno del si' al referendum brasiliano per abolire il
commercio delle armi, sia a scrivere a giornali, riviste, siti, mass-media,
a istituzioni, movimenti, associazioni, a persone amiche, per diffondere
l'informazione e la sensibilizzazione sul referendum brasiliano, e chiamare
tutte le persone di volonta' buona ad esprimere sostegno alle sorelle e ai
fratelli che in Brasile sono impegnati a far vincere il si' al diritto a
vivere, il si' al disarmo, il si' alla civilta' umana, il si' alla gestione
nonviolenta dei conflitti, il si' alla pace fra tutti gli esseri umani, il
si' alla convivenza di tutte e tutti sull'unica terra che abbiamo.
Alcuni utili contatti in Brasile:
Adital
"Forum comunitario di lotta alla violenza" di Bahia
Instituto "Gota de Orvalho" di Sao Paulo
Instituto Sou da Paz
Alcuni siti particolarmente utili
a) in Brasile:
www.referendosim.org.br
www.adital.com.br
www.desarme.org
www.soudapaz.org.br
www.vivario.org.br
b) in Italia:
www.amnesty.it
www.archiviodisarmo.it
www.controlarms.org
www.disarmo.org
www.disarmonline.org
www.exa.it
www.ildialogo.org
www.nonviolenti.org
www.paxchristi.it
www.peacelink.it
www.retelilliput.net
Attivo dagli anni '70 (dapprima con la denominazione "Comitato democratico contro l'emarginazione - Centro di ricerca per la pace"), nel 1987 ha coordinato per l'Italia la campagna di solidarietà con Nelson Mandela allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a "Primo Levi, testimone della dignità umana". Dal 1998 ha promosso una "campagna contro la schiavitù in Italia".
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