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L’anno nero dei diritti umani.

9 gennaio 2006
Mary Robinson*
Fonte: Unità, p. 25 - 29 dicembre 2005

L’anno 2005 ha confermato l’inquietante tendenza, evidente già nel 2001, ad una contrazione dei diritti umani in tutto il mondo. Con il proseguire della minaccia dl terrorismo, alcuni governi hanno giustificato le restrizioni dei diritti fondamentali quali il diritto di non essere torturati e il diritto di espressione. Il giudizio dell’iniziativa di governance globale dell’Economic Forum del 2005, appena pubblicato, sottolinea il declino dei diritti umani nel 2005 e fornisce la deprimente valutazione di due punti su una scala di dieci. Nel frattempo le future generazioni condanneranno sicuramente gli attuali leader politici per la loro indegna incapacità di porre fine alle violazioni dei diritti umani nel Darfur ­ una situazione drammatica che non interessa più nemmeno i media.
Malgrado l’accresciuta attenzione tributata quest’anno alla lotta alla povertà estrema in tutto il mondo, il diritto fondamentale alla salute rimane inattuato per milioni di persone ­ non solo per quanti soffrono di malattie quali Hiv/Aids, ma anche per quanti non hanno accesso all’acqua potabile, al cibo, o ad un affidabile sistema sanitario. La salute non è un tema di secondo piano: è la chiave del più essenziale dei diritti umani che andrebbero garantiti a tutti. La salute è alla base del diritto alla vita, del diritto alla sicurezza e del diritto ad un’esistenza decorosa. Come possiamo dire ad una madre africana che ha il diritto di vivere e il diritto alla libertà quando i confini della sua vita sono rigidamente delimitati dal fatto che i suoi figli hanno una probabilità su dieci di morire prima dei cinque anni di età e che lei stessa ha un’aspettativa di vita inferiore ai 40 anni? Analogamente, a cosa serve la Convenzione Onu sui diritti del fanciullo che afferma che ogni bambino dovrebbe essere protetto e dovrebbe “svilupparsi fisicamente, moralmente, spiritualmente e socialmente in maniera sana e normale”? Andatelo a spiegare ai 37 milioni di bambini che non sono sottoposti alle vaccinazioni di base che potrebbero facilmente impedire i decessi prematuri. Perché non ci vergogniamo del silenzioso tsunami che ogni anno procura la morte di 10 milioni di bambini al di sotto dei cinque anni di età a
causa della fame o di malattie facilmente prevenibili? È ora di colmare il divario tra le promesse e queste realtà. La salute è un diritto per cui bisogna battersi ­ un diritto che i governi di tutto il mondo hanno garantito con il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali: “ al massimo livello possibile della salute”. Non è una sorta di “diritto ad essere sani”, né significa che i governi debbano costituire costosi servizi sanitari al di là delle risorse pubbliche disponibili. Significa però che i governi debbono agire. E significa altresì spendere meglio il denaro investito nel settore sanitario nei Paesi in via di sviluppo dove i sistemi di assistenza sanitaria sono allo sfascio. Sostenere il diritto alla salute comporta un’analisi delle priorità. Dobbiamo lavorare per promuovere l’accesso all’acqua potabile, all’assistenza medica, ad una adeguata alimentazione, preoccupandoci in modo particolare di raggiungere donne e bambini.
Dobbiamo investire in efficaci sistemi sanitari e fare in modo che chi prende decisioni in materia debba rispondere.
Dobbiamo sostenere i Paesi a basso reddito nei loro sforzi per garantire una decente assistenza sanitaria alle rispettive popolazioni. Questa è la principale responsabilità dei governi nei confronti dei loro cittadini. Ma è anche vitale il ruolo delle nazioni ricche nell’incrementare e nel coordinare in maniera più efficace le politiche e l’impiego degli aiuti. E dobbiamo invitare i governi a dare attuazione al Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali che fa del diritto alla salute un obbligo giuridico internazionale che va progressivamente realizzato a livello nazionale. Il Patto è stato ratificato da 151 Paesi. L’anno prossimo avrà 30 anni di vita: è ora che gli impegni si traducano in iniziative concrete. Impariamo dal comportamento di ministri della sanità coraggiosi come Charity
Kaluki Ngilu del Kenya che si è impegnato ad abolire tutti i ticket sanitari che gravano sui cittadini del Kenya. Impegnarsi a realizzare un sistema sanitario per tutti in un Paese nel quale il 56% della popolazione vive sotto la soglia di povertà potrebbe apparire irrealistico. Ma Charity ha fatto quello che da tempo immemorabile fanno i difensori dei diritti umani: stabilire che un certo diritto esiste e poi chiedere alla società di intervenire con iniziative concrete. Ciò vuol dire che i governi debbono accettare le loro responsabilità e debbono intervenire con leggi idonee, buone politiche e risorse adeguate. Vuol dire che la gente deve chiedere parità di trattamento per quanto attiene all’accesso ai servizi pubblici e maggiore trasparenza riguardo al modo in cui vengono spesi i fondi pubblici. Vuol dire che tutti dobbiamo batterci per i nostri diritti e per i diritti degli altri.

Note: Mary Robinson è stata presidente dell’Irlanda (1990-1997) e Alto Commissario Onu per i Diritti Umani (1997- 2002). Attualmente presiede “Realising Right: the Etical Globalisation Initiavive”.

Link del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali http://www.volint.it/scuolevis/dirittiumani/patto_dir_soc.htm

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