Le donne dicono NO alla guerra
Il movimento delle CODEPINK è nato il 17 novembre del 2002, quando alcune donne statunitensi si sono unite per manifestare il proprio dissenso sulla guerra in Iraq e per chiederne la fine. E l’hanno fatto in un modo particolarmente caro alle donne: hanno marciato lungo le vie di Washington e hanno organizzato dei sit-in davanti alla Casa Bianca per 4 mesi. Non hanno usato armi o urlato contro qualcuno. Calme, tranquille, pacifiche come spesso le donne sanno essere, si sono fermate per qualcosa di più importante: la vita umana, propria e altrui.
Dice Starhawk, tra le fondatrici del movimento:
“Noi donne siamo diventate le guardiane della vita – non perché siamo migliori o più pure o naturalmente portate alla cura dell’altro – ma perché gli uomini si tengono occupati facendo la guerra”.
Il nome CODICE ROSA richiama e prende in giro i codici utilizzati dai sistemi di difesa negli Stati Uniti, che segnalano minacce terroristiche. Mentre i codici colorati d’allerta di Bush si basano sulla paura, il Codice Rosa d’allerta si basa sulla tenerezza e la com-passione (patire con) e chiama tutti, uomini e donne, ad “andare in Pace (invece che andare in guerra)”.
In poco tempo il movimento si è diffuso in tutto il mondo e ad oggi conta decine di gruppi sparsi per il pianeta, colorati, allegri, creativi, femminili. L’appello che hanno lanciato, è stato scritto insieme ad alcune donne irachene che fanno parte dell’Organizzazione per la Libertà delle Donne in Iraq e del Movimento delle Donne che vivono sotto la Legge Islamica. Unite, queste donne chiedono a tutti, donne e uomini, di firmare il loro appello, reperibile sul sito http://www.womensaynotowar.org, che chiede la fine delle ostilità. L’appello e le firme verranno poi consegnati proprio l’8 marzo alle ambasciate statunitensi in tutto il mondo, proprio per chiedere il ritiro degli eserciti dal suolo iracheno.
Partendo dalla fiducia nella potenzialità femminile di gestire i conflitti in modi alternativi a quello delle bombe ci piace pensare che, anche attraverso l’allegria e lo humor, si possa trovare una soluzione diversa e si possa instaurare un dialogo migliore e sicuramente più proficuo.
Appello delle Donne per la Pace
Noi, donne staunitensi, irachene e del mondo intero, non possiamo piú sopportare questa insulsa Guerra in Iraq e i crudeli attacchi ai civili che si compiono intorno al mondo. Abbiamo già sepolto troppi cari. Abbiamo giá visto troppe esistenze dilaniate da ferite fisiche e psicologiche. Abbiamo assistito con orrore all'utilizzo smisurato delle nostre preziose risorse per scopi militari, mentre quelle destinate ai bisogni delle nostre famiglie, come la protezione, l'educazione, il cibo e la salute, restano inadeguate. Non possiamo piú sopportare di vivere in costante paura e violenza, osservando il crescere di questo cancro di odio e intolleranza che si infiltra nelle nostre case.
Questo non é il mondo che vogliamo, né per noi, né per i nostri figli. Con il fuoco nei nostri ventri e amore nei nostri cuori, noi donne cresciamo e ci uniamo oltre i confini per chiedere la fine di questo massacro e distruzione.
Abbiamo osservato come l'occupazione straniera dell'Iraq abbia infiammato un movimento armato di contrasto, dando inizio ad una spirale di violenze. Siamo convinte sia giunto il momento di passare da un modello militare ad uno di risoluzione del conflitto, che rispetti i seguenti principi:
* Il ritiro immediato delle truppe e dei combattenti stranieri dall'Iraq,
* negoziazioni per reintegrare gli iracheni privati dei loro diritti civili, nel pieno rispetto della società irachena,
* una completa partecipazione delle donne durante il processo di pace e un accordo sul pieno rispetto delle pari opportunità nel dopo guerra iracheno,
* un accordo di rinuncia di insediamento di basi militari straniere in Iraq,
* pieno controllo e gestione irachena in materia di petrolio ed altre risorse,
* abrogazione delle leggi di privatizzazione e liberalizzazione imposte sotto occupazione, permettendo al legittimo governo iracheno di impiantare la propria strategia economica,
* una ricostruzione massiccia che accordi la priorità agli appaltatori iracheni, e basata sulle risorse finanziarie dei paesi responsabili dell'invasione ed occupazione dell'Iraq,
* la composizione di una forza internazionale temporanea di peacekeeping, concretamente multilaterale e con l'esclusione delle truppe provenienti dai paesi che hanno partecipato all'occupazione.
Per incrementare questo processo di pace stiamo creando un massiccio movimento di donne attraverso le generazioni, le razze, le etnie, le religioni, le frontiere e le ideologie politiche. Insieme faremo pressione sui nostri governi, sulle Nazioni Unite, sulla Lega Araba, sui Vincitori del Premio Nobel per la Pace, sui capi religiosi e di altre comunità internazionali, per aiutare a negoziare un forte insediamento politico. In questa epoca di fondamentalismi divergenti, richiamiamo i leader mondiali ad unirsi a noi nella diffusione dei valori fondamentali di amore per la famiglia umana e per il nostro prezioso pianeta.
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