Eichmann: "Non ho fatto che obbedire. Ho fatto solo il mio dovere"
Nel 1961 si tenne a Gerusalemme il processo a A.Eichmann, uno dei gerarchi nazisti più coinvolti nello setriminio degli ebrei, in quanto responsabile del trasporto e deportazione degli stessi. Ai giudici che lo interrogavano sulle sue responsabilità, non cessò mai di ripetere: "Non ho fatto che obbedire. Ho fatto solo il mio dovere". Ripeteva che non si sentiva colpevole nel senso dell'accusa, ossia di essere un assassino, in quanto si sentiva semplicemente una rotella in una macchina burocratica funzionante a dovere. Potè quindi dichiarare: "Non ho mai ammazzato un ebreo, né del resto un non-ebreo; non ho mai ammazzato un essere umano".
Ribadì che quanto il nazismo compì in quegli anni era sotto il segno della legalità e che nessuno all'epoca si sarebbe posto i problemi che il processo affrontava vent'anni dopo. I giudici non gli credettero e lo sottoposero a visita psichiatrica per poi dover ammettere che era sano e normale. Non solo, uno degli psichiatri esclamò: "Più normale di quello che sono io, dopo averlo visitato".
(...)
E' quello che H. Arendt dovette definire come "banalità del male": la capacità degli individui normali, buoni, tranquilli, di rinunciare alla loro umanità nel momento in cui vengono incorporati in più vaste strutture istituzionali. Come ha scritto S.Milgram "lealtà, disciplina e autosacrificio, cioè alcune delle virtù più apprezzate in un individuo, sono altrettante caratteristiche che rendono possibile l'esistenza di organizzazioni e di meccanismi di distruzione e di sterminio poiché legano gli uomini a degli ignobili sistemi di autorità". (...)
Già Goebbels nel 1943 aveva dichiarato: "Passeremo alla storia come i più grandi statisti di tutti i tempi, o come i più grandi criminali".
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