Angola, la vera partita la si gioca contro il colera
Sette litri di acqua al giorno, per bere, cucinare e lavarsi. Cosi’ da oltre 20 anni si vive nelle mousseques della capitale angolana: 300 cisterne di privati trasportano quotidianamente 5 milioni di litri dai fiumi Bengo e Kwanza sino alle porte di Luanda. Un business incontrollato e redditizio, visto che solo 500.000 degli oltre cinque milioni di luandesi vive in case raggiunte dall’acquedotto pubblico gestito dall’Empresa Publica de Agua, Epal, o dalle sette cisterne dell’Elisal, la società incaricata della clorazione dell’acqua pubblica. Una cronica mancanza che, unita al sovraffollamento e alle precarie condizioni igieniche ha favorito l’esplosione di un’epidemia di colera a metà febbraio 2006.
Al tre giugno, dopo 1600 morti e oltre 42.000 casi di contagio, la curva dell’epidemia pare essersi assestata. Ma, ricordano nel Murky waters, why the colera epidemic in Luanda was a disaster waiting to happend i Medici Senza Frontiere, primo tra gli organismi internazionali ad inviare aiuti e personale <
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E acquistare l´acqua da una cisterna non e´ una garanzia. Da test effettuati da MSF in uno dei sette punti di raccolta, lungo il fiume Bengo, solo il 10% delle cisterne private in uscita trasporta acqua disinfettata. Il tempo e´ denaro, e la disinfezione presenta dei costi, in ore e materiali. Ma il numero crescente dei morti e le polemiche internazionali hanno di recente contribuito a modificare l’atteggiamento del governo angolano nei confronti dell’epidemia, e del business dell’acqua. A fine aprile l’esecutivo ha attivato un Comitato di Emergenza e il Parlamento angolano ha stanziato 5 milioni di dollari. E, a fine maggio le stesse Forze Armate Angolane, FAA, sono state coinvolte nella lotta al vibrio colerae. Nella speranza che adesso, a quattro anni dal termine della guerra, le milizie si distinguano nella distribuzione di acqua, nella raccolta di rifiuti,nel trasporto di medicinali.
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