E il contro-vertice boicotta
i è aperto ieri, a sola mezz'ora di traghetto dalla blindatissima Singapore, ma su suolo indonesiano, il forum internazionale dei popoli contro la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale. Quella dell'isola indonesiana antistante Singapore, dove martedì e mercoledì prossimi si svolgerà il Summit annuale delle due istituzioni finanziarie internazionali, è stata una necessità più che una scelta, sebbene alla fine si sia rivelata un successo senza precedenti e con importanti implicazioni politiche. Prima di tutto perché i movimenti indonesiani sono riusciti a convincere il proprio governo ad andare contro la polizia locale che ancora pochi giorni fa aveva negato il permesso per il Forum ed è tuttora legata a gruppi dell'estrema destra e sotto pressione da parte del governo di Singapore. Ma allo stesso tempo, il forum di Batam è una vittoria per i movimenti globali, che hanno messo in scacco la Banca e il Fondo già prima dell'inizio del loro summit.
Il contro-vertice inizia con l'annuncio di Lidy Napcil, leader di Jubilee South, del boicottaggio senza precedenti di tutte le attività congiunte con Banca e Fondo da parte della società civile globale, in solidarietà con le decine di attivisti tenuti fuori da Singapore. Per Walden Bello, direttore di Focus on the Global South, sono solo lacrime di coccodrillo le critiche della Banca e del Fondo espresse alle autorità di Singapore. «Avevamo detto per tempo che Singapore era il luogo sbagliato per gli incontri annuali e non ci hanno ascoltato. Che altro aspettarsi da due istituzioni che rimangono poco democratiche e molto autoritarie con i Paesi del Sud?». Bello ricorda il sostegno politico e finanziario dato in passato dalla Banca a regimi autoritari, da Marcos e Suharto, solo per rimanere in Asia e in Paesi ben noti al Presidente della Banca Paul Wolfowitz, ex-ambasciatore Usa a Giakarta.
Quindi la prima giornata del Forum è dedicata a una lettura tutta indonesiana della lotta alla Banca e al Fondo. Ovviamente al centro dell'attenzione l'enorme debito che il Paese continua a pagare, con la conseguente perdita di fondi cruciali per assicurare i servizi essenziali e il raggiungimento degli obiettivi di lotta alla povertà. Per Chris Wangkay di Infid, Ong indonesiana, è necessario esplorare il legame tra debito e disastri naturali, come il recente tsunami che ha devastato la regione di Banda Aceh. «Gran parte dei prestiti dei donatori non sono arrivati agli sfollati e dopo tanto parlare non c'è stata nessuna cancellazione del debito». Al forum è nutrita anche la presenza di sindacalisti e lavoratori di Batam. Un segnale lampante della difficile situazione sull'isola, terreno di conquista per gli investitori singaporeani, che però oggi si spostano in Cina, spingendo le autorità di Giakarta a prefigurare la possibilità di far diventare Batam una ennesima zona di libero scambio senza regole pur di avere nuovi investimenti. Quello da sempre voluto dalle autorità di Singapore, ben noto paradiso fiscale.
Fuori l'Asrama Center, dove si svolge il contro-vertice, in mattinata tiene banco la contestazione nei confronti delle Ong da parte di uno sparuto gruppo di dimostranti, probabilmente mossi da Singapore. Intanto in tarda serata il Forum respinge al mittente la goffa offerta del governo singaporeano di far entrare alcuni di quelli messi al bando. Troppo tardi, la società civile è unita a Batam e discute già di alternative globali alla Banca e al Fondo.
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