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Dialogo cristiano-islamico

Costringere alla conversione è contro ragione e contro Dio? Un commento sul discorso del papa a Regensburg e sulle reazioni islamiche

Il tema del papa non era l'islam e la violenza, come un'informazione eccitata ha fatto sembrare, ma il rapporto tra fede e ragione, tema caro anche all'islam. Però, toccando di passaggio alcuni riferimenti delicati, il papa doveva citare anche le responsabilità cristiane.
18 settembre 2006

Dialogo cristiano-islamico
Costringere alla conversione è contro ragione e contro Dio?

Un commento sul discorso del papa a Regensburg e sulle reazioni islamiche
(pubblicato su L’Adige, quotidiano di Trento, 17-09-06, col titolo “Il papa sull’islam. Parole, equivoci”)

Ho letto dal sito del Vaticano (www.vatican.va) il testo ufficiale completo dei due discorsi di Benedetto XVI in Germania, a Monaco e a Regensburg (Ratisbona), e da vari siti giornalistici le reazioni islamiche di protesta, fino a ieri 15 settembre. Ho copiato alcune di queste e le parti più discusse dei due discorsi papali, che ho in computer, disponibili.
Nel discorso di Monaco il papa afferma il bisogno e l'importanza di Dio per l'uomo e per le civiltà umane. Sarà poi da vedere quale concezione di Dio. E su questo ogni ricerca e riflessione è preziosa. Il papa naturalmente propone l'immagine di Dio come padre, che ci ha dato Gesù.
Il papa osserva che i popoli dell'Africa e dell'Asia «si spaventano di fronte ad un tipo di ragione che esclude totalmente Dio dalla visione dell'uomo», e tale sarebbe la civiltà europea e occidentale.
Credo che i musulmani possano condividere questo preoccupato giudizio, perché in fondo è la loro stessa dura critica alla nostra civiltà. Poi ci sarà da riflettere sulla laicità dello stato come casa comune di tutti, qualunque sia la concezione personale dell'esistenza, ma lo spunto rimane utile alla riflessione, perché “Dio”, comunque sia pensato, evoca tutto ciò che l'umanità sente e cerca come “ulteriore”, più vero, più vivo, e accende comunque, che si creda o no in un Dio personale e vivente, l'interrogativo che stimola la vita umana a guardare e cercare i valori, più avanti dei fatti.
Nel discorso di Regensburg (un'ampia lezione accademica, nell'Università), il tema non è l'islam e la violenza, come è sembrato dalle notizie di stampa.
Il tema del papa è il rapporto tra fede e ragione; l'analogia, nella differenza, tra Dio e l'uomo; il nesso tra religione e civiltà (come nel discorso di Monaco); la scientificità moderna, col suo valore; la necessità di «allargare l'illuminismo».
Un'ampia parte del discorso tratta problematicamente la ellenizzazione e de-ellenizzazione del critianesimo.
Il papa definisce la teologia «interrogativo sulla ragione della fede», e dice che essa «deve avere il suo posto nell'Università e nel vasto dialogo delle scienze» perché è importante al fine del «dialogo tra culture e religioni di cui c'è oggi urgente bisogno».
Il riferimento all'islam è solo in un passaggio iniziale, nel quale il papa cita uno studioso che ha pubblicato un antico dialogo tra un persiano e l'imperatore bizantino cristiano Manuele II Paleologo. Nel testo di questo dialogo, osserva il papa, sono più sviluppate le argomentazioni dell'imperatore, perché fu lui che lo redasse. I due interlocutori discutono sul Corano, che afferma che la fede non sopporta costrizione, ma, in una sura successiva (implicitamente il papa sembra alludere al principio coranico per cui la rivelazione successiva abroga la precedente), convalida la diffusione dell'islam con la guerra di conquista. Ciò che importa, nel discorso del papa, è raccogliere l'argomento di Manuele II che costringere alla fede è contro ragione e che «non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio» (frase che il papa sottolinea e riprende al termine della lezione).
Egli osserva che nell'islam c'è una concezione di Dio, analoga al volontarismo comparso anche nella tradizione cristiana (Duns Scoto), talmente libero e trascendente da poter agire anche contro ragione, contro verità, e contro la propria parola. Mi pare evidente che la discussione intrapresa dal papa è diretta sul problema teologico (concezione di Dio; rapporto fede-ragione) e solo indirettamente sul rapporto tra religione islamica e violenza, tema oggi scottante e usato politicamente.
Le reazioni islamiche, per centrare l'oggetto della discussione, dovrebbero considerare meglio il senso preciso di queste riflessioni del papa in Germania, ed essere più caute nei toni (che in qualche particolare espressione riferita dalle agenzie sfiorano generiche minacce verbali).
Bisogna anche osservare quanto facilmente le sintesi giornalistiche immediate, centrate sugli aspetti più eccitanti, non aiutano sempre a capire bene le posizioni. Tutto si può discutere, evidentemente, ma dopo aver capito bene, grazie ad una informazione precisa.
Però il papa, sapendo di toccare anche un nervo sensibile, avrebbe dovuto precisare, in questo brano del discorso, anche solo con un cenno, che, nell'islam autentico, il senso di jihad è anzitutto l'impegno spirituale, la lotta interiore con se stessi, e solo in second'ordine la guerra, peraltro concepita non molto diversamente dalla teoria tradizionale nel cristianesimo della "guerra giusta" (teoria oggi largamente, non totalmente, rinnegata dai cristiani).
Quanto alla diffusione della religione islamica con la spada e la conquista, ogni volta che un cristiano fa cenno a questo, dovrebbe ricordare quanto spesso e duramente nella storia i cristiani hanno fatto la stessa cosa. Giovanni Paolo II chiese perdono ai musulmani per le crociate. Conquista dell'America e missioni al seguito delle conquiste coloniali sono fatti molto pesanti sulla coscienza cristiana.
D'altra parte, nel riferire il giudizio di Manuele II Paleologo, il papa dice che quell’imperatore usa «un modo sorprendentemente brusco che ci stupisce», e lo definisce «pesante».
Ciò che importa al papa, nella lezione all’Università di Regensburg, è questo: «L'affermazione decisiva in questa argomentazione contro la conversione mediante la violenza è: non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio».
A conclusione di questa parte del discorso, egli dice: «A questo punto si apre, nella comprensione di Dio e quindi nella realizzazione concreta della religione, un dilemma che oggi ci sfida in modo molto diretto. La convinzione che agire contro la ragione sia in contraddizione con la natura di Dio, è soltanto un pensiero greco o vale sempre e per se stesso?».
Questo è il tema centrale di tutto il resto della lezione accademica di Ratzinger, che merita riflessione e pacifico confronto da parte di tutti i credenti, sia cristiani sia musulmani, entro il loro dialogo attento e rispettoso, oggi essenziale per la pace nel mondo.
Enrico Peyretti, 16 settembre 2006

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