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Guerra al terrore

Usa, da Ginevra al sì alla tortura

Nuove leggi In un pugno di anni, cambiati a fondo (e in peggio) gli strumenti legali nel conflitto con i «terroristi»
28 ottobre 2006
Roberto Zanini
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Nell'agosto del 2002, l'attorney general degli Stati uniti, Alberto Gonzales, consegnava il suo secondo rapporto sulla tortura - il primo l'aveva finito qualche mese prima, in febbraio. Il testo definiva tortura ciò che «pregiudica irrimediabilmente l'integrità fisica dei prigionieri». Nel pieno della cosiddetta guerra al terrorismo, a meno di un anno dall'attentato alle Torri gemelle, si apriva il primo spiraglio giuridico all'uso della violenza come strumento legittimo nel combattere il solo nemico della sola superpotenza rimasta. E' tortura solo la violenza estrema sui prigionieri, come un ago rovente in un occhio. I «robusti metodi di interrogatorio» - espressione usata dal vicepresidente Cheney nella sua ultima intervista - di conseguenza non lo sono. In qualche modo la modificazione genetica della democrazia di riferimento del pianeta, gli Stati uniti, era cominciata.
Da allora la disinvoltura nelle pratiche di lotta al terrore ha fatto passi da gigante. Gli Stati uniti di oggi non sono già più, sotto il profilo delle norme, gli stessi di cinque anni fa. Perché il conflitto del Ventunesimo secolo - è il mantra per giustificare ogni cambiamento - non va combattuto con le regole del Ventesimo.
La virata è cominciata subito dopo l'11 settembre. Il Patriot Act rese di fatto legale, tra l'altro, lo spionaggio interno su larga scala (milioni di telefonata e di e-mail intercettate). Poi l'amministrazione Bush istituì i tribunali speciali antiterrorismo, corti formate da giudici militari che operano fuori dal territorio americano. La Corte suprema sollevò eccezioni e l'amministrazione promosse e fece approvare il Military commission act, firmato da Bush la settimana scorsa, che regolamenta le condizioni di detenzione e di processo dei «nemici combattenti». E' il principale strumento legale della guerra al terrorismo, ha sollevato un mare di critiche ma ha messo un argine a un fenomeno imbarazzante: personale militare e di intelligence stava stipulando costose assicurazioni private contro il rischio di poter essere, in futuro, arrestato per crimini di guerra.
Nel dicembre del 2005, intanto, era arrivato il Detainee treatment act che vieta ai detenuti di ricorrere contro la propria incarcerazione e concede al presidente il potere di trattenere i nemici combattenti, in sostanza, fino alla fine della guerra al terrorismo - che non sembra propriamente dietro l'angolo. E nel marzo del 2006 un tribunale speciale, in un caso contro uno yemenita detenuto a Guantanamo, per la prima volta dichiara ammissibili «prove» ottenute con la tortura.
C'è anche per la Convenzione di Ginevra. Il termine «oltraggio alla dignità umana» contenuto nella Convenzione, ha detto Bush, è «troppo vago». E il consigliere legale del dipartimento di stato americano, John Bellinger, in un lungo intervento pubblicato anche sul sito dell'ambasciata Usa in Italia ha riscritto i termini dell'adesione americana ai principi di Ginevra esortando la comunità internazionale a «valutare se la Convenzione è appropriata per gestire il conflitto con terroristi internazionali che operano su scala globale». Un'altra norma che ha le ore contate.

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