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39 Marcia per la Pace di fine anno organizzata da Pax Christi, Caritas Italiana e CEI

Ora bisogna volare alto marciatori di Pace. Sognare e osare

Non lasciamoci intimorire e gelare le ali dallo squallore dei costruttori di guerra, dai seminatori di odio e di morte. Voliamo alti.
4 gennaio 2007

Nel 1257 Norcia e Cascia, cittadine umbre non distanti l'una dall'altra erano impegnati in una cruentissima guerra. Era allora Papa Sisto IV. Il sommo pontefice cattolico decise di intervenire e sollevò alta la sua voce perché il conflitto avesse fine. Le due cittadine si fermarono. Firmata la pace decisero di suggellarla erigendo due chiese. A Norcia fu costruita una chiesa alla Madonna di Cascia e a Cascia alla Madonna di Norcia. Con questo episodio storico, rievocato dal vescovo della diocesi ospite mons. Fontana, è iniziato il pomeriggio della Marcia per la Pace di fine anno. La Marcia, giunta alla trentanovesima edizione, si è quest'anno svolta a Norcia, sulle orme del monachesimo e di San Benedetto.

IL RACCONTO DELLA MATTINATA E LE SUE PROVOCAZIONI

La mattinata, iniziata con una suggestiva preghiera ecumenica in una delle tante chiesette della cittadina, è stata dedicata al convegno sulla Populorum Progressio nel Teatro di Norcia. A partire dall'enciclica di Paolo VI e dall'esperienza benedettina ci si è interrogati sulle prospettive dell'ecologia umana e della Pace. Il tema della giornata, ispirata al messaggio per la Giornata per la Pace di Benedetto XVI era La persona umana, cuore della Pace. I vari relatori hanno posto l'accento sulla necessità di risorse per tutti gli abitanti del Pianeta, a partire dall'acqua che sta diventando la causa scatenante di guerre e conflitti. Oggi sul Pianeta Terra sono disponibili risorse in eccesso rispetto alle necessità umane ma l'egoismo di pochi fa si che addirittura moltissimi non possano averne accesso. Grande accento è stato posto sui comportamenti individuali quotidiani e sulla necessità, per i giovani ma non solo, di volare alto, di chiedere alla politica coerenti politiche di Pace e di rimettere il bene della Polis al centro dell'agire politico. Tante, troppe volte vediamo i nostri governanti pensare solo ad interessi particolari e personali tralasciando il cuore dell'agire politico, cioè la polis, la collettività. Bisogna fare pressione su di loro, intervenire perché invece l'ecologia e la Pace tornino, siano anzi finalmente in maniera coerente e non solo populista, il motore della Politica. Ma perché questo avvenga c'è bisogno del contributo di tutti, a partire dal migliaio di persone che è convenuto a Norcia per la Marcia. Personalmente il convegno della mattina mi ha lasciato dentro, chiedo scusa ai lettori se mi lascio andare a suggestioni personali, una certa inquietitudine. Non vuole la mia essere un'accusa o una critica agli organizzatori(anzi straordinari come tutti gli anni) ma solo una piccola confessione personale. I temi trattati e rielaborati sono sicuramente importanti ed interessanti. Le cifre della sperequazione mondiale sono alla portata di tutti, ma è sempre meglio rinfrescare le cervici più distratte. Ancora più importante il richiamo alla società civile, ai giovani e al loro impegno. Ma è sufficiente tutto questo? Soprattutto i metodi finora adoperati sono quelli giusti? Bastano le petizioni, le raccolte firme, la diffusione di informazioni? Signori, sono anni che ci ripetiamo le stesse cose e proseguiamo sugli stessi sentieri, basta o dobbiamo osare di più? Sinceramente non mi sono dato una risposta compiuta a questi interrogativi e li ripetevo nella mia mente mentre, nell'attesa della Marcia, passeggiavo per i dolci colli umbri. E mi sono sentito dentro un'insoddisfazione profonda. La mattina, tra i vari temi, era stato sollevato quello dell'etica della responsabilità: l'ecologia come strada per rispettare la propria responsabilità nei confronti dell'umanità, del creato e delle generazioni future. Raoul Follereau, nel pieno della follia della seconda guerra mondiale, interpellò personalmente tutti i grandi della Terra. Ad ognuno di loro scrisse, mentre le fabbriche di morte erano a pieno regime, di non costruire più armi e di dare a lui una piccolissima parte dei soldi non investiti. Avrebbe sconfitto la lebbra nel mondo. Prima di morire scrisse che lasciava la sua eredità ai giovani, ai giovani di tutto il mondo. A loro il compito di volare alto, di proseguire nel suo sogno di Pace, di non arrendersi e di non fermarsi mai. Il testamento di Raoul Follereau non è mai caduto in prescrizione e ancora oggi coinvolge i giovani, tutti i giovani di tutte le nazioni. Quindi anche i partecipanti alla Marcia di Norcia. Giovani che non sono giunti nella cittadina umbra per una scampagnata di fine anno ma perché interrogati, provocati da una responsabilità che sentono loro. La responsabilità tutti insieme di costruire il mosaico della Pace e della convivenza umana, un futuro ecologicamente sostenibile e auspicabile.

LE GUERRE DI OGGI E LE RESPONSABILITÀ DELL'OCCIDENTE

Il pomeriggio, dopo la visita ai mulini di Norcia(dove il vescovo ha rievocato l'episodio storico di cui abbiamo parlato sopra) si è svolto principalmente nella Palestra Nuova della cittadina. Accompagnati dalle canzoni del bravissimo Michele Paolicelli, che ha messo in musica episodi della vita e del messaggio di San Benedetto, e da alcune esperienze significative ci si è immersi nelle guerre e nei conflitti di oggi. Guerre che appaiono lontane ma che invece sono alle nostre porte, vedono coinvolto anche il nostro ricco, indifferente e opulento Occidente. Le guerre nel Corno d'Africa o in Asia hanno responsabili che siedono nelle grandi assise internazionali e passeggiano per i nostri Stati. In Italia attualmente vi sono 90 testate nucleari(ricordiamoci questo dato quando si parla di asse del male e di pericolo atomico imminente), il nostro Paese attualmente è il secondo al mondo per produzione ed esportazione di armi leggere, l'85% della produzione totale mondiale di armi avviene nei 5 Paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Le guerre non vengono solo preparate e lucrate nel nostro villaggio di privilegiati globali ma anche vissute. Vivono sulle carni di coloro che oggi giorno lottano contro la precarietà, contro il lavoro nero, contro la mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro. I dati annuali sugli infortuni e sulle morti sul lavoro sono una strage, un silenzioso genocidio personale. Drammi che spesso coinvolgono i migranti che giungono sulle nostre coste dopo travagliatissimi viaggi. Etichettati da una legge e da un razzismo disumani come clandestini vengono considerati non-uomini, rifiuti della società. Sono costretti alla precarietà, alla sommersione sociale, a non avere diritti e a vivere ai margini delle nostre periferie. Dove sono vittime della violenza istituzionale e della violenza fisica, costretti a fuggire a causa della paura e dell'insicurezza. L'abbiamo visto nelle scorse settimane scorrendo le cronache. A Milano un campo nomadi è stato dato alle fiamme, dopo una violenta campagna d'odio da parte di politici cittadini. Nessuna indignazione, nessuna espressione di solidarietà, nessuna voce si è levata. I nomadi sono sporchi, sono imgombranti, disturbano la gente perbenista e benpensante dei nostri salotti ingioiellati. Via Adda non si cancella e anni dopo siamo allo stesso punto. Ricordate? Dopo le proteste razziste e xenofobe gli abitanti di uno stabile nella via milanese sono stati letteralmente deportati dalla forza pubblica, costretti a scappare affranti e piangenti. E la cosiddetta "strage di Erba"? La campagna di mistificazione cominciata a poche ore dalla tragedia e mai finita? Non ci si è soddisfatti dell'assoluta innocenza del marito tunisino. Tutt'ora i mass media continuano a scavare nel passato dell'uomo, cercando a tutti i costi il torbido. E' lui il colpevole e non se non è lui comunque lo è. Il tribunale mass mediatico ha deciso. Le edicole sono piene di riviste e rotocalchi patinati pornografici o pieni di indiscrezioni su veline, attricette, cantanti o presunti tali, attori e attricette. Riempiono le cronache mentre migliaia di persone non sanno se vedranno la sera, perché potrebbero morire cadendo da un cantiere o nel freddo di una stazione. Da settimane i telegiornali sono pieni di albergatori che si lamentano perché il mancato arrivo della neve e del freddo stanno tenendo alla larga gli sciatori. Qualcuno si è interrogato, ha chiamato in causa, i senzatetto, coloro che grazie al clima mite hanno avuto maggiori possibilità di sopravvivenza?
Le guerre avvengono quotidianamente nelle nostre case, nelle statistiche tragiche degli stupri in famiglia, delle famiglie che vanno in rovina per il mancato dialogo. Famiglie che non sono più tali, teatro di conflitti intergenerazionali e tra i coniugi. Violenze assurde e disumane che si consumano tra le mura domestiche, non più calde e accoglienti come dovrebbero. Botte, odi, incomprensioni che minano le persone e i loro rapporti. Giorni che trascorrono in trincea, come fosse una guerra, una guerra totale, disumanizzante. Ci sarà un motivo se il nostro opulento e ricco Occidente, ma a quanto pare sempre più disperato, vede un numero ogni giorno maggiore dei suoi abitanti vittime della depressione. Svegliamoci, il nostro mondo è malato! E' malato di mancanza di dialogo, è malato di violenza, è malato di odio e di egoismo. Siamo tutti malati, malati di guerra, di una guerra che ci lacera le carni e ci inquina l'animo.

IL SOGNO FINALE, IL SOGNO DI TUTTI, IL SOGNO DELL'AMORE E DELLA PACE

Ma alla fine di questo lunghissimo, chiedo scusa ancora una volta a chi avrà il coraggio di giungere fino alla fine, articolo lasciatemi sognare. Lasciatemi sognare come il nostro don Tonino Bello che resta poco della notte, come Raoul Follereau che i giovani di tutto il mondo possono raccogliere la sfida globale della Pace, come Gianni Rodari che un giorno i popoli della terra dichiareranno guerra alla guerra, come Martin Luther King che sorgerà l'alba della giustizia e della fratellanza. Non fermiamoci, non poniamo lacci al nostro cuore. Osiamo, voliamo alti, sempre più alti. Non lasciamoci intimorire e gelare le ali dallo squallore dei costruttori di guerra, dai seminatori di odio e di morte. Voliamo alti. Non fermiamoci dopo la breve marcia di Norcia, continuiamola e portiamola avanti. Continuiamo a marciare nel nostro quotidiano, nelle nostre case, nelle nostre città. Le tragedie, i drammi dell'oggi ci siano pugni nello stomaco e non ci lascino dormire, non ci lascino quieti il giorno e dormire la notte. E' un compito difficile, difficile ma esaltante. Ci saranno giorni di buio, giorni difficili. Ma non siamo soli, non possiamo esserlo. A Norcia eravamo in tantissimi e molti altri affollano ogni giorno le marce, le arene e le manifestazioni per la Pace. Sosteniamoci a vicenda, camminiamo e marciamo insieme. Senza spaventarci, senza lasciarci intimorire. Ci saranno i giorni in cui ci sentiremo fragili e solitari. Alexander Langer, il buono e giusto Alexander, affranto scriveva che arrivano i giorni in cui ci si spinge troppo oltre e si rimane nel deserto. Non fermiamoci costruttori di Pace, non lasciamoci catturare dalle sabbie del deserto. Perché, come afferma dom Helder Camara, non dobbiamo avere paura del buio. Nel buio più fitto le stelle brillano del loro massimo. Quelle stelle trovino nel nostro cuore il firmamento dove brillare, dove brillare della luce della Pace. Duemila anni fa l'Onnipotente si fece umile in un piccolo cucciolo d'uomo. Visse la sofferenza, si chinò sui dolori del suo popolo. Uomo che "ben conosce il patire" ebbe paura ma si affidò al Padre. Rischiò e azzardò ma ebbe ragione. Sul Calvario si può sostare solo tre ore, dopo è sosta vietata perché giunge l'alba della Resurrezione. Quell'alba che oggi noi tutti dobbiamo far rivivere e risplendere. Risplendere dei colori dell'arcobaleno e della Pace. Alziamoci in piedi, marciamo e non fermiamoci più. Giovani di buon cuore possono tanto, possono cambiare il mondo. Possono seminare e costruire la Pace.

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