«La globalizzazione non è il mondo vero», Un teologo della liberazione al social forum
Jon Sobrino è uno dei fondatori della Teologia della liberazione. Vive in Salvador, e in questi giorni si è spostato fino a Nairobi dove, quasi in contemporanea con il Forum sociale mondiale (Wsf), è stato organizzato il Forum mondiale dei teologi della liberazione. Lo incontriamo nella sede dei Carmelitani, che ospita il seminario. Per arrivarci bisogna viaggiare verso l'immensa periferia di Nairobi, con strade via via più dissestate: l'unica cosa che non peggiora sono i megacartelloni pubblicitari. La strada passa da Kibera, una delle più grandi bidonville di Nairobi, una distesa di bassi tetti in lamiera. Poco più in là c'è Karen, il quartiere residenziale «per bianchi», dove vivono uomini d'affari o collaboratori del governo kenyota.
Un contesto giusto per le parole di Jon Sobrino. Lui, gesuita, non è di quei preti che sembrano portare la toga per caso: rivendica con fierezza la sua fede e ritiene molto chiaro che dietro allo spirito del Wsf ci sia l'ispirazione del «Dio della vita». La presenza e l'influenza delle chiese, del resto, sarà una delle cifre caratterizzanti del Wsf di Nairobi.
Di cosa dovrebbe occuparsi un Social forum mondiale che si svolge in Africa?Dobbiamo soffermarci sulla parola «mondiale», dunque mondo. Per me, la più importante che ci sia. Perché mi sembra che oggi la cosa meno conosciuta sia proprio il mondo. Io che sono europeo (è nato nel Paese Basco, ndr) quando vengo in Europa capisco che la gente crede che il mondo sia l'Unione eruopea. Invece il mondo è come Kibera, dove vivono 800mila persone in rifugi miserabili. Se vogliamo restare in Kenya, consideriamo che il 56% della popolazione vive in queste condizioni. Ma possiamo spostarci ad Haiti, o in America Latina, o nella maggior parte dell'Asia... Insomma, la mia speranza è che si parli del mondo: né dell'Europa, né degli Stati uniti, né della globalizzazione, né della democrazia.
Ma perché dice che non si deve parlare di globalizzazione? Non è forse un fattore dei problemi di cui sta parlando?Perché mi interessa il mondo, prima della globalizzazione. La globalizzazione non è altro che il capitalismo nella sua forma attuale. Chiaro che bisogna parlarne, analizzare e criticare, anche perché da criticare c'è parecchio: la globalizzazione come sistema economico produce vincitori e vinti. La parola, d'altronde, inganna: sembra che nella globalizzazione ci guadagni tutto il globo. Il globo poi è la metafora di qualcosa di rotondo, perfetto, bello. Il problema è se il mondo è un globo. E se non lo è - e non lo è - allora non è la parola giusta da usare, anzi è estremamente pericolosa. Per questo dico che mi interessa parlare del mondo reale.
E in questo mondo, ci sono movimenti sociali, persone che resistono?A volte sì, a volte no. Ma quello che dico a chi vive bene è: non chiedete ai poveri di essere eroi. Nel mondo degli oppressi succedono ovviamente tante cose: ci sono progetti, cambiamenti, grazie anche alle persone che li aiutano. Lo faccio anch'io, per quello che posso, in Salvador e questo mi rende molto felice. Ma quello che tengo a dire è che nessuna di queste persone deve chiedere perdono al mondo per quello che sta succedendo.
Qual è il ruolo, oggi, della teologia della liberazione?Pensare, analizzare, impegnarsi, per liberare gli oppressi. Con la fede in Dio. La teologia della liberazione ha una ricetta? No. Ma sa alcune cose. Come il fatto che da questi poveri si può imparare e ricevere moltissimo.
Incontri come il Wsf servono a qualcosa?E le Nazioni unite sono utili o no? Lo chiedo perché queste sono domande-cliché. E' utile per alcune cose, non per altre. Se chi viene al forum diventa più cosciente, più lucido, più impegnato, lavorerà meglio per cambiare le cose quando torna al suo paese. Non credo che il Wsf sia chissà quale nemico della Banca mondiale o del Wto. Ma se può generare luce, visione, allora sarà utile. E se non è il social forum, è uguale, ognuno lo faccia alla sua maniera. Io, come credente, ho una grande speranza in Dio, ho la grande convinzione che c'è il Dio della vita che anima tutto questo. Un Dio che non impone la sua fede, assolutamente. Però dà un animo, un'intuizione, una generosità, che dice: bisogna pensare alla povertà e non alla ricchezza. E questo è ciò che hanno detto tanti grandi: da Gesù di Nazareth a vescovi come monsignor Romero, cui io sono stato molto vicino e che non sapeva nulla del Wsf... E' una forma, sempre la stessa, e io spero che continui.
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