Sete di giustizia. In memoria di Rachel Corrie
Il 16 marzo del 2003 a Rafah, nella striscia di Gaza, moriva Rachel Corrie, giovane attivista statunitense uccisa da un bulldozer israeliano mentre cercava di impedire la demolizione di un'abitazione palestinese. Rachel aveva 23 anni ed era una studentessa dell'università di Olympia.
Nel 2003 Rachel si era unita all’International Solidarity Movement, andando in Palestina. Agli amici americani descriveva, nelle sue e-mail, la situazione drammatica del popolo palestinese "nessuna lettura, conferenza, documentario o passaparola avrebbe potuto prepararmi alla realtà della situazione che ho trovato qui" scriveva. (7 febbraio 2003). Il 15 marzo Rachel si trovava a Rafah, con altri amici attivisti, per opporsi alla demolizione di una casa palestinese, ma il bulldozer, pur avendola vista, decise di proseguire lo stesso, finendo per schiacciarla. I suoi compagni cercarono di fermare la ruspa e di soccorrerla, ma non ci fu niente da fare. Rachel morì poco dopo. L'uccisione brutale di una ragazza che si oppose in maniera pacifica ad un'ingiustizia ("armata" di un megafono!) fece il giro del mondo.
Leggendo le sue e-mail si nota non solo la sua grande sensibilità verso i problemi di un altro popolo, la lucida analisi della situazione locale e globale unita ad uno straordinario senso di responsabilità verso gli altri, ma anche la testimonianza diretta di un'umanità che resiste all'ingiustizia provando ad incrinare, almeno in parte, il meccanismo perverso della violenza. Parlando della gente palestinese che ha conosciuto, Rachel scriveva: "mi lascia stupefatta la forza che dimostrano riuscendo a difendere in così grande misura la loro umanità - le risate, la generosità, il tempo per la famiglia - contro l'incredibile orrore che irrompe nelle loro vite e contro la presenza costante della morte. (...) In passato ho scritto tanto sulla delusione di scoprire, in qualche misura direttamente, di quanta malignità siamo ancora capaci. Ma è giusto aggiungere, almeno di sfuggita, che sto anche scoprendo una forza straordinaria e una straordinaria capacità elementare dell'essere umano di mantenersi umano anche nelle circostanze più terribili - anche di questo non avevo mai fatto esperienza in modo così forte. Credo che la parola giusta sia dignità." (28 febbraio 2003, lettera alla madre)
In questi tempi di confusione sulle missioni di pace fatte con le armi, in quanti sapranno apprezzare l'opposizione veramente pacifica di questa giovane studentessa? In quanti saranno ancora in grado di indignarsi di fronte ad una simile barbarie? E in quanti continueranno a chiudere gli occhi e a far finta di niente?
Se le persone continuano a vivere attraverso le loro idee, i loro gesti e le loro parole, Rachel sicuramente continua a vivere in mezzo a noi. Con la sua umanità e la sua infinita sete di giustizia.
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