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La poesia alle origini del dissenso in URSS (1958-65)

I ragazzi di piazza Majakovskij

Una mostra a Taranto (10-20/11/03) ricostruisce la storia dei "ragazzi di Piazza Majakovskij", un gruppo di giovani non conformisti all'origine del fenomeno del dissenso.
30 ottobre 2003
majakovskij@falanto.it

Ideata da "Russia Cristiana" e da "Memorial" (l'associazione fondata da Sacharov) rappresenta un'occasione unica per comprendere la testimonianza storica, di vita e di martirio accaduta dal '56 fino agli anni '80, dai primi dissidenti, poeti e letterati, fino agli amici del movimento, padre Dudko e padre Men.

Un documento straordinario con molte immagini e testi di laici e credenti sulla vita, cultura e testimonianza cristiana. Molte persone si unirono a partire a partire dalla semplice lettura di poesie, dalla stampa clandestina di fogli con pensieri e riflessioni chiamate Samizdat, nella scoperta che il Potere non poteva definire la persona.

Il vero '68 dell'Europa, soprattutto le tracce di quella vita da cui venne scritta a tutti noi la 'Lettera ai Cristiani d'Occidente' di J. Zverina.La mostra ricostruisce la storia dei "ragazzi di Piazza Majakovskij", un gruppo di giovani non conformisti all'origine del fenomeno del dissenso.
Era il 1961, in URSS il disgelo aveva smosso le acque, suscitato speranze, reso evidente la condizione disumana dell'uomo ridotto a ingranaggio del sistema.
Intorno al monumento al poeta Vladimir Majakovskij, inaugurato il 29 luglio 1958 a Mosca, cominciarono a radunarsi dei giovani, a leggere poesie di poeti ufficiali e non. Era il superamento del muro del silenzio.

Un fenomeno paragonabile per certi aspetti al '68 in Occidente, con connotazioni esistenziali profonde, che rilanciavano la domanda umana di significato, di verità, di bellezza, che non aveva - almeno in un primo tempo - risvolti politici, ideologici, ma si espresse innanzitutto in poesia.

La politica sarebbe venuta poi, come una risposta alla domanda: "Se non mi muovo io, chi si farà avanti?".

Al divieto che le autorità posero ben presto, i giovani risposero organizzando riunioni e riviste clandestine, da cui nacque il samizdat, l'"auto-editoria libera". Questa corrente sotterranea di ricerca e ribellione all'ideologia sarebbe sfociata per la prima volta, nel 1965, durante il processo contro i giovani scrittori Sinjavskij e Daniel', in una presa di posizione dell'opinione pubblica contro il totalitarismo: la miccia del dissenso si era accesa.

PRESENTAZIONE

Il 19 luglio 1958 in una delle piazze centrali di Mosca fu inaugurato il monumento a Majakovskij, il grande cantore della rivoluzione e "ribelle", suicidatosi nel 1930, che il regime era riuscito a esorcizzare facendone uno dei miti dell'ideologia sovietica. In qualche modo, questa data segna l'inizio di quel vasto movimento che avrebbe preso il nome di dissenso, di lotta per una rinascita religiosa e culturale del paese e per il rispetto dei fondamentali diritti dell'uomo. Questo inizio tuttavia non ebbe alcuna colorazione politica o ideologica: a dar voce a questo grido di libertà - per la prima volta nella storia dell'Unione Sovietica - a questo inaudito invito alla verità e alla rivolta, a ritrovare la propria individualità, libera e incontenibile, fu un gruppo di ragazzi sui vent'anni che cominciò a ritrovarsi periodicamente presso il monumento per recitare versi non autorizzati dal regime.

Era il periodo in cui iniziava il disgelo chrusceviano, dopo la grande morsa del terrore di Stalin e l'incubo della guerra mondiale. L'URSS aveva retto la prova, superato vittoriosamente il conflitto mondiale, e sembrava incamminata verso le mete radiose del socialismo; eppure proprio la generazione dei giovani degli anni '60, figli dell'esperimento comunista che si era ormai trasformato in una visione del mondo onnicomprensiva, era destinata a scagliare la prima sassata contro il palazzo del potere. Perché? Risponde un protagonista, Jurij Burtin: "Perché la vita è indistruttibile, è più astuta anche dei calcoli all'apparenza più perfetti e lungimiranti. Allevata artificialmente in ambiente sterile, nel laboratorio dei piani quinquennali stalinisti, messa accuratamente al riparo da qualsiasi influenza perniciosa, questa generazione non solo non divenne il sostegno incrollabile del sistema, ma fu la prima a infliggergli dei colpi consistenti e soprattutto cominciò a distruggere la sua leggenda".

E, paradossalmente, la chiave che aprì ai giovani la porta del mondo nuovo, del castello, in cui unicamente, secondo una suggestiva immagine di Vladimir Bukovskij (un altro dei giovani protagonisti di piazza Majakovskij), l'uomo può vivere con dignità di essere libero e responsabile, fu la bellezza: una bellezza che ritrovava una connotazione esistenziale, esperienziale.

Non a caso il Manifesto Umano - gli ingenui versi del ventenne Jurij Galanskov che in quegli anni divennero il grido di battaglia di un'intera generazione - contrapponeva i volti imbrattati dalla vita alla bellezza umana calpestata e crocifissa, che insorge come rombo di tuono, e come la venuta nel mondo di Cristo (Galanskov sarebbe morto in lager nel 1972).

Proprio da questa riscoperta è nata l'idea della mostra curata dalla Fondazione Russia Cristiana in collaborazione con l'Associazione Memorial di Mosca, che ripropone il tema della riscoperta della bellezza nella sua integralità, come manifestazione del vero.

Un episodio abbastanza limitato, se vogliamo: la sfida lanciata da un gruppo di ragazzi al potere, attraverso una serie di incontri e letture pubbliche di testi poetici non autorizzati, attorno al monumento di Majakovskij, il faro, come lo chiamavano (da Majak, l'abbreviazione del nome del poeta, che significa appunto "faro"). E la cosa non era destinata a durare a lungo: dal luglio 1958, quando il monumento venne inaugurato, dopo varie interruzioni e riprese, il fenomeno venne definitivamente liquidato nell'autunno 1961, con l'arresto e la condanna dei principali attivisti. Ma questo gesto era destinato ad avere un valore simbolico, era un archetipo di ciò di cui ha bisogno l'uomo per vivere, come avrebbe detto anni dopo Solzenicyn, e come tale segnò un punto di non ritorno nella coscienza dell'intero paese: il punto d'arrivo dei ragazzi di piazza Majakovskij sarebbe stato il primo processo politico pubblico della Russia sovietica, nel febbraio 1966, contro Sinjavskij e Daniel', accusati di aver pubblicato all'estero le loro opere, nel corso del quale l'opinione pubblica del paese prese posizione a favore degli imputati.

Chi erano questi ventenni? Vladimir Bukovskij, Jurij Galanskov, Aleksandr Ginzburg e poi Vladimir Vysockij, Aleksandr Galic, Iosif Brodskij, e poi ancora Andrej Sinjavskij, Julij Daniel', per citare solo i più famosi: un universo di nomi, di storie, di lotte, di poesie e di canzoni che ha accompagnato milioni di russi da allora fino ad oggi.

In pochi mesi, i ragazzi di piazza Majakovskij inventarono il samizdat. Aleksandr Ginzburg (si è spento a Parigi il 19 luglio scorso), 22 anni, nel '59 mette su la prima rivista non autorizzata dalla censura, Sintaksis, sulla cui copertina figurava il nome del redattore: era un gesto pienamente consapevole, che rifiutava l'anonimato e la clandestinità, una sorta di dichiarazione di indipendenza del processo culturale. Lo capirono anche gli "organi", che nel 1960 lo condannarono a 2 anni di lager.
Vysockij, Okudzava e Galic inventarono invece il magnitizdat, componendo e cantando canzoni che poi venivano diffuse in migliaia di copie su nastri registrati a cura degli ascoltatori stessi. "Per noi non erano affatto da meno di Omero, avrebbe commentato Bukovskij. Ogni loro canzone è l'Odissea, un viaggio per i labirinti dell'anima dell'uomo sovietico".

Altri ancora inventarono le mostre non ufficiali organizzate negli atelier degli artisti, oppure in parchi all'aperto. Poesie, canzoni, pittura: certo, a distanza di quarant'anni è facile constatare che in questa vastissima produzione non tutto reggeva a livello artistico, molte cose ebbero fortuna semplicemente perché avevano il sapore del proibito. Ma la vera bellezza non è da ricercare nei singoli esiti, bensì nel ritrovamento stesso di una statura umana, nel superamento del muro del silenzio, nella certezza che una parola di verità detta, appena sussurrata, possiede vibrazioni capaci di spezzare le prigioni ideologiche dell'onnipotente e onnipresente regime.

Note: REALIZZAZIONE

26 pannelli di foto e testi e cronologia.

A cura della Fondazione Russia Cristiana (Seriate) e dell'Associazione Memorial (Mosca).

L'Associazione Memorial è la prima organizzazione autonoma della Russia post-sovietica; fondata da Andrej Sacharov, mette a disposizione fotografie e documenti di eccezionale interesse, tra cui il fascicolo riguardante la rivista "Sintaksis", sequestrato dal KGB alla fine degli anni '60 e restituito dopo la perestrojka.

La Fondazione Russia Cristiana, dal 1959 opera in Italia per recuperare e far conoscere la storia, la cultura, l'arte e la tradizione religiosa russa attraverso la rivista bimestrale La Nuova Europa e l'editrice La Casa di Matriona.

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