L'ottavo colore dell’arcobaleno
Nel primo mattino del 9 maggio a Erbil capitale del Kurdistan iracheno, un camion bomba è saltato in aria davanti al Ministero dell’Interno, a breve distanza dalla sede del Parlamento regionale, causando la morte di 15 persone ed oltre 70 feriti.
Sfogliando i quotidiani, si scopre che le notizie sono rimaste “on line”, ai margini del circuito della carta stampata. Lo stillicidio quotidiano delle auto bombe e delle uccisioni di inermi civili hanno tolto interesse a fatti che benché drammatici, nel loro ripetersi perdono forza comunicativa.
Questi attentati, in realtà, sono un segnale inquietante. Lo spostamento in avanti della frontiera di quella violenza senza volto che insanguina l’Iraq. Il tentativo di esportarla entro i confini del Kurdistan. Regione autonoma controllata militarmente dai peshmerga, può contare sulla vigilanza naturale di una etnia omogenea con il conseguente controllo capillare del territorio, mai venuto meno.
E se la spirale della violenza sta avviluppando la sua rete, una causa è l’indizione del referendum per stabilire la status di Kirkuk, come indicato dalla Costituzione irachena, previsto entro fine anno. Le voci di un rinvio, in questi giorni, però si susseguono. Da più parti si sollecita un negoziato per fermare la consultazione popolare e raffreddare la tensione politica.
Città a prevalenza curda, Saddam Hussein favorì qui il trasferimento di arabi. Rappresentano ora, con i turcomanni, una minoranza forte ma comunque minoritaria, destinata a perdere il referendum.
Con la conseguente annessione di Kirkuk alla regione curda. E in questo caso, le etnie soccombenti potrebbero chiedere l’appoggio esterno dei Paesi vicini di riferimento. Teniamo conto che nel sottosuolo di questa città si trova una buona parte del greggio iracheno. Intorno al 10 per cento delle riserve di tutto l’Iraq. E’anche per il controllo dell’oro nero che si sta combattendo una lotta senza esclusione di colpi. Il governo federale di Baghdad dovrebbe distribuire al Kurdistan il 17 per cento dei proventi derivanti dall’estrazione del petrolio, una cifra dalla quale partire per la ricostruzione della regione, che attira l’attenzione di interessi diversi.
Il 1 febbraio 2004 un attentato a Erbil alla sede del Parlamento regionale, ad opera della cellula di Ansar Al Islam, che opera nella zona di confine con l’Iran, causò la morte di 105 persone.
Adnan Al-Mufti è Presidente del Parlamento curdo. Era uno degli obiettivi dell’attentatore, quel febbraio di tre anni fa. Pur trovandosi a brevissima distanza dallo scoppio, nonostante le gravi ferite riportate riuscì a salvarsi. Un iter doloroso passato attraverso più interventi chirurgici. Le schegge penetrate, ancor oggi, ne segnano il corpo.
Ricordo che quando arrivammo alla sede del Parlamento per incontrarlo, fummo accolti dai giovani peshmerga di guardia all’entrata, sorridenti, un filo di baffi ad incorniciare la bocca secondo tradizione. Proprio l’attentato in questione aveva portato ad un percorso di avvicinamento fatto di controlli e rallentamenti. Così il nostro bus andò avanti in uno slalom tra blocchi di cemento, prima di attraversare a piedi un ulteriore ampio spiazzo fino all’entrata del palazzo istituzionale, massiccio e squadrato, sul tetto la bandiera curda a ricordare la conquistata libertà.
Alla caduta dell’Impero Ottomano, quando i Governi vincitori si ritrovarono intorno al tavolo, con il Trattato di Losanna del 1923 si optò per disegnare i confini di un nuovo stato, l’Iraq, venendo meno agli impegni per uno stato curdo indipendente presi con il Trattato di Sévres soltanto tre anni prima.
Fino ad allora nel Kurdistan erano sopravvissuti piccoli principati indipendenti, che si differenziavano dalle realtà circostanti per la tolleranza dei propri governi. Come quello degli Hawramani nell’attuale Halabja. Si racconta che la città, negli ultimi anni di indipendenza, fu guidata dalla principessa Adela di Ardalan, e a tale proposito esistono resoconti di viaggiatori europei da lei ricevuti nel palazzo governativo. Descrivono questi incontri, non nascondendo ammirazione per la principessa e per le sue capacità politiche.
Negli ultimi anni si è tentato di accelerare il processo di modernizzazione del Paese, cercando di mettere alle spalle tante sofferenze. Tutto questo non è facile. Sono già comunque lontani gli anni successivi alla Guerra del Golfo. I villaggi distrutti, le vie di comunicazione interrotte.
Quando Jalal Talabani fondatore del PuK viveva nella fortezza di Kalacholan, circondato dai suoi uomini, e da lì organizzava la resistenza. Al fianco, la moglie Hero Ibrahim fondava “Save the Children Children’s Fund”, un’associazione per l’adozione dei bambini a distanza. Oggi sono oltre 3.000 le adozioni realizzate. Nell’ottobre scorso, nell’incontro all’Istituto degli Innocenti di Firenze, la signora ricordava con naturale semplicità, senza nascondere una punta di orgoglio, come le leggi del suo Paese vietano l’adozione all’estero dei bambini rimasti soli. Il bambino deve crescere là dove sono le sue radici e la cultura dei suoi avi. L’associazione continua a lavorare perché questo sia possibile.
In quei 5.000 villaggi, l’abbandono scolastico di una intera generazione fu l’inevitabile conseguenza. I bambini di allora, sono quei trentenni che oggi rappresentano la nuova classe politica locale.
Una classe politica spesso autodidatta. Abbiamo incontrato alcuni di questi giovani sindaci. Avevano fatto anche molte ore di macchina per essere presenti all’incontro. Provenienti da realtà rurali lontane dalle vie di comunicazione. Parlarono a lungo e racconti dolorosi riaprirono ferite nella memoria di ciascuno. La volontà comune, che con accenti diversi uscì dagli interventi, fu di lavorare per un futuro di pace.
Dilzar R. Husen è della Camera di Commercio di Erbil. Spiegava che il Kurdistan sta cercando di dare slancio ad uno sviluppo economico che finora non aveva conosciuto. Le cose stanno cambiando rapidamente. Dal 18 al 21 giugno si terrà ad Erbil l’ItalianExpo 2007, la prima Fiera italiana in quest’area che rappresenta anche la porta naturale d’ingresso al restante Iraq, paralizzato dalle sabbie mobili di una guerra civile infinita.
C’è carenza di infrastrutture e di un know-how adeguato ad una crescita economica che si presenta improvvisa e tumultuosa. Prioritari, il raffinamento di petrolio e l’energia elettrica.
La conseguenza, tra le altre, è il proliferare della vendita della benzina al mercato nero, nei chioschi improvvisati lungo le strade, con le taniche accumulate al sole, mentre le auto in sosta in code chilometriche attendono ore ed ore per potersi rifornire alle pompe autorizzate.
Il prezzo ufficiale della benzina, come mi hanno spiegato, è di 2,50 dollari ogni 20 litri, che salgono a 18 dollari dai venditori abusivi. D’altro canto, il razionamento imposto dal Governo, limita l’acquisto a 20 litri ogni 2 settimane.
La mancanza di energia elettrica per alcune ore al giorno è ancora molto diffusa, creando ostacoli ad uno sviluppo economico in forte crescita. Quando con una colletta tra di noi comprammo il computer per i bambini della scuola Marzabotto di Halabja, insieme prendemmo anche un piccolo generatore, strumento indispensabile per dare continuità all’attività didattica senza dipendere dai limiti strutturali del sistema elettrico.
Ma anche i cenni di storia, e i dettagli che Andrea racconta sulla vita e le prospettive odierne della regione, son notizie pressocché inedite ai più. Chi sa ad esempio, che proprio nell'Iraq del nord - a Erbil capitale della regione - a giugno si terrà l'ItalianExpo 2007, la prima Fiera italiana in quest'area?
In questa pagina di analisi e di ricordi, tutto questo e tanto altro. Curiosità cronache e storia anche vissuta da noi protagonisti della passata "mission" dei Sindaci dell'anno scorso.
Tutto questo ci aiuti a riflettere, a penetrare con maggiore interesse nelle vicende di popoli di cui al massimo ci vengono mostrati cliché di vita assolutamente imperfetti nella molteplicità delle culture che arricchiscono il nostro piccolo grande pianeta. Sta a noi "scavare" in profondità e con senso critico, al di là degli "scoop" e delle immagini ad effetto che i media usualmente ci propongono.
Roberto Del Bianco
La diplomazia italiana sta portando il suo piccolo contributo. La ricerca di uno spiraglio per uscire dall’impasse in quell’area geografica, impazzita come non mai, cha va dalla riva orientale del Mediterraneo fino alla Mesopotamia e alla regione iranica.
Qui, in una partita i cui confini di tempo si dilatano sempre più, i giocatori in campo puntano allo scacco del re avversario, incuranti dei piccoli pezzi, quei pedoni sacrificati a logiche superiori. Purtroppo, i pedoni in questione sono popoli. Qualunque sia la religione e la lingua di appartenenza, siamo dalla loro parte.
Sappiamo bene che le motivazioni delle guerre sono da sempre l’assetto politico economico delle regioni e degli stati.
Il sogno però, è che un giorno l’Iraq possa pennellare l’arcobaleno con la tinta color petrolio, ottavo colore da aggiungere, come simbolo di un’economia per la prima volta dalla parte dell’uomo, alle motivazioni dei colori della Pace nel mondo del futuro.
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