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Analisi de codice penale e codice civile islamico in Iran

Repubblica Islamica dell'Iran: donne nel paese degli uomini

Parlare di diritti umani per noi iraniani non è semplicemente un esercizio di stile o di retorica democratica. Il diritto umano è un diritto naturale delle persone a livello universale, non dipende (né appartiene) pertanto ad una dottrina politica, ad una religione o ad una giurisprudenza religiosa o laica.


Mohsen Hamzehian (Unione per la Democrazia in Iran – Italia)
Fonte: Codice civile e codice penale islamico della Repubblica Islamica dell'Iran - 02 giugno 2007

DONNE NEL PAESE DEGLI UOMINI

Parlare di diritti umani per noi iraniani non è semplicemente un esercizio di stile o di retorica democratica. Lo facciamo perché non possiamo dimenticare la perdita di decine di migliaia di persone oneste e coraggiose che in quel martoriato altopiano iranico lottano ininterrottamente da oltre 100 anni, cioè dalla prima rivoluzione agli inizi del novecento, chiamata la rivoluzione costituzionale in Iran.
La conquista dei diritti umani è un lungo processo di lotte (e sofferenze) di cui il manifesto universale dell’ONU, del 1948, ne costituisce, a scala mondiale, una delle tappe fondamentali.
Il diritto umano è un diritto naturale delle persone a livello universale, non dipende ( né appartiene) pertanto ad una dottrina politica, ad una religione o ad una giurisprudenza religiosa o laica. Il concetto di diritto umano è uno dei pilastri della modernità su cui fondare la convivenza civile e si ispira storicamente, per una umanità uscita dal secondo conflitto mondiale, ad una riconciliazione della collettività e alla necessità che i conflitti, quando travolgano le umane istituzioni, non siano ciecamente assoggettati a criteri di barbarie o vendetta sia essa religiosa o laica.
In Iran il concetto di diritti umani, proprio perché moderno, non può essere tollerato da un regime che solo per convenienza si fa chiamare Repubblica mentre nella pratica agisce seguendo un codice civile e penale di tipo Islamico. Quindi nella forma è una repubblica e nei fatti applica la shariya revisionata e peggiorata dal clero di turno.
Cercherò di esporre solo quella parte del Codice( penale e civile), che parla dei diritti della donna.

Il codice penale islamico ( C.P.I.) della Repubblica Islamica, se potessimo leggerlo, dovremmo confrontarlo ( nonostante la sua complessità e le difficoltà linguistiche poiché spesso in ciascuno dei 729 articoli osserviamo alcune parole arabe non usate assolutamente nella quotidianità dai persiani ) con il manifesto dei diritti umani e con le convenzioni collegate come ad esempio il diritto della donna e i diritti del fanciullo.
Il C.P.I., è stato licenziato dal parlamento ( le cosiddette Camera e Senato), all’inizio degli anni ’80 e la fonte fondamentale è la legge della giurisprudenza sciita.
Questa legge è il risultato delle interpretazioni dei giureconsulti dai libri religiosi. La maggior parte degli articoli del C.p.i. e del Codice civile, sono in contrasto con il manifesto universale dei diritti dell’uomo, con la convenzione delle pari opportunità delle donne e con la convenzione del diritto del bambino.
Eccone alcuni stralci:
- gli articoli 59 e 220, del c.p.i., ammettono azioni violente, oppure ne preparano tutte le premesse, nei confronti dei bambini. Infatti l’articolo 59 recita: le seguenti azioni non sono considerate reato ( azioni messe in opera da parte dei genitori, dalla patria potestà legale, dai responsabili dei minori per l’educazione oppure per la tutela, motivandole come necessarie ai fini educativi del minore), quindi è evidente come la figura genitoriale, in nome dell’educazione, possa esercitare un potere.
Invece l’articolo 220 tratta del caso in cui un padre, oppure un nonno, uccida un figlio: l’omicida non può essere ucciso, ma deve pagare un risarcimento agli eredi della vittima
-l’articolo 209 mette in evidenza come le pene previste per l’uomo e la donna non siano uguali, nel senso che se un uomo uccide una donna è obbligato a pagare un risarcimento, per non andare incontro alle pene più pesanti.
-l’articolo 210 definisce che l’uccisione di una persona di fede islamica non è uguale all’uccisione di una persona non mussulmana ( attenzione - non altre religioni ma solo non mussulmana).
Ci sono articoli che incoraggiano la giustizia esercitata in proprio. Secondo la Corte Suprema la legge dello Stato da sola non è sufficiente a reprimere peccatori e corrotti, ma dove non arriva la legge può arrivare il buon credente, contribuendo ad eliminare dalla faccia della terra depravati e pervertiti ( leggere alcune sentenze dei tribunale nei confronti di altrettante persone che hanno fatto giustizia sommaria).
L’età penalmente perseguibile per le ragazze è di 9 anni e per i ragazzi è di 15 anni. In caso di reato possono essere processati come gli adulti ( comma 1 dell’art. 1210 del codice civile e art. 49 comma 1 del codice penale islamico).
Secondo l’art. 629 e 630 ( per le parti che riguardano la donna) del codice penale islamico, non è un reato l’ uccisione della donna da parte di suo marito nel caso di adulterio ( e nemmeno dell’uomo con cui si trova, in quel momento, la moglie).

Le donne che in pubblico portano il velo non conformemente alla prescrizione religiosa saranno carcerate da 10 giorni a due mesi oppure sanzionate amministrativamente .

Il risarcimento spettante ad una donna vale metà dell’uomo.
Nel C.p.i. è sottolineato che se un uomo uccide una donna, e viene condannato a morte, se è disponibile a pagare metà del risarcimento previsto ( rispetto al reato se fosse commesso da parte della donna nei confronti dell’uomo), può essere salvo.
Nella donna gravida dal quarto mese in poi ( quando la gravidanza è oggettivamente evidente), in caso di aborto, il risarcimento del feto femmina è metà del feto maschio ( artt. 209,210,273, 300,301 e 487); anche nei casi di sinistri il risarcimento della donna è metà di quello dell’uomo.

Secondo l’art.1130 e 1133 del codice civile, il diritto dell’uomo al divorzio è illimitato, cioè lo può richiedere senza particolari condizioni, mentre la donna non possiede la suddetta facoltà, e comunque ella dovrà presentare validi motivi ( che valgono comunque metà di quelli che valgono nelle motivazioni dell’uomo; in caso di testimonianza, in merito alle responsabilità del marito, la sua dichiarazione da sola non vale ed occorre un’altra persona), ed escluso casi eccezionali ella dovrà regalare (lasciare) tutti i suoi averi e qualche volta dovrà aggiungere altri beni al suo caro marito.
Secondo il codice civile nell’art. 1043 e 1044, le donne di qualsiasi età, nel caso di primo matrimonio, devono ottenere il nulla osta dal padre o dal nonno oppure dal tribunale. I ragazzi dall’età di 15 anni possono sposarsi senza alcuna autorizzazione, con qualsiasi ragazza che vogliono.
Gli articoli 83, 84, 102 e 104, prevedono la lapidazione: la maggior parte di persone lapidate, oppure in attesa di lapidazione, è di sesso femminile.
La donna non ha facoltà genitoriale nei confronti dei figli, essa non ha neanche la facoltà di amministrare i suoi possedimenti, al contrario il padre oppure il nonno, in osservanza alla legge, possono vendere l’eredità e i soldi ottenuti possono essere usati a loro piacimento ( artt. 1180-1181 e 1183 del codice civile).
Le donne non possono essere soci dei loro mariti, quindi, se non sono occupate dopo il divorzio (considerato che la loro dote viene stabilita nel contratto matrimoniale e che in pochi casi vengono pagate), vivono di miseria e di disperazione. Il divorzio, strutturato come recita la legge in Iran, è uno dei motivi della distruzione sociale delle donne che si sono separate dal marito e fonte di depressione, prostituzione e suicidio.
In caso di morte del marito la donna percepisce 1/8° del patrimonio monetario, mentre per quello che riguarda la proprietà immobiliare oppure terriera resta senza diritti di proprietà ( artt. 907, 913, 942, 946, 947 e 949 del codice civile).
Gli uomini secondo la legge possono sposarsi con 4 donne, oppure con molte donne secondo un contratto limitato ( considerate ancor meno rispetto il contratto di lavoro di Co.Co.Pro.).
Le donne non possono trasmettere la loro cittadinanza ai figli. Sono in corso l’espulsioni di molte migliaia di afghani dall’Iran; le donne che sono sposate con loro, se vogliono stare vicine ai loro cari, dovranno seguirli. Da quando esiste il decreto di espulsione degli afghani i loro figli ( sia essi figli afghani oppure figli misti, cioè di madre iraniana), non essendo persiani, non possono frequentare le scuole in Iran.

Nel 1979 una minima parte dei paesi islamici ha sottoscritto la convenzione contro ogni discriminazione della donna.
Nel 1990 in Egitto, la conferenza dei Paesi islamici, ha pubblicato il manifesto dei diritti umani nell’Islam. In questo manifesto le limitazioni indotte dai diritti islamici sono giustificate. Tale manifesto è una composizione dei diritti umani e diritti islamici. Il principe Fahd nel 1992 dichiarò che” il sistema dominante della democrazia mondiale, non è applicabile nei Paesi della nostra Area, la mentalità e la particolarità della nostra gente è diversa dal resto del mondo. Perciò non possiamo accettare facilmente altri metodi, facendoli entrare nella nostra cultura, noi abbiamo il nostro credo islamico che è un sistema unico ed uniforme”.
La seconda conferenza venne fatta a Vienna nel 1993. I Paesi islamici hanno ribadito ulteriormente le loro posizioni sancite nella conferenza del Cairo. Il Regime della Repubblica Islamica dell’Iran, sottolineando anche in quella occasione le differenze culturali, dichiarò che l’accreditamento universale dei diritti umani, è una minaccia contro l’autonomia culturale e l’ indipendenza delle nazioni. Certamente questa dichiarazione non risponde alla questione fondamentale perché le donne in caso di un reato debbano scontare la pena come se fossero sempre peccatrici, cioè paghino il reato doppiamente secondo quel codice che tiene alta la bandiera delle differenze e dell’autonomia culturale e religiosa.
(Il rispetto alle differenze culturali, con il tempo potrebbe creare un ostacolo enorme alla realizzazione dei diritti della donna, questo si vede frequentemente nei Paesi islamici( quindi non solo in Iran), non a caso i difensori dei diritti umani delle donne sono in antitesi con il riconoscimento delle differenze culturali e religiose. A prescindere dal fatto che in Iran, ciò è in contrasto con una parte dei diritti ottenuta dalle donne sotto il regime dittatoriale dello Scià, comunque il riconoscimento di differenze è in contrasto di uguaglianza universale della donna).
Le donne in Iran si battono per l’ottenimento dei loro diritti negati dal governo, dalla religione al potere e da una cultura miope che purtroppo non ha minimamente ridimensionato il maschilismo che infarciva la post rivoluzione antimodernista Khomeinista e ha prodotto, al contrario, un generale atteggiamento antidonna, teorizzato e giustificato.
E’ evidente, proprio per questa profonda mentalità antifemminile della società iraniana, che il rovesciamento del Regime non porterà automaticamente la pari opportunità per gli uomini e le donne. Ma questo lungo processo dipenderà dall’indirizzo politico che ne emergerà, dalla capacità di attuare la riconciliazione nazionale piuttosto che la vendetta, evitando di affidarsi alla pena di morte rivoluzionaria nei confronti dei seguaci del regime, come avvenne subito dopo la rivoluzione del 1979. In quel caso, tanti oppositori dello Scià ed ex carcerati che avevano provato la sofferenza, sono stati vittime del nuovo regime, che sembrava avere una politica diversa ma altro non era che la continuazione più criminale del precedente.

Conclusione
Cosa chiediamo?
Noi amanti della libertà e i sostenitori dei diritti umani in Iran ed in tutto il mondo, ci rivolgiamo a voi lettori, che avete avuto la grande esperienza storica del superamento dell’epoca difficile del ventennio fascista: che avete messo nell’immondezzaio della storia le leggi razziali e i campi di concentramento, la distruzione del Paese e il saccheggio delle risorse, l’incarceramento degli oppositori e la cultura fascista nelle scuole. Questo processo storico ha determinato la vostra carta costituzionale costruita con l’azione di lotta e con la battaglia politica dei vostri partiti.
Se pensiamo che anche i popoli dell’Iran possano aspirare ad un processo di cambiamento democratico, allora bisogna ridimensionare la discussione folcloristica attorno al nucleare iraniano ( la cui propaganda rafforza semplicemente il regime) e bisogna parlare (e sostenere) dei processi politici, sociali che nel paese creano le condizioni per autentici cambiamenti della società.
Noi crediamo che per potere risolvere la situazione iraniana bisognerebbe che si determinassero alcuni eventi politici:
1. libertà immediata per tutti i prigionieri politici e l’ingresso libero garantito in Iran ( le decine di arresti in questi mesi dei cittadini con doppia cittadinanza, recatesi in Iran, sono una piccola parte di tutti gli esuli iraniani residenti all’estero e da anni impegnati nella lotta per la libertà e la democrazia in Iran);
2. dimissione del governo giureconsulto;
3. cancellazione della costituzione, del codice penale e del codice civile islamico, appartenenti al medioevo ( iraniani liberi e democratici li considerano una vergogna per l’umanità ed in particolare contro la donna);
4. istituzione di una assemblea costituente, ove si possa decidere liberamente la data di una elezione democratica, con la partecipazione di tutte le forze, senza censura sui candidati.

La libertà e l’indipendenza dell’Iran dipendono dai suddetti fattori e gli iraniani, sono gli unici che possano risolvere questo problema.
Per quanto riguarda la guerra degli USA e degli alleati in Iran ( per altro come questi si auguravano, il rischio di guerra è ampliato dalle continue provocazioni del regime Ahmadinejad), una via alternativa è possibile: no al regime barbaro del giureconsulto, sì alla mobilitazione ( da quando Ahmadinejad è al potere, le lotte degli intellettuali, operai, giornalisti, insegnanti, le minoranze etniche, scrittori ecc. sono aumentate) del mondo civile iraniano formato dalla maggioranza della popolazione iraniana. Questo mondo civile è consapevole che la guerra non può essere un motivo per compattare lo stato teocratico e l’opposizione democratica, bensì esso è un momento per essere uniti contro l’aggressore esterno e i saccheggiatori al potere in Iran .
Gli Iraniani sono consapevoli che la guerra contro l’Iran peggiorerà l’insicurezza del pianeta, renderà ancora più schiavi all’impero globale ed alla repubblica islamica: un mondo in guerra approfondirà il solco tra poveri e ricchi.
In Iran i più ricchi oggi sono i rappresentanti e i sostenitori del potere islamico come lo erano i membri e i sostenitori intimi della dinastia Pahlavi durante il regime dittatoriale dello Scià.

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