Acqua, un emergenza silenziosa da risolvere subito!
Servono nuove idropolitiche per il futuro di due terzi della popolazione mondiale
15 giugno 2007
Maria Rusca (Responsabile Attività Scientifiche RCMA)
Fonte: da Persona a Persona 7/07 (www.pangeaonlus.org) - 01 luglio 2007
La gestione delle risorse idriche rappresenta una delle grandi sfide del XXI secolo: è finalmente aumentata la consapevolezza che il successo nella gestione di questa risorsa sarà essenziale per il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio e per la riduzione della povertà estrema nel sud del mondo. Più di ogni altra risorsa, infatti, l’acqua incide su tutti i temi dello sviluppo, dalla riduzione della povertà alla sostenibilità ambientale, dal servizio sanitario allo sviluppo partecipativo, dalle questioni di genere alla good governance. È essenziale per il raggiungimento della sicurezza alimentare, per la salute umana, per la produzione agricola e industriale, per la protezione della biodiversità acquatica e degli ecosistemi e per la produzione di energia elettrica pulita. Rappresenta la risorsa chiave, la pre-condizione per la vita umana e per la sopravvivenza di un ecosistema in grado di sostenere la vita stessa. A dispetto della sua importanza, l’acqua ha subìto, nel corso del XX secolo, un rapido deterioramento qualitativo e una riduzione quantitativa delle riserve idriche complessive.
Il deterioramento qualitativo delle falde acquifere è causato dagli abusi ecologici, che hanno influito drasticamente sul processo idrologico, dall’aumento delle attività produttive e dallo sviluppo industriale. Benché, infatti, l’acqua sia una risorsa rinnovabile, le cui riserve sono continuamente reintegrate attraverso il ciclo idrologico, l’inquinamento, l’eccessivo sfruttamento del suolo, l’agricoltura estensiva, gli sprechi domestici e industriali, i danni provocati dalla costruzione di dighe e dalla smisurata edificazione, hanno determinato gravi squilibri. Nel corso degli ultimi venti anni, inoltre, l’accresciuto e consolidato potere delle multinazionali ha permesso loro di aumentare, senza incontrare eccessivi ostacoli, le produzioni che inquinano l’acqua. Secondo la Commissione Europea oggi il 20% di tutte le falde acquifere dell’Unione Europea è seriamente minacciato dall’inquinamento, mentre dati ONU affermano che nei Paesi in via di sviluppo circa il 90% dei liquami e il 70 dei rifiuti industriali vengono smaltiti senza ricevere alcun trattamento, inquinando le fonti d’acqua. Il fiume Gange, ad esempio, è oggi definito da scienziati ed ecologisti “una gigantesca fogna a cielo aperto”. Il fiume, sacro agli indù, è divenuto un serbatoio nel quale le industrie scaricano liquami, mentre gli abitanti di circa 700 città e villaggi vi riversano i propri rifiuti ed escrementi. Lungo il fiume, nei pressi della città di Varanasi, l’acqua è divenuta addirittura settica, ossia priva dell’ossigeno disciolto necessario a garantire la vita nel fiume. L’inquinamento di questo, come di tanti altri fiumi, ha conseguenze drammatiche sulla salute pubblica: circa cinquecento milioni di persone, l’8 percento della popolazione mondiale, abitano lungo il bacino del Gange. Ogni minuto una persona muore di diarrea e otto su dieci soffrono di attacchi intestinali ogni anno. Dalle sue sponde si diffondono malattie come il tifo, la dissenteria, il colera e la gastroenterite.
Sulla contrazione della quantità l’incidenza del fenomeno demografico è evidente. L’offerta totale di acqua del pianeta, infatti, tende a rimanere costante e si può, quindi, affermare che sia una variabile relativamente fissa. La domanda, al contrario, è considerevolmente aumentata, provocando enormi effetti sulla disponibilità idrica pro capite. Secondo l’UNFPA, il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione, la crescita demografica, insieme ai grandi cambiamenti climatici, è il fattore che maggiormente incide sullo stress idrico. La popolazione mondiale cresce annualmente a una media di 77 milioni di persone, con un tasso più che doppio nei Paesi in via di sviluppo: tra il 1950 e il 1990, il numero delle città con più di un milione di abitanti è passato da 78 a 290, di cui 250 in Asia, Africa e America Latina. Nei prossimi 15 anni la crescita prevista di 1,1 miliardi di persone si concentrerà quasi esclusivamente nei Paesi in via di sviluppo, dove già oggi vivono i quattro quinti della popolazione globale. Si prevede che la popolazione mondiale raggiungerà i 7,9 miliardi di persone nel 2025 e i 9,3 nel 2050. In questo senso la Fao definisce la contrazione di acqua disponibile un fenomeno di siccità “auto-indotta”.
Questa diffusa crisi idrica minaccia oggi in molti Paesi il processo di sviluppo: oltre un miliardo di persone non dispone di un adeguato accesso all’acqua e quasi due miliardi di un sistema sanitario efficiente. Nel mondo circa il 40% della popolazione mondiale vive in aree soggette a tensioni idriche classificabili da moderate a gravi e, secondo l’UNEP, entro il 2027, un numero pari a due terzi della popolazione mondiale, all’incirca 5,5 miliardi di persone, potrebbe vivere all’interno di nazioni che devono far fronte a gravi carenze d’acqua. Le conseguenze di questa scarsità si sentiranno soprattutto nelle regioni aride e semi-aride, ma anche nelle regioni in forte crescita demografica e nelle megalopoli dei Paesi in via di sviluppo. Molti Paesi già pagano a caro prezzo la scarsa disponibilità di questa risorsa essenziale e a farne le spese, in termini di denaro speso per acquistarla, calorie perse per reperirla, salute precaria, mezzi di sussistenza e, addirittura, in termini di vite umane, è la popolazione più povera. Quasi cinque milioni di persone, in maggioranza bambini, muoiono ogni anno a causa di malattie legate all’uso di fonti contaminate: secondo dati ONU, in ogni momento la metà dei letti di ospedale dell’intero pianeta sono occupati da pazienti ricoverati a causa di malattie provocate da acqua poco sicura.
Il deterioramento delle risorse idriche e la crescita demografica contribuiscono, inoltre, a fare crescere l’importanza strategica di questa risorsa, divenuta in alcune regioni del mondo fonte di instabilità economica e politica. Se questo scenario non dovesse mutare, nel prossimo futuro l’umanità dovrà assistere a conflitti per le risorse idriche tra stati che condividono laghi o fiumi internazionali, ma anche tra i diversi utenti a causa della forte competizione nella domanda. Secondo Green Cross International, l’area più critica è la “MENA” (Middle East, North Africa), abitata dal 5% della popolazione mondiale, dove l’acqua disponibile è pari all’1% delle riserve globali, ma anche l’Asia e l’Africa, dove l’acqua rappresenta una fonte primaria di sviluppo, rischiano di dover affrontare conflitti per l’allocazione delle quote di acqua di risorse condivise.
Tutto questo deve indurre i Paesi e le Istituzioni Europee e Internazionali, a ripensare le loro idropolitiche, nella consapevolezza che le vie del passato devono essere abbandonate o corrette e che un lento miglioramento non è sufficiente.
Note: da Persona a Persona - Fondazione Pangea Onlus
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