Da Barbiana al Molise: un ricordo di Piergiorgio Acquistapace
Ci siamo conosciuti quasi trent'anni fa ai campi estivi organizzati a Barbiana dal "coordinamento degli insegnanti nonviolenti", un piccolo gruppo che in quegli anni, a partire dall'esperienza di don Milani, aveva cominciato a elaborare una pedagogia dell'educazione alla pace e alla nonviolenza a tutto campo. Erano gli anni della grande contrapposizione Est-Ovest, dei missili cruise alla base di Comiso, della grande ondata del movimento per la pace che contribuì efficacemente, insieme ai movimenti per il dissenso nei paesi dell'Est europeo, al più grande cambiamento mai avvenuto nella storia delle relazioni internazionali senza sparare un solo colpo di fucile: lo smantellamento degli euromissili, la caduta del muro di Berlino e la fine della guerra fredda. Anni carichi di speranza, come eravamo noi, giovani insegnanti impegnati a studiare il rapporto tra fisica e guerra, a contestare l'uso militare della scienza, le armi nucleari e anche il nucleare civile, prima ancora di Cernobyl. E a quella scuola si formò anche Piergiorgio che, come molti, dapprima si era avvicinato ai radicali, quando ancora erano impegnati in lotte antimilitariste e nonviolente, per allontanarsi quando essi scelsero altre strade, a nostro parere meno consone con la nonviolenza, e aderire al Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini dopo la prima marcia Perugia Assisi del 1961.
E quando venne Cernobyl, non ci trovò impreparati: collaborammo entrambi, in sedi diverse, lui nel suo Molise, io a Torino, ad animare le prime esperienze delle liste verdi, ancora una volta sorretti dalla speranza di poter contribuire a un cambiamento profondo dello stile di vita, del modo di fare politica, del modello di sviluppo insostenibile e disastroso. Politica, educazione e nonviolenza: un trinomio che continuammo, per qualche tempo all'insaputa l'uno dell'altro, a seguire per quanto ne fummo capaci, convinti che questa è la strada che l'umanità deve perentoriamente imboccare, se non vorrà essere travolta dalla propria insipienza.
E ci furono anche le delusioni, che la politica spesso riserva soprattutto a coloro che intendono modificarne le regole del gioco e passare da lotte di potere, di palazzo, di interessi costituiti a una autentica politica della nonviolenza, di servizio, di cambiamento profondo e radicale. Dopo il suo impegno come referente regionale dei Verdi, anche lui se ne allontanò per riprendere ancora una volta il lavoro di base nel piccolo ma coeso gruppo del Movimento Nonviolento molisano. E le nostre strade tornarono a incrociarsi sempre più spesso in occasione degli incontri di formazione alla nonviolenza organizzati per insegnanti, giovani, educatori, cittadinanza attiva, politici. Un impegno che toccava tutti i principali temi della globalità: dall'alternativa alla guerra alla difesa popolare nonviolenta; dall'educazione alla trasformazione nonviolenta dei conflitti al cambiamento del modello di sviluppo, dalla denuncia delle grandi e inutili opere alla ricerca di fonti energetiche rinnovabili. Piergiorgio agiva con la semplicità propria di chi, senza presunzione ma persuaso della nonviolenza (come direbbero sia Bobbio sia Capitini), continua a seminare con il distacco tipico di chi conosce l'impermanenza delle cose e l'agire «senza rivendicare il merito delle proprie azioni e senza aspettarsene l'esito», che verrà quando meno ci si aspetta. E' l'agire proprio del satyagraha, della ricerca costante della verità, consapevoli della nostra limitatezza e fallacia, del «dire la verità ai potenti», anche quando questo costa impegno, fatica e pericoli. Le denunce di Piergiorgio erano sempre puntuali: dagli interventi su scala locale a difesa di chi era licenziato, alla richiesta di smantellamento delle armi nucleari, sino al recente richiamo al governo Prodi per l'assurda e incomprensibile decisione di accettare l'ampliamento della base di Vicenza: «Prodi consente l'allargamento di una base militare (già molto ingombrante nella piccola città) ad un presidente Bush che, pur abbandonato dai suoi stessi elettori a causa delle guerre americane, continua ad infliggere inutili sacrifici umani al mondo intero…»
Ci siamo incontrati l'anno scorso in una data storica, l'11 settembre, a Calambrone, in quel di Pisa, non tanto per commemorare l'attacco terrorista alle Torri Gemelle, quanto per ricordare l'altro 11 settembre, quello di un secolo prima, quando Gandhi in Sudafrica lanciò la sua prima campagna di satyagraha, inaugurando quel metodo di lotta attiva della nonviolenza che è il suo maggior lascito all'umanità intera. E poi ancora a Campobasso il 24 marzo scorso in occasione del convegno su "missioni di pace, missioni di guerra", una ulteriore occasione per riflettere sulle alternative storiche all'uso militare della forza nelle relazioni internazionali e per far conoscere la storia delle lotte nonviolente e dei Corpi Civili di Pace.
Sino all'ultimo hai continuato a lavorare, sperare, costruire per un'alternativa nonviolenta. E so che ti eri avvicinato anche a Rifondazione comunista, penso in seguito alla riflessione sulla nonviolenza avviata da qualche tempo da un gruppo di parlamentari e politici di questo partito. Una bella svolta che speriamo si concretizzi in un profondo cambiamento della politica, quello che tu auspicavi, per il quale hai lottato strenuamente e per il quale rimarrai sempre nel nostro cuore e nella nostra memoria, insieme alle tue care Lucia, Laura e Alessia.
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