Terrorismo, Guerra e pena di morte in Iran
Terrorismo, guerra e pena di morte in Iran
Uccidere, in particolare in pubblico, è considerato un atto barbarico in tutto il mondo civile. Al contrario in Iran è una pratica quotidiana ( 207 impiccati dall’inizio dell’anno). Ufficialmente vorrebbe essere una lezione alle persone che osano disobbedire alle leggi del giureconsulto medioevale della Repubblica Islamica dell’Iran, ma in realtà vengono eseguite per creare paura e terrore in tutta la popolazione .
Gli osservatori e le organizzazioni umanitarie ( Amnesty International, Osservatorio di Human Right e “Nessuno tocchi Caino”), denunciano quotidianamente le violazioni dei diritti umani in Iran. L’ultimo gruppo di 21 persone impiccate in pubblico risale al 5.9.2007 ( in un mese 41 persone sono state impiccate - rispetto al lo stesso periodo nel 2006 l’aumento è stato del 100%). Le accuse sono basate su incerte definizioni giuridiche, appartenendo il codice religioso all’epoca dei callifati del primo millennio d.C. nella penisola arabica.
Siamo di fronte a definizioni non chiare, tipo guerriero contro Dio, degenerati sulla terra e così via. Si tratta di reati contro il regime e di spionaggio, a questi vanno aggiunti altri reati come l’adulterio, l’omosessualità, che sono definiti anche essi, reati contro Dio. La cosa più agghiacciante è che qualora si tratti di reati definiti contro i poteri dello Stato, è il giudice stesso che definisce il grado della Pena ( quasi sempre il massimo della pena, per impiccagione)
Inoltre nel codice penale islamico, sono previste alcune modalità per l’esecuzione capitale, ma il modo in cui viene attuata dipende esclusivamente dal giudice. Il giudice può decidere di fare impiccare la persona condannata in modo tradizionale oppure in modo moderno, mediante scosse elettriche, oppure davanti a un plotone di esecuzione o, addirittura, mediante lapidazione o, infine, decidere l’esecuzione capitale con una propria personale modalità. Se il giudice non dà indicazioni sulle modalità dell’ esecuzione, questa avverrà per impiccagione. www.hoqouq.com/law/article363.html
Nei Paesi ove ancora esiste la pena di morte ( purtroppo ci sono ancora 68 Paesi che la praticano), si cerca di non far soffrire il condannato e l’esecuzione dovrà avere luogo lontano dalle persone, addirittura sono vietate le fotografie. In Iran, secondo i dettami del codice penale islamico, il metodo più diffuso è l’esecuzione capitale in pubblico. Esiste anche la crocefissione del condannato, il cui corpo rimarrà esposto al pubblico per tre giorni. La persona condannata, prima di essere inviata all’esecuzione, dovrà essere sottoposta alle procedure di ablazione e purificazione, indossando una tunica bianca ( Kafan). Ciò viene definito un privilegio per il condannato. http://www.ohchr.org/english/law/pdf/protection.pdf
Si possono vedere alcune differenze rispetto alla precedente legislatura di Mohammad Khatami ( decisamente sostenitore del codice penale islamico), poiché nell’ attuale regno dei Pasdaran di Mahmmud Ahmadinejad una buona parte degli impiccati appartengono alle minoranze etniche ( kurdi, beluci ecc.). Regna, su questo aspetto, un silenzio da parte di tutte le fazioni islamiche al governo e non, ad esempio l’ex presidente della Repubblica ed altri uomini forti della gerarchia del giureconsulto, spacciati in occidente, come ala riformista, non hanno assunto, fino a questo momento, una posizione chiara e netta sulla pena di morte ed in particolare, contro il massacro dei giovani. Perché dei 207 uccisi, solo 7 risultano con età superiore a 37 anni
Ecco la morale religiosa al potere in Iran, la quale rivendica la libertà di oltre 65 milioni di iraniani, a colpi di Pietra e di corda. Persino nell’Afghanistan ed in Iraq, dopo anni di terrore, di guerra civile e di insicurezza sociale, le esecuzioni capitali dello Stato, non superano le 10 persone. E questo accade mentre in 130 Paesi, tra i 198 nel mondo, non esiste la pena di morte. L’Iran, insieme alla Cina, all’Arabia Saudita e agli USA, rappresenta il 90% del totale delle esecuzioni capitali di tutto il mondo e detiene la medaglia d’argento dopo la Cina.
Come possiamo chiamare il caso iraniano, se non una catastrofe umanitaria?
La maggior parte dei condannati a morte non ha commesso reati come omicidio, tutte le statistiche evidenziano nonostante il numero imprecisato di prigionieri e l’aumento esponenziale di persone uccise, che la società iraniana continua ad essere sempre meno sicura ( oltre 5 milioni all’estero), con narcotrafficanti sempre più potenti ( una parte del traffico gestito dai poteri oscuri legati allo Stato). Questo è anche il contributo delle sanzioni economiche prodotte dalle risoluzione dell’Onu ( come avevamo già visto nell’Irak di Saddam: le restrizioni non colpiscono chi è nei gangli degli apparati ma la gente che sta alla base della piramide sociale). Chi può guadagnare lo fa di più e meglio, mentre la popolazione continua a soffrire per soddisfare i bisogni primari e la povertà è molto evidente.
Ogni gruppo che viene ucciso ( da sempre in Iran le persone condannate vengono uccise in gruppo e in pubblico), viene presentato dai media governativi come costituito da elementi legati alla malavita e al traffico di droga. Si scopre puntualmente che all’interno del gruppo ci sono anche gli oppositori al regime ( studenti, giornalisti, insegnanti, operai, ecc), che sono stati uccisi per aver cercato di rivendicare elementari rivendicazioni democratiche.
Tutto ciò succede in un Paese ove viene alimentato il terrore di un attacco da parte degli Usa e dei suoi alleati. Da alcuni giorni la stampa occidentale, ed in particolare quelle statunitense e britannica, evidenziano la preparazione militare per un attacco rapido e mirato. Continua la singolare convergenza tra le azioni dell’amministrazione Bush, che vorrebbe realizzare il suo progetto del 2002 di un grande Medio Oriente ridotto a marionetta filo-occidentale, ed il governo messianico di Mahmmud Ahmadinejad che puntella il suo apparato di potere proprio sfidando la comunità internazionale, accelerando le sue azioni propagandistiche ( come la negazione dello sterminio degli Ebrei e la vicenda del nucleare) per prepararsi all’attacco militare con un paese compattato e controllato.
Certo gli USA, non possono non avere nel mirino l’Iran, per la sua ambizione nella regione ( di cui il nucleare è uno dei simboli) , per le sue risorse petrolifere e di gas naturale, per bilanciare la perdita di egemonia americana nella zona. Sicuramente la probabilità dell’attacco militare in Iran esiste, ma il momento dell’attacco non è prevedibile, ciò potrebbe succedere anche alcuni giorni prima che Bush junior lasci la presidenza degli Stati Uniti. E’ certo che tutte le premesse per riportare, con l’uso delle armi, l’equilibrio in Medio Oriente è ampiamente fallito e la politica americana (ed israeliana) pare aver posto le condizioni per un conflitto ancora più ampio.
Quali possono essere i movimenti e la diplomazia, che potranno intervenire contro l’attacco militare? Innanzitutto la diplomazia dei Paesi che contano ( Russia Cina e UE), e poi il popolo americano che si batte contro la guerra può avere un peso rilevante ed infine tutti i popoli del mondo contro la guerra ed in particolare quello iraniano che dovrà essere compatto contro il regime barbaro della Repubblica islamica e contro l’intervento militare degli Usa e degli Alleati...
Italia li, 15. Settembre 2007
Mohsen Hamzehian
Unione per la Democrazia in Iran( www.updi.org. – updi@libero.it )
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