I cittadini della Sierra Leone al voto
Oggi Sabato 11 Agosto oltre 2 milioni di cittadini della Sierra Leone sono chiamati a scegliere il loro presidente per la quarta volta dall'indipendenza ottenuta nel 1961.
Teatro dal 1991 al 2001 di una delle più sanguinose guerre civili che l'Africa ricordi il piccolo paese anglofono affacciato sul golfo di Guinea vuole voltare definitivamente pagina, contando solo sulle sue forze.
Le elezioni politiche del 2001 infatti, svoltesi a guerra appena conclusa, furono gestite e attentamente controllate dagli oltre 16000 caschi blu dell'UNAMSIL che ne garantirono la tranquillità e la regolarità.
Oggi, a due anni dal giorno in cui l'ultimo contingente ONU ha abbandonato il paese, la Sierra Leone dovrà dimostrare a se stessa di aver finalmente raggiunto l'equilibrio e la stabilità di un paese democratico e completamente pacificato.
All'apertura delle urne saranno 7 i partiti ad affrontarsi ma la gran parte dei consensi ancora una volta andrà ai due storici partiti rivali: L'SLPP (Sierra Leone People Party) attualmente al governo che ha la sua roccaforte nelle regioni sud-orientali di etnia mende e l'APC (All people congress) radicato nel nord-ovest a maggioranza Temne.
A rendere le cose più incerte contribuirà l'incognita del PMDC (people's movement for democratic change) un nuovo partito nato lo scorso anno dalla scissione del SLPP che si ripropone di sradicare la consueta divisione etnica e geografica della politica Sierraleonese.
I tre candidati favoriti sono tutti politici di lungo corso: Solomon Berewa (SLPP) attuale vice-presidente punta tutto sui miglioramenti apportati dall'attuale governo a un paese uscito socialmente ed economicamente distrutto da una durissima guerra civile.
In realtà se il governo di Ahmed Tejan Kabbah ha gestito abbastanza bene il processo di pacificazione (col fondamentale appoggio di uno dei più folti contingenti ONU mai dispiegati) la fase di ricostruzione e' avanzata a rilento e con i soliti giochi di corruzione, privatizzazioni e favoritismi che hanno vanificato molte delle promesse fatte dal SLPP nel 2001.
Ernest Bai Koroma (APC), ex assicuratore, cavalca il malcontento derivato da queste promesse disattese, già sfidante di Kabbah alle elezioni del 2001 ebbe il merito di accettare la sconfitta invitando i suoi sostenitori alla calma.
È senz'altro il candidato con più chanches di vittoria nonostante il suo partito susciti ancora una diffusa diffidenza dovuta alla ventennale dittatura di Siaka Stevens e nonostante coinvolga a livello locale alcuni ex-dirigenti del RUF la sanguinaria milizia ribelle divenuta tristemente famosa per le mutilazioni perpetrate sui civili e l'impiego dei bambini soldato.
Charles Margai (PMDC) è l'outsider di queste elezioni, ultimo discendente della più importante dinastia politica della Sierra Leone: lo zio Milton Margai fu il primo presidente del dopo indipendenza sostituito alla sua improvvisa morte dal fratello Albert, padre di Charles.
Membro storico del SLPP in forte disaccordo con la candidatura di Berewa decide di uscire dal partito seguito da molti membri della dirigenza.
Nonostante la giovane tradizione democratica africana insegni che chi detiene il potere sia fortemente avvantaggiato non sarà facile per l'SLPP rimanere al governo essendo in difficoltà su ben due fronti.
Da un lato la delusione per le tante promesse mancate ha fatto sì che la capitale Freetown, vero e proprio ago della bilancia, si sia fortemente schierata a favore dell'APC che nelle elezioni locali del 2004 ha vinto in tutte le circoscrizioni cittadine.
Nello stesso tempo la discesa in campo di Charles Margai rischia di dividere l'elettorato tradizionale del partito di governo, fatto dimostrato da alcuni sporadici scontri avvenuti a Bo, capitale della regione meridionale, fra supporters del SLPP e del PMDC.
Ad ogni modo Solomon Berewa può ancora contare sul supporto della maggior parte dei Paramount Chiefs e sperare quindi che questi possano influenzare il più possibile gli elettori delle loro provincie trascinando l'SLPP verso una non facile riconferma.
A parte i piccoli scontri a Bo e Kenema la lunghissima campagna elettorale che si è appena conclusa, seppur movimentata e dai toni molto accesi, non è stata segnata da violenze particolarmente gravi e per la prima volta in assoluto i candidati di ogni partito hanno potuto tenere comizi anche nelle roccaforti dei partiti avversari, cosa impensabile fino alle ultime presidenziali.
Questo importante segno di tolleranza e maturità civica è' forse il segnale più positivo di questa tornata elettorale e potrebbe forse essere il timido inizio di una politica meno incentrata sull'appartenenza etnica e più sui programmi di governo.
Cosa aspettarsi dalle urne? Nonostante l'entusiasmo di molti opinionisti inneggianti al rinnovamento che prenderà il via da queste elezioni troppi elementi portano a pensare che, qualsiasi sia il risultato non avverranno grossi cambiamenti.
Non ci sono forti differenze programmatiche fra i candidati che hanno incentrato i loro interventi su argomenti generali spesso demagogici come la riduzione della povertà, la sicurezza alimentare e il miglioramento della situazione sanitaria.
Nessun candidato poi si è dilungato sui mezzi e sulle politiche da impiegare per raggiungere tali obiettivi, cosi' come sono stati da tutti abilmente elusi argomenti che potevano erodere il consenso nelle aree rurali più tradizionaliste come la messa al bando della mutilazione genitale femminile o questioni che potevano scontentare le influentissime lobbies libanesi e indiane come la gestione delle licenze statali alle compagnie diamantifere.
L'importanza di questo appuntamento elettorale quindi e' soprattutto il suo essere un ultimo passaggio necessario per il ritorno alla normalità e per il rafforzamento di una democrazia che ha appena ricominciato a muoversi con le proprie gambe.
Se la giornata di Oggi passerà tranquillamente senza brogli né scontri e se vincitori e vinti accetteranno responsabilmente il responso delle urne si sarà raggiunto un risultato importantissimo per il paese a prescindere dal vincitore.
Per quanto riguarda il futuro governo infatti, qualsiasi colore esso avrà, il più importante e visibile cambiamento sarà senz'altro la sostituzione delle centinaia di fotografie del presidente appese in tutti gli uffici pubblici e nei cartelloni agli angoli delle strade.
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