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Verso una vita senza più ostacoli

Viaggio tra gli slum di Calcutta dove opera il progetto di Fondazione Pangea Onlus
22 novembre 2007
Silvia Redigolo (Responsabile gestione donatori Fondazione Pangea Onlus)
Fonte: da Persona a Persona 10/07 (www.pangeaonlus.org) - 01 novembre 2007

Donne indiane beneficiarie dei progetti di sviluppo


La riconosco dallo sguardo determinato e dal passo deciso, malgrado la protesi alla gamba destra. La donna minuta che mi sorride, mentre mi viene incontro, è Kuhu Das, la direttrice dell’Associazione per le Donne Disabili (AWWD), l’associazione locale indiana con sede a Calcutta che Fondazione Pangea Onlus sostiene dal gennaio di quest’anno.

È la metà di agosto, e io, abituata alla parte istituzionale di Pangea tra le scartoffie della sede di Milano, trovandomi in India per trascorrere le mie vacanze estive, non voglio perdere l’occasione di visitare il progetto Donne Disabili.

Kuhu mi accoglie con un abbraccio affettuoso che mi fa sentire subito la benvenuta, mi mostra la sede dell’Associazione che si trova vicino allo slum di Rajabar e mi spiega che ha dovuto fare diversi lavori per abbattere tutte le barriere architettoniche, in modo da renderlo accessibile alle persone disabili. Mi presenta orgogliosa lo staff composto da otto donne e mi racconta le difficoltà che ha incontrato per selezionarlo, in quanto non è stato facile trovare figure che conciliassero la competenza professionale con la capacità di relazionarsi con donne e bambine disabili.

Mi offrono una tazza di tè e mi raccontano il loro lavoro: hanno appena ultimato l’analisi del territorio di tre slum a nord di Calcutta e hanno incontrato le comunità locali per presentare le loro attività e per iniziare un lavoro di sensibilizzazione sulla problematica della disabilità. Al termine degli incontri hanno invitato i partecipanti a mettersi in contatto con loro nel caso in cui avessero una parente disabile. Il loro lavoro è solo all’inizio, ma sono molto contente di come le comunità locali hanno reagito dimostrandosi disponibili a essere coinvolte per individuare e rintracciare donne e ragazze disabili che vivono nei loro slum. Grazie alle varie segnalazioni sono già state individuate 157 donne e ragazze disabili, di cui 94 presentano disabilità fisiche, e per alcune di loro è già stato avviato il lavoro di supporto e riabilitazione.

“Essere una donna diversamente abile in India non è facile” mi spiegano “la comunità e la famiglia considerano una donna disabile inutile e poco adatta al ruolo di moglie e madre. La mancanza d’istruzione, d’opportunità di lavoro, l’impossibilità di accedere a servizi riabilitativi e ai servizi sociali le esclude dalla società, emarginandole. Le bambine disabili vengono solitamente uccise o lasciate morire. Se sopravvivono, sono discriminate all’interno della società. Le donne disabili sono, inoltre, più facilmente vittime di abusi e violenze. Per questo il progetto, oltre ad accompagnare le donne diversamente abili in un percorso di presa di coscienza dei propri diritti e consolidamento della loro autostima, mira a favorire un cambiamento di mentalità e comportamento nelle famiglie e nelle comunità d’appartenenza”.

Le osservo mentre, entusiaste, mi raccontano delle beneficiarie del progetto, dalle loro parole traspare che credono fermamente nelle loro immense potenzialità e hanno fiducia nella loro determinazione e nel loro talento. Vogliono farmi conoscere alcune beneficiarie del progetto: sono impazienti di dimostrarmi che Pangea non ha sbagliato a investire su di loro.

Mi accompagnano a conoscere Sancha, una ragazza di ventidue anni disabile a causa di una poliomielite che l’ha menomata alle gambe. Mentre camminiamo verso la sua casa, salendo e scendendo gradini, percorrendo stradine dissestate, penso a come una persona con un handicap fisico sia imprigionata nella sua casa e a come, in simili condizioni, possa essere facile rassegnarsi alla propria condizione di disabile. Quando raggiungiamo la casa di Sancha, la troviamo seduta per terra, rannicchiata in un angolo. Mi colpisce il modo con cui Kuhu entra subito in contatto con lei: le siede accanto, le mostra la sua protesi, le spiega le difficoltà che ha incontrato e incontra lei stessa in quanto donna disabile, cerca di trasmetterle la sua grinta che poi è la grinta che contraddistingue tutte le Donne disabili che non si arrendono di fronte alla propria disabilità.

Sancha è emozionata perché tra pochi giorni incomincerà un corso di taglio e cucito, infatti, grazie a Pangea un’insegnante si recherà a casa sua e l’aiuterà a realizzare il suo sogno: diventare una sarta ed essere così indipendente economicamente. Inoltre, per Sancha sono già state ordinate delle protesi che le permetteranno di essere più autonoma negli spostamenti.

Mi presentano anche la piccola Smita, ha quattro anni, occhi vispi e tanta voglia di correre e giocare. Il suo non è un problema motorio, la piccola è sorda. Grazie al sostegno di Pangea sta imparando la lettura labiale. Ha iniziato a lavorare con un’educatrice da poche settimane ma già si vedono i primi risultati: Kuhu le parla e lei riesce a rispondere. È indescrivibile la gioia che traspare dagli occhi di questa bambina, la gioia di chi finalmente riesce a comunicare con i propri genitori e i propri amici e non è più chiusa in un mondo ovattato.

Incontro anche Shormila Das, una ragazza di 14 anni, con una malformazione ad entrambi i piedi. A causa di difficoltà economiche ha dovuto abbandonare gli studi, ma ora grazie a Awwd e a Pangea riprenderà a studiare e potrà realizzare il suo sogno: andare all’università. Sancha, Smita, Shormila tre giovani donne che hanno in comune la volontà di non lasciarsi sottomettere dalla propria disabilità, la forza e la capacità di credere in se stesse e di sognare. Hanno grinta e attendono solo un’opportunità per poter riscattare la propria vita. Ed è nostro dovere concedergliela.

Note: da Persona a Persona - Fondazione Pangea Onlus
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