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Emergono i retroscena

Nassiriya, il Sismi annunciò la strage

Il Washington Post pubblica i documenti dei servizi. L'intelligence italiana aveva addirittura fatto i nomi di personaggi.

2 dicembre 2003
Gabriel Bertinetto
Fonte: "l'Unità" del 08.12.2003 - 08 dicembre 2003

Il governo italiano sapeva, ma non ritenne necessario fare nulla. A poco
meno di un mese dall'attentato di Nassiriya, si conferma con dovizia di
particolari che gli agenti dei servizi segreti operanti sul posto, già all'
inizio di ottobre, in tre successive occasioni, avevano informato le
autorità del nostro paese circa le minacce che incombevano sul contingente
in Iraq. Il contenuto dei rapporti del Sismi sembra smentire le
giustificazioni sinora accampate dai ministri del governo Berlusconi per
motivare l'inerzia nel prendere misure di sicurezza adeguate.
Giustificazioni oscillanti fra la presunta genericità delle informazioni e
la loro sovrabbondanza. In realtà i documenti del Sismi, afferma il
quotidiano statunitense "Washington Post", «contraddicono la nozione che non
fosse stato lanciato alcun allarme specifico».
L'intelligence italiana aveva invece addirittura fatto i nomi di personaggi
del vecchio regime. Militari delle forze armate di Saddam e membri della
milizia Feddayin, che insieme a elementi legati ad Al Qaeda e al gruppo
Ansar-al-Islam stavano tramando azioni armate contro le truppe impegnate
nella missione «Antica Babilonia». Fra il 6 ed il 9 ottobre a Roma
pervennero tre successivi rapporti degli 007 di Nassiriya. Nel primo si
parlava di «un imminente attacco», forse con mortai, di cui sarebbero stati
bersaglio o i militari italiani a Nassiriya o le forze polacche nel sud dell
'Iraq. Solo due giorni dopo, gli investigatori sentivano il bisogno di farsi
nuovamente vivi con il loro quartier generale a Roma per segnalare
particolari ulteriori. Stavolta si puntava chiaramente il dito contro i
Feddayin, dicendo che la milizia un tempo diretta da uno dei figli di
Saddam, si apprestava a colpire il contingente italiano. Non si indicavano
le modalità dell'attacco, ma si citavano due ex-ufficiali di Saddam,
Mustapha Hamid Lafta, e Majid Kassem, come individui coinvolti nei
preparativi. Il giorno dopo, un'ulteriore aggiunta, e altri nomi. Nel
complotto -rivelava l'intelligence italiana- sono coinvolti due membri della
milizia Feddayin, Jasim Kahtan Omar e Abdullah Abud Mahomud, il primo
originario di Balad, il secondo di un villaggio vicino a Baghdad.
Questi particolari aiutano retrospettivamente a capire per quale motivo il
ministro della Difesa Antonio Martino, il giorno stesso dell'attentato
kamikaze contro il quartier generale dei carabinieri, fosse così esplicito
nell'accusare i Feddayin. Disse allora Martino: «Sembrerebbe possibile che
la matrice dell'attentato possa essere ricondotta ad elementi sunniti della
guerriglia irachena insieme a componenti estremistiche arabe». Una
joint-venture fra Al Qaeda e nostalgici del rais insomma. Ma il ministro
lasciava poi intendere che il ruolo predominante nella trama spettasse a
questi ultimi: «In concreto le evidenze sul territorio e le indicazioni di
intelligence autorizzano a ritenere che l'attentato sia stato pianificato da
una cellula dei Feddayin Saddam».

Ora sappiamo che la sicurezza di Martino derivava da una conoscenza
piuttosto approfondita dei retroscena dell'impresa terroristica. Una
conoscenza purtroppo sterile, che non era sfociata in alcun provvedimento
utile a limitare i lutti e i danni di un eventuale attacco. Nè può essere
una valida scusa il dire che le gole profonde del Sismi non avevano indicato
il luogo e la data. Le installazioni fisse del contingente italiano non
erano mille ma cinque, e di queste solo due nel centro di Nassiriya. Nessuna
precauzione addizionale venne presa a protezione di queste ultime due, in
cui erano ospitati rispettivamente il comando dei carabinieri e il loro
quartier generale logistico. Quest'ultima, soprannominata a volte Base
Maestrale, a volte Animal House, fu devastata dall'esplosione di un'
autocisterna zeppa di esplosivo che potè avvicinarsi sino a una distanza di
dieci metri.

A Nassiriya inoltre, nei giorni successivi alla strage, L'Unità ha appreso
che altre segnalazioni pervennero sia agli alti ufficiali di Antica
Babilonia sia alla Cpa (Autorità provvisoria della coalizione) provinciale.
L'ultima, quattro giorni prima del massacro, per bocca del responsabile
locale della polizia, Hassan.

L'articolo del Washington Post, firmato dal noto giornalista Daniel
Williams, marito della presidente della Rai Lucia Annunziata, ricorda che il
18 novembre in un'audizione in Parlamento del direttore del Sismi, Nicolò
Pollari, è emerso come i servizi abbiano parlato dell'esistenza del pericolo
fin da luglio. Ma il ministro Martino quel giorno ribatteva che «il Sismi
non aveva previsto attacchi specifici, aveva prodotto informazioni che erano
state passate alla catena militare di comando, ma questo non significa che
l'intelligence avesse previsto che ci sarebbero stati attacchi». Martino
sino a ieri sera non ha voluto tornare sull'argomento. Intervenendo alla
cerimonia per il giuramento degli allievi dell'Accademia navale di Livorno,
si è limitato a dire che la missione in Iraq «non cambia». Portare «aiuto e
sostegno a un Paese sfortunato», ha detto Martino, significa da una parte
perseguire «nostri vitali interessi di difesa nazionale» e dall'altra avere
sempre presente che «il terrorismo agisce anche quando non ha spunti» ed è
pronto a colpire «in qualsiasi momento».

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