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Rivediamo un po' il nostro modo di organizzarci

Realizzare l'unità umana non è impossibile

Bisogna coinvolgere gli scienziati umanisti
9 marzo 2008

www.marioragagnin.net
INVECE DI ESAURIRSI A MANIFESTARE E A GRIDARE,
PRETENDERE DAI CAPI LA RESTITUZIONE
DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE DIRETTA COL MONDO
Molti credono che basti gridare “pace pace” per ottenerla
Comunque essi sono convinti in tale maniera di fare tutto quello che possono.
E soprattutto esauriscono tutte le loro forze nei cortei e nelle marce.
Ed è ciò che inconsciamente essi cercano e vogliono: consumare le energie in soprappiù. Così mettono a posto la propria coscienza di “ salvatori della patria”, e si sentono quindi in diritto di condannare coloro che “non li obbediscono”.
Ossia si sentono uniti fra loro contro “il nemico” di turno (come volevasi dimostrare, ossia raggiungere e realizzare).
Se fanno il confronto fra loro e quelli che declamano dalle tribune la stessa cosa nella stessa maniera, si rendono conto dei propri limiti con lo scoprire i limiti degli altri.
Difatti essi criticano anche coloro che, detenendo il potere, non lo usano se non per declamare le belle parole e per fare quei bei discorsi con cui giustificano le cariche e le prebende.
Incaricheranno poi psicologi e letterati, e in primo luogo esperti di relazioni pubbliche, a preparare anticipatamente i discorsi di coloro che parlano dalle posizioni altolocate. Così dimostreranno a tutti che non occorre trovarsi in quelle posizioni eminenti per saper dire quelle cose, e che il pronunciare quelle belle parole non serve a niente.
Parlare direttamente fra basi è il presupposto dell’unificazione
Quando i sottoposti capiranno che chi detiene il potere usa i mezzi di sostegno e di comunicazione (sottratti ai sottoposti) per tenerli sottoposti, separati e di conseguenza nemici degli altri, sapranno cosa chiedere e pretendere dai loro capi .
I sottoposti capiranno che il loro diritto deriva dallo stesso dovere di salvare la situazione, possibile solo a loro, persone di base e perciò più unite con le basi dei cosiddetti nemici che con i rispettivi capi.
Il che vale anche in senso inverso, da parte delle basi fatte essere nostre nemiche, dai loro e dai nostri capi.
Basta dunque che noi possiamo parlare direttamente fra basi per risolvere quei problemi che i nostri capi fingono di tentare di risolvere con le parole.
In primo luogo dunque i nostri capi devono restituirci i mezzi di comunicazione, materiali e psicologici, i riconoscimenti giuridici pari ai loro, la sovranità di poter uscire dai recinti e di entrare in qualsiasi altro recinto.
Noi daremo voce a chi non ce l’ha non per renderci indispensabili intermediari inamovibili, ma perché anche gli altri la acquistino per loro conto, e la diano poi ad ulteriori terzi, in modo che il procedimento si allarghi e tutti diventino soggetti autosufficienti e responsabili di sé e del mondo.
Questo è il principio di giustizia, a fondamento di qualsiasi pace e soluzione di tutti problemi.
Finora si intende, per giustizia, solo i beni materiali necessari alla sussistenza di una vita subordinata. Invece la giustizia consiste nel permettere a tutti di essere capi quel tanto che occorre per estrinsecare sé stessi da soggetti attivi ed autonomi .
La vera cultura è la conoscenza del procedimento
volto a risolvere le cause dei problemi
Quando, per fare bella figura, si dichiara il proprio impegno a chiedere ai responsabili delle nazioni di fare tutti gli sforzi possibili perché sia costruito e consolidato un mondo di solidarietà e di pace, si stanno rafforzando le cause delle ingiustizie e dei conflitti, ossia si lavora per il male, l'ingiustizia e la guerra.
Per ingannare i propri seguaci (che credono proprio perché già ingannati), si finge di voler risolvere i mali del mondo, confermando invece nelle loro posizioni i responsabili di tali mali, i capi delle nazioni.
Bisogna far capire all'opinione pubblica, nostra ed altrui, come stanno le cose.
Allora i Master Universitari di “Gestione dei conflitti interculturali ed interreligiosi” capiranno qual è il loro dovere: di costruire una cultura sul meccanismo stesso della soluzione dei problemi mondiali (risalendo a monte, per scoprire le cause prime e affrontarle sistematicamente).
Finora la cultura, sottoposta ai poteri e al procedimento naturale, cercava di spiegare le cose dall'inizio, fingendo che esistesse la possibilità di una verità assoluta, che i poteri così potevano imporre come ideologie alle persone sottoposte.
Ora abbiamo capito invece che la cultura deve seguire la strada inversa: partire dal presente, spiegandolo nelle sue articolazioni, per risalire a monte e all'indietro, a sciogliere i nodi che provocano il male nel presente.
Bisogna partire dall’insieme del procedimento, e sapere che si può sviscerarlo solo indirettamente, tramite l'azione sull'esterno da cui la conoscenza ci deriva di rimbalzo e di riflesso.
L’organizzazione dal basso si coordinerà utilitaristicamente
Ci si andrà rendendo conto che, facendo dei rapporti di potere a livello umano il modulo logico su cui regolarci, non solo andremo scoprendo ed interpretando tutto ciò che avviene a livello umano, e risolvendolo, ma anche risolveremo e capiremo tutto ciò che avviene (ed è avvenuto finora) a livello sottoumano, dagli atomi un poi.
Ricaveremo da questo rapporto, preso come schema e sistema di misura, anche quali sono i rapporti fra conoscenza e azione, fra esterno e interno, fra prima e dopo, in termini di azione in venuta (che ha provocato la conoscenza) e di azione in ritorno, nostra creativa, che va a sintetizzare il mondo esterno perché ci restituisca una soluzione teorica.
Scopriremo che l'autocoscienza si raggiunge facendo il giro del mondo. Ciò che veniva auspicato letterariamente, artisticamente e retoricamente, è realizzabile e valutabile praticamente e di fatto. Così riconosceremo anche quali sono oggi i valori reali dell'arte e della letteratura, che finora rimanevano in sospeso senza darci una risposta utile.
E insieme, nel mentre capiremo finalmente le cose (noi e il mondo naturale), anche faremo essere l'ordine in noi e nel mondo.
Perché diventerà un interesse nostro, utilitaristico, dell'organizzazione che si andrà formando, il ricollegarci esternamente per completarci internamente.
E questo vale sia per noi che per gli altri, in reciprocità vicendevole di interessi.
Così diventeremo autosufficienti anche psicologicamente: non avremo più bisogno di cercare comprensione e successo all'esterno, perché non considereremo più l’esterno superiore a noi (come avviene oggi).
Saremo noi il baricentro autosostenentesi dell'universo, che andremo aggiustando attorno a noi.
Le scienze umanistiche troveranno il fondamento nell'azione metodologica fra loro, tesa a coordinare ad unità le scienze fisiche e naturali. Le quali finora erano definite da leggi differenti, come se all'improvviso uscissero fuori da chissà dove le nuove leggi. Le scienze fisiche, chimiche, biologiche e organiche, riunendosi fra loro, non saranno neanche più “governate da leggi”, ma da noi.
E l'organizzazione dal basso si coordinerà e si autogestirà formandosi spontaneisticamente nella nuova dimensione e visuale in cui noi avremo inquadrato la conoscenza, dal presente al passato, dall’insieme all'elemento, sinteticamente con l'azione necessaria sull'esterno per farla essere al nostro interno.

Si ricorda che nel sito www.marioragagnin.net
è pubblicato il libro "I Volontari e il Potere",
composto di tre parti:
Il potere ai Volontari,
Il nuovo ordine umano partirà da Israele,
L'autogestione dal basso unificherà e libererà l'umanità.

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