Verona può rinascere con la nonviolenza
Il pestaggio a morte di Verona è l'ennesimo campanello d'allarme. Guai a
non prestare la dovuta attenzione. Sbaglia il Sindaco Tosi a limitarsi
ad invocare la mano pesante della Magistratura. Quei giovani naziskin
(liceali figli della borghesia, o semianalfabeti figli di manovali) con
il mito della violenza fine a se stessa, sono il frutto di una società
carica di violenza strutturale. Proviamo a pensare cosa sarebbe accaduto
se gli aggressori fossero stati stranieri. Si sarebbe invocata la pena
di morte. Sarebbe stato chiamato l'esercito a presidiare il territorio.
Sarebbero accorsi Calderoli e Borghezio invocando l'autodifesa. Le teste
rasate sarebbero immediatamente diventate il baluardo della civiltà, i
difensori dei valori padani contro gli islamici. Invece si scopre che la
violenza cieca viene dal ventre molle della città, dai suoi figli
coccolati. Probabilmente sono i figli più fragili di una città malata;
vittime psicologiche che diventano carnefici fisici.
Non sono fatti isolati. E' un fenomeno che esiste da anni. Troppo spesso
sottovalutato, a volte addirittura tollerato o giustificato. E' a Verona
che prende corpo la violenza purificatrice di Ludwig, prime metastasi di
un corpo malato. Poi, negli anni, le violenze dentro e fuori lo stadio,
le scorribande del sabato sera, le aggressioni di gruppo, i pestaggi e
le bombe, i saluti romani, i manichini impiccati, le bandiere naziste.
Ogni volta tutto viene messo a tacere come caso unico, estremisti
isolati, frutti marci. Invece, forse, si tratta della manovalanza che fa
il lavoro sporco, necessario al mantenimento dello status quo con la
faccia pulita. Verona deve imparare a guardarsi, senza nascondere il
proprio lato impresentabile.
Vivere solo sullo stereotipo della "città dell'amore" non serve più.
Occorre ammettere di essere anche una "città violenta". Violenta nei
disvalori, nella ricchezza, nell'ipocrisia. La città dei due pesi e due
misure. Solo riconoscendosi per quello che è, nel bene e nel male,
Verona potrà ritrovare se stessa. Bisogna saper essere impietosi anche
nella ricerca della verità storica recente. Questa è una città che si è
arricchita ed è cresciuta durante il fascismo, che ha fatto affari d'oro
anche nel periodo buio della Repubblica di Salò. Pochi anni dopo è stata
pronta a fare nuovi affari con gli americani liberatori e occupanti. Poi
è stata una città che ha ospitato oscure trame eversive.
Analizzare senza paura e senza rancore il proprio passato aiuta a
scrivere un futuro migliore.
Tocca alle agenzie educative diventare protagoniste. Alle istituzioni,
alla scuola, alla chiesa, alle famiglie, anche e soprattutto ai mezzi di
informazione. Per curare la malattia bisogna creare gli anticorpi.
Bisogna valorizzare le tante realtà positive che esistono, dare spazio
alle iniziative nonviolente, riscoprire e sostenere la Verona
dell'accoglienza, della tolleranza, dell'ospitalità, della solidarietà,
della cultura.
Bisogna anche avere l'umiltà di farsi aiutare. I nuovi veronesi, gli
immigrati che contribuiscono all'economia della città, possono immettere
fiducia, creare confronto, dare una spinta di novità.
La nonviolenza attiva (che è stata ignorata, irrisa, sbeffeggiata,
ridicolizzata) è lo spartiacque, la pietra angolare su cui ricostruire
rapporti civili. La nonviolenza è l'antidoto. La nonviolenza può essere
la chiave per ritrovare l'anima di Verona.
Bisogna, però, prenderla sul serio. Iniziamo dalla compassione per
Abele, la vittima, e dal rispetto del monito "nessuno tocchi Caino". Per
vivere in pace, bisogna saper essere pacificatori.
Via Spagna, 8 -- 37123 Verona
__________________
Azione nonviolenta
via Spagna, 8
37123 Verona
Tel. 045 8009803
Fax 045 8009212
mail: an at nonviolenti.org
sito: www.nonviolenti.org
Puoi dire che sono un sognatore,
ma non sono il solo (John Lennon)
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