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In marcia con Peace Walk

6 maggio 2008
Alessia Cerantola - Yukari Saito (Centro di documentazione Semi sotto la neve)

Manifestazione in difesa dell'articolo 9 della Costituzione Giapponese Le strade del Giappone sono state percorse negli ultimi tre mesi da un un singolare gruppo: si tratta dei partecipanti alla Peace Walk, la lunga marcia per la pace, che fa parte delle manifestazioni svoltesi contro l’abolizione dell’articolo 9. Si tratta di viaggio a piedi partito il 24 febbraio scorso da Hiroshima, sotto la neve, e arrivato a Tokyo il 29 aprile per partecipare prima alla conferenza sulla Costituzione di Tokyo, e poi alla Conferenza Internazionale sull’articolo 9, il Why not 9.

Ogni giorno hanno partecipato almeno 60, 70 persone e in tutto sono più di 6000 coloro che hanno contribuito direttamente alla realizzazione dell’evento: oltre ovviamente ai marciatori, i volontari locali che hanno offerto pasti e ripari gratuitamente, che hanno organizzato incontri con i cittadini locali o hanno chiesto i permessi alla polizia, e infine i giornali che hanno pubblicizzato la marcia.
Tra questi, un gruppo di 11 persone hanno compiuto tutti i 71 giorni di marcia sotto la neve, la pioggia e il sole, camminando per circa 20 chilometri al giorno, pernottando la notte presso templi, chiese, fattorie di agricoltura biologica o in abitazioni private. Hanno attraversato ben 13 province dell’arcipelago giapponese, da Hiroshima a Kobe, poi fino a Osaka, Nara, Kyoto, Nagoya, Shizuoka, Kamakura,Yokohama e Tokyo, e in tutto, hanno coperto una distanza di circa 1200 chilometri.
Alla guida del gruppo, c’era il monaco Kato della Nichidatsu Fuji, una setta buddista che pratica la marcia come forma di meditazione.
Kato aveva da tempo rivolto a tutto il mondo l’invito a partecipare alla Peace Walk in Giappone, dove si è presentato un gruppo eterogeneo di persone, dalle mamme con in braccio i loro neonati, ai giovani, fino a un anziano di 92 anni, che ha seguito per qualche giorno la marcia. Tra i partecipanti c’erano anche molti stranieri che hanno deciso di unirsi al gruppo della pace per dare il loro sostegno ai cittadini giapponesi in difesa dell’articolo nono della Costituzione.

Marciatori sul palco della manifestazione in difesa dell'articolo 9 Il gruppo che ha preso parte alla Peace Walk è salito sul palco della megastruttura fieristica di Makuhari Messe durante la prima giornata della conferenza internazionale sull’articolo 9, dopo l’intervento del premio Nobel Mairead Maguire e di Cora Weiss, presidente dell’Hague Appeal for Peace (Appello per la Pace dell'Aja).
I partecipanti alla Peace Walk si sono presentati nelle loro magliette azzurre su cui era stampato, un unico simbolico numero, il 9. Nelle loro mani, le bandiere e gli striscioni che hanno portato per tutto il percorso, ormai logori dalle intemperie, ma per questo ancora più carichi di significato. Oltre alla bandiera della pace con i colori dell’arcobaleno, il gruppo ne ha portato con sé un’altra di color oro e argento, disegnata dallo stilista Issey Miyake e ancora una bandiera bianca, con le impronte delle mani dei cittadini incontrati lungo la strada.
I partecipanti al Peace Walk si sono fatti ambasciatori dei messaggi di pace da parte di tutti coloro che non hanno potuto arrivare fino alla conferenza di Tokyo, ma che li hanno incoraggiati, condividendo questa causa e affidando loro il peso delle speranze per l’articolo nono.

Durante la conferenza sono stati letti alcuni di questi messaggi, da parte dei cittadini incontrati lungo il viaggio, che rivolgendosi alla comunità internazionale, chiedevano di riflettere sul valore dell’articolo 9: “L’articolo 9 è un’eredità lasciataci dai nostri genitori e predecessori, e che hanno conquistato con grande sacrificio”, “È il simbolo della nostra dignità di esseri umani”, “Lo Stato giapponese non deve stracciare l’articolo 9”, e ancora “È importante che questa marcia non si fermi a Tokyo, bisogna già iniziare a pensare a che cosa fare una volta finita la conferenza”.

Oltre a queste lettere, molti partecipanti hanno portato il loro messaggio attraverso delle canzoni composte per la marcia e cantate nelle piazze e lungo le strade delle varie città, assieme alla gente del posto. Chitarre e armoniche, hanno accompagnato le canzoni scritte dal gruppo e che il pubblico della conferenza è stato invitato a seguire in coro; queste esibizioni si sono concluse con i ritmi rap di un gruppo di americani che hanno preso parte alla marcia. A fare da introduzione a quest’ultima canzone, le parole di Martin Luther King sul suo sogno di un mondo consapevole che tutti gli uomini sono uguali tra loro.

La Peace Walk ha riunito persone che sono legate all’articolo 9 per ragioni diverse tra loro, ma tutte unite dalla consapevolezza di quali potrebbero essere le conseguenze della sua abolizione per il Giappone e il resto del mondo.
“Difendere l’articolo 9 non è una questione che riguarda solo il Giappone, ma tutti i cittadini del mondo”, spiega Ash Woolson, un ragazzo americano, veterano della guerra in Iraq e ora obiettore di coscienza. “Io sono entrato a far parte dell’esercito nel 1999, durante il college”, spiega Ash, “e come molti altri americani credevo nell’importanza di compiere il mio dovere di cittadino americano nell’esercito. Nel 2003, quando sono stato mandato in Iraq, la mia idea della guerra è totalmente cambiata, e così anche la mia concezione della vita umana. Quando ho sentito l’appello del monaco Kato, ho deciso di unirmi alla marcia della pace in Giappone, per far conoscere anche la mia esperienza e difendere la Costituzione giapponese. L’articolo nove è necessario, non può essere abolito, perché è l’unico modo per creare davvero la pace in Iraq e negli altri Paesi in guerra”.

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