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Due giornate spese bene

Comunicare e prendere decisioni nei gruppi

Appunti di un partecipante a un seminario di formazione alla Nonviolenza
21 giugno 2008

Seminario di Formazione alla Nonviolenza
Comunicare e prendere decisioni nei gruppi
Casa per la Pace di Tavarnuzze-Firenze, 1-2 maggio 2008
Appunti a cura di Leopoldo Bruno

Il corso si avvarrà di un metodo di coinvolgimento con interventi asciutti-concreti.
Come usare il tempo; linguaggio essenziale andando al cuore dei problemi senza fare economia.
Scambio più che fare; essenzialità del linguaggio; come intervenire e interferire per scambiarsi nei dialoghi.
Il laboratorio sarà una II parte di una prima effettuata a gennaio 2008.
Ultime vicende politiche e funzione dei gruppi da assolvere. Valenza politica e di socializzazione, partecipazione sociale: stimoli alla società, pungoli, asola; collegamento che non c’è fra base e istituzioni; base sfilacciata. Che funzione ha un gruppo: associativo, parrocchiale, culturale, familiare.
Impegno dei gruppi a elaborare forme di sviluppo e di difesa. Società a misura d’uomo; partecipazione democratica più civile; che tipo di società vogliamo creare o elaborare?
Supporto ai gruppi per essere meno dispersivi e più aggregativi. Gruppi vittime di antagonismo e competitività, che muoiono. Che metodologia adottare per far diventare prassi le cose. Ruolo di facilitazione nostro e gruppo; di training, allenamento, si apprende facendo, giochi, ruoli, rappresentazioni. Corpo, mente, emozioni, persona.
L’apprendimento solo per il 7% è dovuto all’attività del cervello, per il resto è il corpo che aiuta ad apprendere. La persona aiuta a sperimentarsi, a conoscersi.
Impostazione verticale che ci dice che cosa si può fare e cosa no. Metodologia interattiva che fa emergere i vari nostri personaggi che abbiamo dentro. Nonviolenza ed essere vanno insieme!
Questo vuole essere un laboratorio protetto in cui possiamo sperimentare e osare senza vincoli; metterci in gioco. Lavoro interattivo senza mondo esterno.
Si sono formati contesti di gruppo con esperienze devastanti. Quando discuto in gruppo che cosa non sopporto? Perdita di tempo uguale abbandono: “che ci sto a fare se non si fanno passi in avanti?”.
Perdita di concentrazione; l’essenzialità della comunicazione per rendere vivo l’interesse reciproco: “ci sono e posso dire anche la mia”. Monopolio della discussione. Scarsa congruenza.
Non far male e non farsi male non dicendo le cose. Efficacia dal punto di vista dell’obiettivo e efficacia del benessere.
Come comunicare e prendere decisioni in modo da riportare ciò che è emerso. I conflitti emergono proprio quando c’è da prendere una decisione. Esiste solo il rapporto maggioranza-minoranza? Ed è coerente con un’idea nonviolenta?
Esprimere i suggerimenti, i dubbi, i bisogni di chiarezza; metaconsiglio, dare la possibilità di esprimersi nel gruppo. Che ci sia la presenza di un facilitatore esplicito per il gruppo; una persona che possa funzionare da facilitatore nei processi comunicativi e decisionali nei gruppi. Quali caratteristiche deve avere il facilitatore interno o esterno. Si occupa di: ordine del giorno, partecipazione, decisioni facilitate, ecc.; è specifico sulla dinamica di gruppo.
Due sì e due no del facilitatore. Primo sì: dare rimandi, feedback a coloro che intervengono in discussione cioè sottolineano ciò che è stato detto dagli altri. Secondo sì: chiarire le proposte fatte dagli altri; accorpare e verificare il consenso su di esse. Primo no: non giudicare nel merito della discussione; non dare giudizi di valore; io sono un ruolo; esplicitare-facilitatore versus coinvolgimento ed esposizione personale su una certa proposta. Non interpretare. Sì a sottolineature ed esplicitazioni senza giudizi. Espressione senza tagliare le gambe. Secondo no: non far parlare sempre gli stessi.
Esistono tipi di rimando osservativo, valutativo, di giudizio, interpretativo.
Giudicare e interpretare: quando è foriero di conflitti? Chiediamo direttamente qual è l’idea di chi ha fatto o detto la cosa.
Lo stupore dà la risposta che si è sbagliato qualcosa; il bisogno di una persona di doversi giustificare.
Complicità vs opposizione.
Raccolta, riordino, sistemazione. Ma anche voltare pagina cioè ripulire e prepararsi per il nuovo; ripresentarsi.
Rimanere sempre nell’ambito dell’osservazione, della concretezza, della non genericità e astrazione. Quando io comunico non è detto che ciò si ripercuote direttamente nell’altro. Il dato osservativo non è detto che rimanga nell’altro; si può chiedere se l’interpretazione è giusta. Non giudicare il facilitatore e chiedere ciò che non ha funzionato; ciò che è stato detto; quali vantaggi e svantaggi di una cosa. Attenzione e specificazione dà tranquillità.

Pomeriggio
Giochi di ruolo: situazione fittizia ma che potrebbe esistere. Il modo in cui ciascuno decide di giocare, le caratteristiche le sceglie ognuno. Stare però nel ruolo sempre, altrimenti si rischia di rompere la situazione. Situazione verosimile nel gioco di ruolo. Le emozioni me le gioco tutte. Telelavoro, servizi, meno mobilità, contesto, anziani, bambini, casa: da tutelare.
Il facilitatore: come collegare i tempi e lanciare la discussione sui punti all’ordine del giorno. Il cartellone ci aiuta; struttura l’agenda le dà visibilità uguale partecipazione, responsabilità, democrazia sui punti da trattare uguale apparenti banalità che mettono in gioco la democrazia. Strutturazione della partecipazione uguale democrazia.
Come possiamo spendere al meglio l’orientamento, dare l’esempio. Come facilitatori non solo parole ma comportamenti conseguenti; chi ha la facilitazione deve richiamare al rispetto dei tempi uguale soluzioni in prospettiva.
La nonviolenza è un’educazione!
Rabbia per il ritardo; si parla ma senza risultati; fare cose costruttive altrimenti non si viene più.
Essere è legato all’assunzione di responsabilità mia personale; che responsabilizza anche gli altri. Dissenso, necessità, si ricontratta l’ordine del giorno perché rischio di non essere fino alla fine presente a causa del ritardo (iniziale). Diamo risposte adeguate; ricontrattare per non essere frustrati.
Presenza fisica del facilitatore, soprattutto quando è il momento. E’ importante come siamo seduti, ci dà ritmo. Ci attiva meglio la nostra postura ritta e richiamare con lo sguardo. Sguardo fisso, pensiero fisso. Movimento di sguardo e di corpo uguale più energie spese.
Gioco di ruolo: autogestione per decisione controversa da prendere; non c’è molto tempo.
La realtà ci presenta decisioni poco chiare; astensioni, ecc. Come prendere la decisione. Chi prende la parola diventa facilitatore ma poi si rischia di essere tutti impallinati; sfiduciati in quel momento. Stanchezza, consunzione, portano a maggioranza o minoranza. Minaccia, uso strumentale della decisione. Chi è in minoranza non si sente rassicurato. Senso di rivalsa. Decisioni prese per assunzione di potere. Democrazia rappresentativa con vantaggi e svantaggi.
Nell’ottica nonviolenta non è sulla base del potere che si prende la decisione. Chi non ha facilità per tempi, stima, fiducia, sarà sempre ai margini. Tempi da rispettare.
Dopo la radiografia reale della situazione, oggi abbiamo degli strumenti per poter operare meglio. Gruppi di impotere in cui non c’erano ruoli precostituiti. Chi fa il facilitatore; chi lo può svolgere? Gruppi di autorganizzazione, di non esplicitazione del potere.
Potere assunto ma non riconosciuto o condiviso. Decisione apparente più rumorosa. Chi non parla è coinvolto direttamente nelle decisioni con il suo silenzio. Esplicitare in toto il nostro punto di vista anche se questo comporta responsabilità. Metodo della consensualità, diversità. La diversità può far male ma è la strada da percorrere nell’assunzione di una decisione che sia comunque di un gruppo.
Tecnica del teatro immagine.
Consensualità: dalla frustrazione alla soluzione che mi do io; e nessuno me la può impedire = assunzione di responsabilità.
Consensualità = idee sono patrimonio comune di un gruppo. Nessuno ce l’ha con noi. Si-ma.
Altre abilità corporee; corpi che comunicano più delle parole. Il linguaggio visivo aiuta a prendere contatto con le emozioni.
Cosa induce in me la mia postura.
Capacità di esprimere il proprio essere; capaci di esprimere un cambiamento. Trovare una soluzione di fronte anche a una situazione molto forte. Vedere in positivo anche una situazione non positiva. C’è in ognuno anche la parte positiva che si può far emergere ed è una competenza importante della consensualità. Attenzione a cogliere le espressioni; che uso faccio di ciò che mi comunicano. Come si può uscire da una fase di empasse. Dal negativo è insito un positivo. E’ dalla buca della critica che nasce la pianta. C’è adrenalina ma da essa si può piantare, per poter uscirne fuori. Democrazia da imparare a fare (feedback).
Chiarezza, linearità che facilita i lavori; ossatura più che competenze sulla condivisione.
Ognuno è talmente convinto del proprio pensiero che è dentro la triste realtà di oppressione di oggi; sappiamo che ci stiamo dentro.

2/5/8
In un processo (momento) dialogico consensuale e non decisionale si può, è meglio confrontare le idee dalla comprensione dell’altro e poi dire la propria. No al decisionismo americano-occidentale.
Se c’è bisogno, in una situazione conflittuale si può decidere di non decidere. Di rinviare.
Laboratorio di dinamica.
Non ci si improvvisa nel fare facilitazioni. I punti toccati aprono possibilità di spesa per la quotidianità; luoghi di lavoro.
Processo decisionale con metodo consensuale:
1)facilitatore che apre i giochi; esposizione del punto all’odg.; presentazione degli argomenti; poi raccolta delle informazioni sul tema in oggetto; poi pensiero di tutti e argomenti, necessità, bisogni. Poi proposte generiche, poi scrivere il file rouge. Scelta e formalizzazione della proposta da mettere in discussione: il più possibile comprensiva e chiara. Poi discussione e definizione della proposta definita del file rouge per la presa di decisione. Poi raccolta delle opposizioni alla proposta.
Fermezza dolce.
Non ci sto ma fate pure.
Ricerca dei punti in comune partendo dalle differenze. E’ il sì-ma.
Processo decisionale con metodo consensuale:
1)presentazione dell’argomento all’odg.; 2) raccolta info su tema all’odg.; 3) emersione di raccolta idee, bisogni, ecc.; 4) emersione proposte (ancora non specifiche); 5) scelta e “formalizzazione” della proposta il più possibile comprensiva e chiara; 6a) discussione e definizione della proposta; 6b) raccolta delle opposizioni della proposta; 6c) obiezione di tipo bloccante o parziale (si va al cinema o no? no, non mi interessa proprio niente andare al cinema). Messa in discussione dell’identità del gruppo. Mi dissocio dalla partecipazione. Opposizione parziale: esplicito la mia contrarietà senza bloccare il gruppo. Riserve personali che non bloccano il processo decisionale del gruppo. Posso sostenere oppure no la cosa. Obiezione parziale: non si vuole venire alla manifestazione senza considerarsi fuori dal gruppo che può andare avanti: “Non ci sto, ma fate pure”. 7) oppure prendere qualcosa per integrare la proposta del gruppo; 8) modalità di attuazione della decisione: chi, cosa, come, dove, quando.
2)Il 6c fa ricontrattare tutto.
3)L’opposizione bloccante deve ripetere la sua posizione e se ne assume le responsabilità. Può essere positivo per poi avere un migliore fondamento; l’obiezione bloccante va usata con responsabilità. Si sospende la riunione. Si fa altro. Oppure si capisce se è un caso di nevrosi che ce la fa pagare perché non ha avuto spazio. Riottosità del momento o no. Avvicinarsi alla persona. Contatto, mi avvicino alla persona, accompagnamento da verificare – risolvere anche fuori dal contesto.
Parziali accordi per risolvere i problemi in piccoli gruppi.

Imola, 10/6/8 – Con un saluto da Leo

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