Pace

Lista Pace

Archivio pubblico

Guerra e crisi

Da libri di Mondher Kilani, Roberto Escobar e Philip Hammond, nasce uno scritto che prova a interpretare la realtà.
27 gennaio 2009

Guerra e crisi

L’ipotrofia della ragione viaggia insieme alla volontà di annientamento di altre culture e popoli fino ad approdare allo stravolgimento degli eventi storici contemporanei.

I documenti che girano in internet ci ricordano che nella striscia di Gaza: la popolazione è reduce da due anni di embargo e assedio; il territorio è circondato da un muro; sono stati rapiti e sequestrati numero otto ministri del legittimo governo di Hamas e quindici del Parlamento. Inoltre, un colpo di Stato occidentale ha affidato ad Abu Mazen il governo del restante territorio palestinese; le decisioni delle Nazioni Unite non sono mai state rispettate da Israele che ormai è interessata al solo sostegno degli Usa e al silenzio assenso dei governi europei. E per finire è stato rilevato come “Il governo israeliano sta passando, nei confronti dei palestinesi, dalla politica della persecuzione a quella della eliminazione. Come non vedere negli eventi in corso, non da oggi, una tremenda analogia con quello che il popolo ebraico ha subito? Ma le ingiustizie patite non danno titolo, né morale né politico, a produrre altre ingiustizie ai danni dei più deboli.”

A questo punto, mi chiedo: rappresenta una soluzione quella di sospingere in mare gli israeliani maggiormente responsabili delle stragi di palestinesi? Tale ipotesi avrebbe il limite di essere idealistica (tagliando fuori in primo luogo la cosiddetta banalità del male) e di non chiamare in causa le nostre responsabilità. Comunque, neppure in anni come questi è tollerabile tale violenza. E’ un terrorismo che fra l’altro mette in gioco il proprio sistema, rischiando sanzioni da far scattare nel tempo verso nazioni, famiglie e cose dell’intero Occidente.

In tante persone nel mondo – dall’altra parte - prende corpo la speranza di un’intifada (magari a suon di scarpate in faccia) nella fratellanza dei popoli.

Partigiani ieri come oggi sacrificati in Emilia-Romagna come a New York; in attesa di esser chiamati tali nei libri di storia.
Il sacrificio dei martiri nell’antichità cristiana rivive nell’islam. E non va dimenticato che nel Medioevo il mondo arabo-musulmano non era chiuso nei confronti delle differenze umane, al contrario di quello europeo.

L’occhio globalizzato discetta degli “estremisti di Hamas che controllano la striscia di Gaza”, mentre degli israeliani (di cui di rado si rammenta la differenza da chi è di religione ebraica) si parla solo edulcorando, partendo da lontano, diluendo con l’antisemitismo, l’antisionismo, ecc.; argomenti che in ogni caso non troveranno mai la certificazione di un bene o un male al 100%. Così facendo, il fatto concreto che - mentre noi viviamo - c'è una popolazione di un milione e mezzo di persone che non si rassegna a “vivere” uno addosso all’altro in un carcere a cielo aperto, diventa un elemento della contingenza.

Ormai da anni parlare di guerra israelo-palestinese vuol dire stravolgere le cose; equivale a prendere già posizione: i palestinesi in realtà so’ quattro razzi in croce! La nazione di Israele è da anni considerata come la quarta potenza militare (in possesso di bombe atomiche?).
E qualche opinionista dovrebbe argomentare sul perché gli Stati canaglia non dovrebbero in quanto tali rifornire Hamas di missili.

Meglio parlare della guerra a zero morti senza campo di battaglia, errori, ecc.; dominio senza contatti; zero rischi della vita, zero relazioni con l’altro. Ovviamente tutti i territori dell’Impero vanno tenuti fuori, non è di certo qui che si deve a malincuore combattere. Campo di battaglia non devono essere le nostre città, né obiettivi essere le nostre istituzioni o cari amici perché non c’entrano assolutamente nulla. Se proprio proprio, andate ben a prendere Bush o qualche suo amicone (basta chiedere permesso a chi li circonda, sono governanti sempre vicino a noi: lì nei Tg).

Nel frattempo, ci è dato ancora da capire quali siano “Pace e tranquillità” di Usa e al-Qaeda, e quali le più vantaggiose.

Il nostro diritto di torturare e uccidere è tollerato se fuori dai nostri territori (Guantanamo, Abu Ghraib, ecc). Le truppe che mostrano il lavoro sorridendo - accanto a corpi accatastati – ci rassicurano; svolgono il compito di seviziare e salvare il mondo anche per noi.
Sono le mele marce dei benemeriti eserciti che ci rappresentano. Come quei macellai di Genova 2001: le sentenze hanno certificato che è capitato, può capitare e capiterà ancora.
L’Italia con le sue Forze armate è presente in 22 Paesi nel mondo (come ha ricordato Napolitano con la sua coltre di retorica nel messaggio di Natale alla Nazione). Stiamo sereni.

In realtà, il potere non è mai totale e continuo. Comunque, ciò che stupisce non è l’efficacia del sistema ma la rassegnazione di menti e corpi, anche giovani universitari che ripetono: “ma dobbiamo partecipare ed esserci tutti tutti alle iniziative” oppure “non abbiamo proposte valide” (come se il potere lasciasse lavorare e fare) e così si fa poco o nulla rinchiudendoci ognuno nel proprio loculo (auto, casa, schermi, coperte di lana), inchiodati a noi stessi. Invece, c’è da guardare negli occhi il sistema e scartarlo via. Sferrare un attacco alla vita quotidiana che non è neutra ma è l’asse portante dell’Impero. Meno consumi; comprare oppure non: in modo mirato e motivato. Costruire piccoli gruppi di socialità per creare e agire.

Sofferenze e insicurezze quotidiane non si sommano in una causa comune poiché si formano in una prospettiva che esclude la relazione con gli altri. Si conferma in questo modo sia la normalità della sconfitta sia immaginarsi individui in solitudine. I telespettatori non guardano fuori dalla finestra; danno i loro occhi alla messa in scena del consenso. Le loro vite sono riempite da fiere delle crudeltà, carnevali della pietà e innumerevoli esseri splendenti ma toccabili; da noi incontrabili così da dover essere sempre pronti a rispondere per strada con un sorriso al loro sorriso, con un cenno al loro cenno confidenziale. Vip a busta paga che esprimono una finta quotidianità, nella quale gli spettatori possano così riconoscersi immediatamente.

Sorveglianza intesa come spettacolo del “potere onnivedente” che non esiste ma viene fatto credere. Spettacolo della precarietà delle due torri, luogo comune di un mondo in lento sfacelo. Twin Towers simbolo scardinato dei nostri tempi. Lo spettacolo della distruzione è stato globalizzato. E’ ok finché risulta instradato nella guerra del Golfo del 1991; guerra e war game; le nostre bombe intelligenti; la guerra da noi come non l’avevamo mai vista e che facciamo di tutto per vedere.

Lungo le strade dei centri storici dell’Emilia-Romagna ci sono le targhe di giovani morti per la libertà. Adesso come allora i resistenti donano se stessi come e dove riescono, a difesa della propria gente.
Mettere a rischio nella rivolta una vita che ha valore; per chi spenderla; la disponibilità della propria morte. Non decidiamo noi la nostra morte; tutti - italiani o palestinesi - viviamo senza una visione davanti, che sia di ognuno.
Individualizzati nell’obbligo di fronteggiare le malattie; ci colpevolizzano per la mancanza di un buon lavoro (ma non per la sconfitta davanti all’obiettivo di vivere bene insieme ad altri che vivano bene anche loro: chi è a margine della strada va lasciato lì, non dobbiamo occuparcene).

Quando ci si rifiuterà di vedere puntate in tv, competizioni fra professionisti, film imperdibili o spettacoli di satira uguali a magnifici sfogatoi. Quando arriverà il rifiuto verso un nuovo comando. E’ nostro sacrosanto diritto di fare e disfare un altro mondo possibile che nessuno mai ci lascerà costruire senza lottare. Partendo da Salvo d’Acquisto per finire al più sconosciuto dei Partigiani, dopo 65 anni torniamo a rinnovargli un senso. Quei terroristi dei Partigiani che facevano attentati contro i nazisti al solo scopo di uccidere...
A processi d’imposizione corrispondono processi di resistenza, producendo rifiuto, rielaborazione o finendo in mera adesione.

Il Papa in primavera va a fare ammuina a Gerusalemme. Parlerà dei criminali israeliani, di uno Stato mostro, creatura informe dell’Occidente? Oppure darà la propria benedizione alla guerra misericordiosa, quella con la risonanza messianica del Bene contro il Male?

Nel 2008 – oltre la figura umiliata e umiliante di Gorge W. Bush - ci sono stati fra gli altri il dimezzamento del valore di borsa gestito da Wall Street, il fallimento della politica europea di Nicolas Sarkozy, fino a chiudere col flop delle malinconiche feste di capodanno nelle capitali d’Occidente.
Nel 2009 si riuscirà a organizzare un corso di storia contemporanea - a frequenza obbligatoria - rivolto ai Responsabili della Fiera del libro di Torino?

E tra le risposte al massacro condotto con la Stella di David, l’ipotesi che gira è la III intifada, quella mondiale; il sistema – come sappiamo - non è capace di presentare Tzipi Livni & C. davanti alla Corte Penale Internazionale.

“Si dovrà attendere per l’eternità che la morale o il diritto internazionale (che li si violi apertamente o che vi si faccia ipocritamente appello) determinino con il minimo rigore una responsabilità o una colpevolezza per centinaia di migliaia di vittime” afferma Jacques Derida in “Donare la morte”.

L’Impero priva anche la protesta più indignata di qualsiasi conseguenza pratica o simbolica (i musulmani non possono liberamente pregare in piazza: ci vuole un permessino); ciò è fatto apposta per creare fra la gente dapprima indifferenza e poi esasperazione. Il tutto viene spinto a sfociare in violenza. Basta lanciare uova o incendiare un pezzo di stoffa e il problema è risolto: manganelli e/o denunce condite dall’accondiscendente ferocia mediatica. La magistratura per esercitare le funzioni di controllo ha bisogno di una giustificazione.
Chi affigge due volantini si incappuccia perché c’è il rischio di essere denunciati.
Un’altra strada è il boicottaggio dei prodotti israeliani, come quelli con codice a barre 729?

Shoah, Genocidio, Olocausto; invece per le 2 bombe atomiche sganciate sul Giappone a guerra finita (come certificato dalla storia) non è stata ideata nessuna definizione immediata, creata per una tale atrocità. Eppure il pilota Usa, ad anni di distanza dallo sgancio di una delle bombe, alla sua morte ha preferito far disperdere le proprie ceneri nell’oceano piuttosto che poi subire la profanazione della tomba per via dell’indignazione popolare.

E’ nel momento in cui accadono che Hitler e Berlusconi diventano possibili.

A modo loro, un secolo dopo l’altro, H. e B. sono esito della democrazia reale. Un sistema alla canna del gas.

Crisi intesa come la fine di benessere e progresso badati dallo Stato e offerti dal mercato;
dallo Stato regolatorio a quello competitivo; dall’interesse pubblico all’efficienza.
Con la nazione come forza trainante della politica, gli antagonismi di classe spariscono, trascesi nell’interesse della “collettività unita”, nell’azione verso un obiettivo comune di grandezza: oggi e sempre Forza Italia.

Qui da noi, la sinistra è chiamata a svolgere una politica anticapitalistica e/o una politica dei diritti di lavoro, reddito, ambiente, genere, ecc.: non c’è chi svolga l’una non c’è chi svolga l’altra. Tutto questo mentre nelle piazze c’è chi subisce imputazioni di resistenza e oltraggio per il solo fatto di venire aperto da un manganello.
Per valutare ciò che è centrale nel funzionamento del nostro sistema oltre che la pantomima Alitalia si può ricordare che Radio 1 Rai (la più ascoltata in Italia) dedica un’ora per sera a un programma che si chiama “Uomini e camion”. No di certo: uomini e precarietà, uomini e migrazioni, uomini e disoccupazione. Mobilità, strutture, linee di trasporto, sono l’anello debole del sistema capitalistico attuale. Per l’Italia, vista la sua conformazione e i suoi limiti storici infrastrutturali, la situazione è proprio critica (insieme alle necessità energetiche).

Seguendo l’informazione mainstream si può ragionare così: noi occidentali bombardiamo l’Afghanistan per permettere agli afgani stessi di riprendersi il controllo del proprio paese. Oppure: Israele attacca la striscia di Gaza per liberare i palestinesi dai terroristi di Hamas (ovvero liberarli di una parte della propria gente che fra l’altro ha vinto le recenti elezioni democratiche).
L’Impero va a liberare i palestinesi dal proprio partito di maggioranza; e chi mai verrà a liberarci di Berlusconi? Chiunque egli sia, per favore: faccia presto.

Oggi il livello della nostra routine è tale che finanche le giunte legeresse di centrosinistra hanno dichiarato bancarotta. Del resto, la “democrazia reale” nostrana ha tra gli altri sfornato: Alfonso Pecoraio Scanio come responsabile dei Verdi; Paolo Ferrero ministro Comunista; Luisa Morgantini che sventola bandiera bianca; e la Rossanda che si balocca col Manifesto, che nei suoi ragionamenti va pubblicato per via del “senso comune” (e in effetti altri motivi per uscire non ne vedo).
La democrazia è stata tramutata in mero diritto di voto fra Berlusconi e Veltroni.

Nei prossimi mesi – oltre che la risposta alle stragi compiute a buon fine dagli occidentali - il problema grosso in Usa potrà essere recato dalla voragine del proprio debito pubblico che la Cina comincia a non finanziare più; qui da noi cova lo scoppio delle Amministrazioni locali, che si son rette fin qui su montagne di debiti.

Dal canto suo, Obama con le sue nomine ha scelto persone che rappresentano nel Partito democratico le posizioni di centrodestra, in continuità con la politica di deregolamentazione cominciata da Carter (prima ancora che da Clinton) con la liberalizzazione delle linee aeree. Che piaccia oppure no, questo conferma che chi lavora per un cambiamento strutturale è stato costretto ad uscir fuori o è stato direttamente cacciato dalle rappresentanze istituzionali (vedasi nel nostro piccolo l’estromissione dei due senatori che votarono contro la prosecuzione delle guerre voluta dal governo Prodi).

Terrorista è chi fa viaggiare macchine da guerra senza pilota-guida all’indirizzo di popolazioni inermi che vivono nel proprio territorio oppure chi dà se stesso a difesa della propria gente? Son tutti terroristi? Nessuno è terrorista? Qual è la regola da applicare?
Dappertutto non è più possibile la pacificazione della società assegnando posti e ingrassando le istituzioni. Nel silenzio e nella paura, vige una repressione poliziesca, risarcitoria e giudiziaria: è la forza di chi detiene potere. Ma grazie alla compiacenza interessata delle leggi di casta (fatte approvare dal Cavaliere), Ciampi e d’Alema al momento si salvano dall'accusa di violazione della Costituzione per aver fatto entrare in guerra l’Italia dopo 55 anni, bombardando la Jugoslavia. Fino ad allora, l’aeronautica militare italiana si occupava ormai solo di meteorologia. Dei tribunali militari si parlava esclusivamente con l’obiettivo di una loro chiusura e accorpamento con quelli civili mentre i loro giudici andavano verso l’età del pensionamento.

Dal militarismo umanitario alla guerra al terrorismo lanciata nel 2001 come tentativo di risolvere la crisi di senso del sistema. O invece - come ricorda Ulrich Beck -, adesso la guerra non si fa nemmeno più per realizzare qualcosa di buono ma per evitare che succeda qualcosa di negativo: per prevenire il peggio.
Beh, addirittura contro le armi di distruzione di massa in Iraq sono state inventate le armi e quindi inventato il meno peggio.

Mondher Kilani in “Guerra e sacrificio” ricorda l’elenco d’arlecchino: “…la grande potenza ha raccolto intorno a sé una coalizione americano-europea-araba in occasione del primo conflitto del Golfo (1990-1991); ha preso il comando dell’intervento dell’Onu in Somalia nel 1993; nella ex Jugoslavia ha sostituito gli imbelli Caschi blu con una forza della Nato, essenzialmente sotto il comando americano; in Congo ha messo in piedi una complessa coalizione di più stati africani per sostenere il potere di Laurent-Désiré Cabila; ha costituito una coalizione con la Gran Bretagna e con altri paesi per invadere l’Iraq nel 2003…”

…E il 6 maggio 2004 Donald Rumsfeld ammette che esistono molte altre immagini come quelle che sono venute alla luce da Abu Ghraib e che ci sono registrazioni in video di stupri e omicidi.

Philip Hammond in “Media e Guerra” esprime una secca considerazione: “…questo è esattamente ciò che è diventato [l’11 settembre]: un altro argomento attraverso il quale i conservatori cercano di far aderire la società a una serie comune di valori morali e patriottici”. E ricorda il pensiero di Jean Baudrillard ne “Lo spirito del terrorismo”: “abbiamo sognato quell’evento…sono loro che l’hanno fatto, ma siamo noi che l’abbiamo voluto”. Hammond continua “sostenendo che ‘l’Occidente […] diviene suicida e dichiara guerra a se stesso’, Baudrillard ha messo in evidenza la mancanza di valori aggreganti nelle società occidentali. Nell’assenza di visioni fiduciose del futuro, l’11 settembre ha ulteriormente accentuato un senso di vulnerabilità e paura già molto intenso. Facendo riferimento a Baudrillard si può certamente affermare che l’attacco ha rivelato la ‘fragilità interna’ del sistema”.

Crisi intesa come evento usato dal capitale per riorganizzare il processo lavorativo nel tentativo di sfuggire al conflitto operaio?
Non ci sono impegno politico, responsabilità, controllo dal basso né quindi alcuna richiesta di
trasparenza; c’è la frenetica attesa che il campionato riprenda dopo la lunga pausa natalizia perché non possiamo fare a meno di una dose. Non ci sono più eroi ma spettatori, di guerra.
Il circuito mediatico casereccio in questi giorni assegna all’Italia un ruolo sullo scenario mondiale in qualità di “presidente dei G8”; parafrasando un modo di dire, tale funzione è “cotta e inventata”.

In tutto ciò, l’Onda anomala non vuol pagare il conto e viaggia incontro all’obiettivo di far saltare il banco, mandando all’aria il quieto vivere che accompagna i tempi di crisi; gli studenti generano capacità spendibili.

La guerra da fattore principale di difesa della società contro la sua divisione si è trasformata in fattore principale di controllo della società contro la sua emancipazione.
La fine di ogni sistema viene da sé; da un potere senza autorità, in cui quindi chi obbedisce lo fa non credendo alla legittimità di chi comanda. Il tramonto del capitalismo viene sì dal certificato fallimento dell’economia ma anche dalla desertificazione della democrazia, dell’informazione e di ogni aspetto delle relazioni sociali e affettive. Questa è crisi!

Da un sistema senza più alcun senso, siamo passati a un senso indicibile: è lo squallore della vita quotidiana che fa vergogna. Cittadini meno liberi e più isolati.
Crisi come cimitero d’imprese e di banche; in Usa adesso chiudono anche le chiese. Svaniti i vantaggi economici (per coloro che ne hanno goduto), l’unica forma di solidarietà che accomuna gli europei è l’ansia. L’Ue è uno zombie della storia; le sconfitte sancite dal voto dei suoi stessi cittadini sono lì a testimoniarlo. Trattati, Costituzioni, Trattati-costituzionali si votano ridicolmente solo fra le istituzioni stesse. Quelle locali, nazionali e globali (democratiche oppure no) sono andate in apprensione; incapaci di suscitare entusiasmo, hanno come preoccupazione centrale quella di regolare e controllare la propria ragion d’essere che è loro divenuta controparte: i cittadini. Nelle nostre strade viviamo come nel Panopticon ideato da Jeremy Bentham: una macchina occhiuta in cui si vegeta rassegnati (sotto il peso dei nostri stessi interessi e calcoli), e per giunta siamo convinti di esser sempre visti.
La cittadinanza è fuori gioco. Fuori gioco tutta la massa di migranti che non votano ma che fanno statistica quando servono (ad es. in demografia); e poi vengono ricacciati fuori anche dalle istituzioni sanitarie. Nel contempo quelli lì non ci devono recar disturbo.
La gente non è più in grado di partecipare agli affari pubblici; ha perduto il ruolo di influenzare le decisioni politiche. Cittadini inesistenti per lo Stato: è venuto meno il collante. Le conseguenze le si vanno a vedere.

Zygmunt Bauman in “Voglia di comunità” va oltre; espone la tesi che i governanti adottano adesso una strategia più morbida di ulteriore insecurizzazione, instillando nei governati una condizione di costante incertezza del futuro e la fortissima sensazione di non essere padroni del presente; inducendo in loro una crescente incapacità di previsione ed elaborazione politica; autoalimentando negli stessi governati la disciplina, senza bisogno di guardiani o caporali chiamati a imporla con la forza.

In parole povere: se per quanto riguarda un qualsiasi ministro d’Occidente basterà ottenere la protezione vita natural durante di sé e degli stretti familiari-collaboratori, per quanto concerne ciascuno di noi dobbiamo farci un mazzo. Non dimentichiamoci che la fine del sistema arriva per autodanneggiamento e incapacità ma anche grazie a contributi personali. Coloro che restano fermi in azioni e idee non soltanto non esercitano il proprio diritto per un altro mondo possibile ma inoltre consentono alla feccia di muoversi e creare.

In tutto questo, c’è chi in buona fede crede che sia stata Hamas ad attaccare Israele e non ad esempio la volontà dei partiti del dimissionario governo Olmert di giocarsi la carta della vittoria sul campo, per affrontare poi con speranza le imminenti elezioni.

Adesso ho da fare. Mi fermo qui perché se dio vuole riprende il campionato, ma - dalle migliaia di manifestanti a Bologna al milione di queste ore a Damasco - il segnale è luminosamente comune.

10/1/9 - Leopoldo BRUNO

Questo documento è stato scritto leggendo e anche riportando liberamente da:
Guerra e sacrificio di Mondher Kilani, Dedalo, 2008; La libertà negli occhi di Roberto Escobar, il Mulino, 2006; Media e Guerra di Philip Hammond, Odoya, 2008.

bruno.leopoldo@libero.it

Articoli correlati

PeaceLink C.P. 2009 - 74100 Taranto (Italy) - CCP 13403746 - Sito realizzato con PhPeace 2.7.19 - Informativa sulla Privacy - Informativa sui cookies - Diritto di replica - Posta elettronica certificata (PEC)