Il Presidente Napolitano collega il 25 Aprile alle missioni militari all'estero. Ma i partigiani non hanno combattuto per le "guerre del petrolio"
Il Presidente della Repubblica ha detto una cosa verissima affermando che la Resistenza rivive oggi nella Costituzione.
Meno condivisibile è la sua tesi secondo la quale la Resistenza si incarnerebbe anche nelle missioni militari italiane all'estero che sarebbero coerenti "con l'aspettativa ideale e la concreta volontà di costruire un futuro migliore, che ispirarono - ha detto - le decisioni dei soldati e dei cittadini italiani, all'indomani dell'armistizio dell'8 settembre 1943, quando scelsero di reagire, anche mettendo a repentaglio la propria esistenza".
E qui il Presidente della Repubblica si è soffermato sull'esigenza di rafforzare l'impegno militare (con relativa spesa) che sarebbe "un contributo alla sicurezza ed allo sviluppo della comunità internazionale al quale non possiamo venire meno e che anzi, in prospettiva, è necessario rendere più efficace" nonostante le difficoltà per la "grave crisi finanziaria ed economica".
Napolitano raccomanda "ulteriori recuperi di efficienza" nell'ambito dell'attuale organizzazione della Difesa.
Ancora una volta si spreca, nella preziosa occasione del 25 Aprile, di ricordare che in quella data il popolo italiano scese in piazza festoso perché la guerra era finita e perché non ne avrebbe voluta fare più alcuna.
L'eredità del 25 Aprile è oggi nelle mani del movimento per la pace che più volte ha sottolineato il valore imprescindibile dell'articolo 11 di quella Costituzione il cui il 25 Aprile rivive: "L'Italia ripudia la guerra".
Non esiste oggi una minaccia simile a quella del nazismo di Hitler. Quella tragica minaccia sarebbe l'unica emergenza a cui fare riferimento per giustificare un impegno "in armi" della nostra Nazione.
Ma la scelta, più o meno legittima, di svolgere un ruolo di primo piano nel panorama militare internazionale non va confusa con la scelta dei padri Costituenti che mai avrebbero immaginato che un areo italiano potesse bombardare in Afghanistan.
L'uso della storia per giustificare il presente si rivela sempre più una manipolazione della memoria, di cui dobbiamo rimanere fedeli tutori.
Le "guerre umanitarie" a cui ci hanno abituato gli ultimi governi non sono in alcun modo coerenti con lo spirito del 25 Aprile. Non lo sono assolutamente, tanto che per fare queste guerre hanno dovuto modificare l'esercito di leva in esercito di professione.
Senza quella modifica i soldati di leva si sarebbero ribellati a missioni che hanno in molti casi presidiato basi Nato "fuori area", pozzi petroliferi, oleodotti, gasdotti e zone strategiche per gli interessi economici occidentali all'estero. Quel rischio è stato monetizzato nell'esercito di professione e l'obbedienza è stata ottenuta in cambio della paga delle missioni all'estero. Le "guerre del petrolio", ampiamente documentate da Benito Livigni in un suo libro, non hanno nulla a che fare con la Resistenza.
I partigiani rischiarono la loro vita senza alcun compenso e senza schierarsi a tutela dei corridoi energetici, caro Presidente.
Occorre purtroppo ancora sottolineare che questo Stato della retorica che si fregia di difendere la libertà all'estero non riesce a difendere la libertà in Italia e a far passeggiare libero per la strada lo scrittore Roberto Saviano, che vive chiuso in una stanza bunker sotto scorta armata mentre i suoi "cecchini" scorazzano per le strade.
Poco fa il sindaco antimafia di Gela, Rosario Crocetta, ha dichiarato: "Da sei anni vivo blindato". Contro di lui la mafia aveva predisposto un piano di morte, scoperto in queste ore. Ma noi ci preoccupiamo di difendere con zelo "la libertà" in Afghanistan, o almeno così dice il Presidente Napolitano. Come se Bin Laden avesse puntato i fucili su Rosario Crocetta.
(Albus Silente, "Harry Potter and the Goblet of Fire")
Per vivere bene, tranquillo e senza tanti problemi di sicurezza... un politico in carriera non deve impicciarsi di mafia ma deve pensare di gonfiarsi il petto e appoggiare le nostre sacrosante missioni all'estero. Questa è la regola aurea.
Ma così facendo i costi di missioni militari come quella in Afghanistan (sempre più "missione di guerra" a tutti gli effetti) finiscono per gravare in modo ingente sul bilancio dello Stato sottraendo risorse alle vere minacce che insidiano la nostra sicurezza: mafia, camorra e 'ndrangheta.
E sono incomprensibili acquisti di altri aerei e mezzi militari mentre in questo momento nel Paese occorre un imponente sforzo di ricostruzione nelle zone terremotate.
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