Iran, i giovani veri protagonisti di questa stagione di protesta
I risultati delle elezioni sono un’occasione preziosa per comprendere quanto il regime della Repubblica Islamica dell’Iran non sia riformabile!
Non più tardi di una settimana fa avevamo ribadito che “ le elezioni in Iran - Giugno 2009 non sono un’occasione per la democrazia “.
In Iran, nessuno dei 4 selezionati, tra i 475 candidati, era un riformista. In effetti chi continua a difendere il Giureconsulto ( Velayat- e- faghih), non può definirsi riformista. Non è possibile cambiare un solo articolo del Codice Civile, Penale e della Costituzione Iraniana, attraverso l’assemblea degli esperti e i consigli della rivoluzione.
Trent’anni fa, il fondatore della Repubblica islamica, Ayatollah Ruohollah Khomeini, scriveva premonitore: “ la Repubblica islamica, non tollererà chi la critica”.
Lo stato teocratico, sin dal primo giorno dell’insediamento, ha esercitato il suo potere brutale contro qualsiasi voce che lo contestasse, violando le norme più elementari dei diritti umani in Iran ( e non solo in Iran).
Secondo l’ art. 115 della Costituzione del Giureconsulto iraniano, il presidente della Repubblica deve essere scelto tra i Regial ( termine che significa persona solamente in senso maschile). Questa semplice condizione sta a significare che in Iran i cittadini non sono uguali, non possono avere gli stessi diritti, perché le donne sono escluse. Ciò è in contraddizione con gli articoli 2.3.18 e 19 del manifesto internazionale dei diritti civili e politici. Tra i candidati erano presenti 42 donne, sono state tolte dalla competizione elettorale proprio per il loro genere.
Fatti
Tutta la sceneggiatura del periodo elettorale era finalizzata a portare più persone possibili alle urne. Risultato raggiunto in modo perfettamente diabolico.
Gli elementi che hanno favorito il successo del regime, per quanto riguarda la partecipazione elettorale, sono stati:
l’autorizzazione alla libera manifestazione elettorale;
l’autorizzazione a scegliere gli slogan e le rivendicazioni elettorali;
i dibattiti e le discussioni nella società e contemporaneamente in televisione tra i candidati e lo smascheramento di Hascemi Rafsanjani ( personaggio molto discusso ma che nessuno fino a quel momento era riuscito ad attaccare), responsabile di aver saccheggiato il paese ed arricchito le sue tasche, di aver interferito nelle elezioni e di aver sostenuto economicamente i tre candidati contro Ahmadinejad.
Tutto ciò aveva permesso alla popolazione di discutere apertamente e liberamente della finanza delle tangenti, dei misfatti del regime, della povertà in cui versano milioni in Iran, e cosi via.
Contemporaneamente le forze dell’ordine ( esercito, passdaran, i servizi segreti, bassij, corpo di polizia in borghese) sono stati allertati dai loro comandanti con a capo direttamente l’ Ayatollah Khamenei .
Il regime con la scusa di controllare eventuali proteste si è preparato in modo eccellente per reprimere la popolazione nel sangue, non appena terminate le elezioni.
Con le elezioni ancora in corso sono stati bloccati SMS e le linee telefoniche con l’estero sono state disturbate, è stato fatto divieto di qualsiasi raduno, sono stati accerchiati i quartieri generali dei candidati in particolare quelli di Mussavi e Karubi, con aggressioni fisiche, sono stati posizionati migliaia di poliziotti presenti nei luoghi strategici ( tra cui le università, i Bazar, le fabbriche).
Tutti si aspettavano i risultati il mattino del giorno dopo, ma solo poche ore dopo erano già state scrutinate oltre 40.000.000 di schede ( un progresso senza precedenti nella storia dell’informatica iraniana, con gli elettori che mostravano l’inchiostro sui polpastrelli). I giornali vicini ai candidati sono stati minacciati di non pubblicare gli articoli inerenti ai brogli elettorali.
L’ingegneria delle elezioni è stata talmente ben organizzata che l’occidente non ha potuto fare altro che prendere atto della situazione e descrivere la vivacità delle elezioni e la partecipazione delle masse, considerando Mussavi un riformista e un’ alternativa democratica in Iran.
Risultati
Il regime intendeva dimostrare a tutto il mondo che il paese vive di ottima salute, di democrazia partecipativa, che la popolazione accetta il regime, con oltre 80% dei votanti ( gli osservatori parlano di circa 25 milioni di votanti, sicuramente almeno metà sono schede di Mussavi). Tutto questo avrebbe rafforzato il prestigio delle 4 persone scelte dal giureconsulto, dimostrando la saggezza della scelta dell’ Ayatollah Alì Khamenei.
Purtroppo la popolazione si era recata alle urne non per scegliere i suoi veri candidati ma i 4 candidati del regime ( grave errore di analisi di alcune organizzazioni dell’ opposizione e di alcune personalità giuridiche, politiche ed accademiche soprattutto all’estero, che hanno partecipato alle elezioni).
Il teatrino del regime voleva trovare milioni di attori che, versando nelle urne le schede elettorali, manifestassero il loro ossequio al Velayate Faghih.
Conclusione
La scelta di Ahmadinejad da parte del clero, e il mantenimento degli organi di repressione e di sicurezza, legati ad esso, ha dimostrato alla popolazione, che per potersi liberare del regime l’alternativa non è la scelta del male minore ( se avesse potuto vincere Mussavi), ma un’auto organizzazione pacifica di milioni di persone della base, in particolare le donne e i giovani ( in Iran, oltre 48 milioni di persone hanno meno di 33 anni), per rivendicare la libertà e l’uguaglianza, che è in antitesi con l’esistenza dell’intero regime ivi compreso dei moderati .
I giovani hanno dimostrato di essere i veri protagonisti di questa stagione di protesta. Oggi nella manifestazione in tutto il paese ed in particolare a Teheran, scandivano slogan, “ meglio morti che umiliati”( sette le vittime nella manifestazione di Tehran). Vale la pena di sottolineare che non tutti i manifestanti nei cortei avevano votato.
Un movimento di solidarietà di milioni di persone deve essere organizzato in modo permanente, gli studenti e i giovani devono essere insieme alla popolazione repressa, con le parole d’ordine: morte alla dittatura, no alla Repubblica Islamica, sì alla democrazia . Il movimento spontaneo che si presenta periodicamente deve trasformarsi in un movimento continuo, capace di crescere nella sua organizzazione fino a raggiungere una ramificazione in tutto il paese con un coordinamento nazionale.
I candidati cosiddetti riformisti dovrebbero dimostrare nei fatti che ciò che promettevano non erano slogan, dovrebbero mostrare da dove vogliono cominciare il cambiamento. Sanno molto bene che per qualsiasi sostanziale riforma si deve iniziare dall’uguaglianza della donna e per poterlo fare si deve modificare l’ intera costituzione della Repubblica islamica.
Noi iraniani all’estero, circa 15.000 in Italia, uniti in movimento per la libertà e l’uguaglianza che si opponga al regime del Giureconsulto, assieme ai democratici e ai difensori dei diritti umani, dovremo creare un comitato di solidarietà ai popoli dell’Iran in lotta contro il regime della Repubblica Islamica.
Italia 16.06.2009
Mohsen Hamzehian - updi@libero.it
(Unione per la Democrazia in Iran – Italia), Iranian Human Rights Activists Groups In EU and North America (Member of World Coalition against the death penalty).
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