Ma non è una festa
Siamo alle solite - e per fortuna che la ricorrenza passa ormai un po' sottotono, e non dà più quel giorno di "festa" in più, tanto comodo nel passato per costruir meglio il "ponte dei Santi"...
Parlo ovviamente della giornata di oggi, che da "Festa della Vittoria" diventa da tempo "Giornata delle Forze Armate" come se si dovesse gioire in questo, nell'esistenza stessa di "forze" dello Stato capaci sì di "difendere il territorio" ma soprattutto di perpetuare il concetto che per portare una "pace" occorra arrivare a toglier la vita ad esseri umani come noi.
Una giornata che - come anche leggo dall'editoriale odierno su Peacelink - sia invece una proposta, e vissuta come momento di riflessione e magari di maturazione personale. Come sorgente di atti che portino a tutti noi quella cultura di pace che solo un'educazione alla pace può generare.
Nella nostra società attuale, società dell'immagine, siamo tutti intrisi di apparenza e non di vita concreta. Viviamo spesso "a imitazione di", secondo i cliché che il mezzo mediatico d'eccezione ci inonda dai suoi pixel colorati, e che più o meno inconsapevolmente assorbiamo. E se per esempio vengono elogiate le nostre truppe in Afghanistan, ecco che il concetto stesso di "forza armata" diventa un modello in positivo - altro che le convinzioni sagge di chi appena dopo l'ultimo conflitto - come pure dopo la Grande Guerra - faceva scaturire dalla propria esperienza degli orrori vissuti e subìti!
Nessuna festa per oggi. Sarà festa finalmente quando diverrà concreta, anche nel nostro vivere e nella nostra società, la convinzione di chi, memore della furia distruttrice di quegli anni bui del secolo passato, arrivò a fissare, nella speranza di un futuro migliore, nell'articolo 11 della nostra Carta. "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali"
Arriveremo a una civiltà senza guerre?
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