Tutti a difesa del Crocifisso, ma ai crocifissi incarnati chi ci pensa?
Alcuni giorni fa la Corte Europea, su ricorso di una cittadina italiana di origine finlandese, ha affermato che i crocifissi vanno tolti dalle scuole e dagli uffici pubblici. Lungi da me entrare in un dibattito infinito, dove si confrontano e scontrano le posizioni più diverse, ma quanto sta accadendo non può che portare turbamento e sgomento.
Cosa rappresenta, oggi, quel simbolo per i cristiani, i cattolici fedeli seguaci di Santa Madre Chiesa Romana? Abbiamo sentito parlare di simbolo della cultura, rappresentazione della tradizione, riferimenti alle radici cristiane e via discorrendo.
Aprendo il Vangelo di Matteo, leggiamo che il futuro Crocifisso afferma perentoriamente:
"Non chi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fà la volontà del Padre mio che è nei cieli"
Quale volontà, quali opere, perseguono i defensor fidei di oggi?
E' opera di misericordia respingere in mare i migranti in fuga dalla crocifissione quotidiana della fame, delle guerre, della povertà che uccide e violenta milioni di donne e uomini, per colpa di uno stile di vita di un'infima minoranza dell'umanità? E' opera di carità cristiana abbandonare richiedenti asilo nella periferia di Bari?
E' opera di fede cristiana adorare il dio Po o celebrare matrimoni celtici davanti al dio Odino?
Quanti, tra coloro che si sono dichiarati pronti a fare da "scudi umani" per opporsi alle rimozioni, sono favorevoli alla pena di morte? Quanti, quotidianamente propagandano la violenza e il rifiuto degli altri, di coloro che non la pensano come loro?
Come si può parlare di accoglienza ed amore ad una settimana esatta da quanto accaduto a Firenze? Sandra e Fortunato sono persone che hanno sofferto i dolori e le violenze più indicibili. Credono, vogliono credere strenuamente, nel Dio dei Vangeli, nel Cristo della Misericordia. Sono stati rifiutati, il loro amore è stato offeso, considerato falso e perverso, in nome di una burocrazia e di una ideologia. E oggi si vuol difendere un simbolo "dell'accoglienza e dell'amore cristiano".
"I miti erediteranno la terra". E' stato mite La Russa quando, in diretta televisiva, ha augurato al conduttore, ad alcuni ospiti e ai giudici di Strasburgo di "morire ammazzati".
L'Italia di oggi è un Paese dove non esiste il reato di tortura, dove si può morire in carcere, dove gli anziani muoiono abbandonati nelle tendopoli dell'aquilano mentre i riflettori sono accesi su otto straricchi, dove vieni selvaggiamente pestato in strada per il colore della pelle o l'abbigliamento, dove migliaia di violenze avvengono quotidianamente nel chiuso delle mura domestiche. Questa è l'Italia che si erge a difesa della presenza dei crocifissi di legno sulle mura delle scuole e degli edifici pubblici. Un simbolo che, come qualcuno ha affermato, non arreca fastidio o disturbo a nessuno.
E allora, quale significato ha la sua presenza? Cosa pretendiamo di difendere se non siamo minimamente turbati di fronte alla persecuzione, alla sofferenza, al dolore dei quotidiani crocifissi nelle carceri, nei Paesi depredati dalla nostra arroganza e disumanità, nelle quotidianità delle nostre strade?
Quella croce appesa alla parete ci ricorda, come disse il vescovo degli ultimi don Tonino Bello, che tocca a noi schiodarvi i fratelli crocifissi? Ci ricorda che Gesù è stato clandestino in Egitto appena nato ed è stato condannato a morte? Di fronte alle ideologie di morte, alle violente convinzioni, è simbolo di contraddizione?
Non può "non recare disturbo", non può lasciare tranquilli. Se lo fa, va sradicato da ogni parete, strappato da ogni petto. Tolto definitivamente, ormai senza senso. Un simulacro vuoto, buono solo come bandiera di civiltà e come spada contro gli altri, è una bestemmia.
Quel crocifisso ha un obbligo, e fin quando non lo rispetterà tutti i discorsi saranno solo vuota retorica. E allora, "dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali...tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio...faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita, il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate...porti ancora guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che poco più lontano di una spanna, con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio della fame...Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili.
Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano." (Auguri scomodi, don Tonino Bello)
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