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I mercenari stanno reprimendo nel sangue la rivolta iniziata il 15 febbraio. Quella di Gheddafi è una guerra che va fermata

Libia: intervenire è difficile ma non impossibile

Chi interviene non deve avere secondi fini (tipo garantirsi il controllo delle risorse naturali di un paese) ma un solo obiettivo: proteggere la popolazione, difendere i diritti umani, impedire il massacro di civili innocenti. A questo scopo è stata costituita sessantasei anni fa l'Organizzazione delle Nazioni Unite.
16 marzo 2011
Flavio Lotti

Libia: intervenire è difficile ma non impossibile!
Giornali e Tv non possono cancellare i fatti e le nostre responsabilità.

di Flavio Lotti

Perché tutto questo silenzio del governo e del parlamento italiano?

Dov'è finita la politica? I carri armati di Gheddafi avanzano verso Bengasi annunciando un nuovo macabro bagno di sangue. Cosa sta facendo la nostra diplomazia per impedirlo? Cosa stanno facendo il governo e il parlamento italiani? Abbiamo fatto ogni tipo di affari con Gheddafi. E oggi cosa stiamo facendo? Gli italiani hanno diritto di saperlo. Perché tutto questo silenzio?

Sabato scorso, centinaia di migliaia di persone in piazza a Roma per difendere la nostra Costituzione hanno applaudito Farid Adly e hanno inviato un chiaro messaggio di solidarietà con i giovani e i popoli che stanno rischiando la vita per la libertà e la democrazia in Libia e in tanti altri paesi del nord africa e del mondo arabo. Chi difende la propria Costituzione non può ignorare chi sta lottando per averne una.

Flavio Lotti - Tavola della Pace


coordinatore nazionale della Tavola della pace

La violenza che il regime di Gheddafi sta usando e minaccia di usare per reprimere la rivolta iniziata il 15 febbraio scorso ripropone la spinosa questione dell'intervento internazionale, di cosa può fare la comunità internazionale per scongiurare un nuovo bagno di sangue e per sostenere i diritti e la sicurezza dei libici.

Per alcuni la soluzione è una sola, come in ogni altra crisi: l'intervento militare. E' la sola cosa che riescono a concepire, specialmente quando c'è di mezzo, come in questo caso, il petrolio. In realtà, la comunità internazionale non dispone di veri e propri strumenti di intervento. E' una triste, amara e sconfortante realtà.

Per essere efficace, l'intervento dovrebbe essere gestito da una autorità sopranazionale superpartes credibile. Chi interviene non deve avere secondi fini (tipo garantirsi il controllo delle risorse naturali di un paese) ma un solo obiettivo: proteggere la popolazione, difendere i diritti umani, impedire il massacro di civili innocenti. A questo scopo è stata costituita sessantasei anni fa l'Organizzazione delle Nazioni Unite.
Stop war

Per intervenire l'Onu dovrebbe poter disporre di adeguati strumenti e risorse. Ma i governi degli stati membri non hanno mai consentito all'Onu di adempiere al proprio mandato e di organizzarsi di conseguenza.

L'intervento della comunità internazionale in Libia è indebolito dalla documentata accusa di usare due pesi e due misure. Il silenzio e la sostanziale inazione della comunità internazionale di fronte a tante tragedie in corso (come quella della Somalia) o grandi violazioni dei diritti umani (come quelle perpetrate da oltre sessant'anni nei confronti del popolo palestinese) rende la comunità internazionale poco credibile e la espone a pesanti accuse. A questo si aggiungono anche le ombre lasciate da altri interventi militari occidentali come in Somalia, Bosnia, Kosovo, Iraq e Afghanistan.

Ciononostante, non è vero che non si può fare nulla. Nonostante la complessità della situazione interna della Libia, la comunità internazionale (Onu, Europa, Lega Araba, Unione Africana,...) deve:

1. agire con determinazione per raggiungere un cessate il fuoco immediato, fermare l'escalation della violenza e impedire un nuovo massacro;
2. inviare immediatamente in Libia gli osservatori internazionali dell'Onu;
3. soccorrere le popolazioni bisognose di assistenza umanitaria;
4. monitorare l'assoluto rispetto da parte degli stati dell'embargo sulle armi deciso con la Risoluzione 1970 (2011) del Consiglio di Sicurezza dell'Onu.

Il mondo ha bisogno di un sistema organizzato per gestire le crisi internazionali e prevenire guerre e genocidi. Servono:

(1) un sistema di pre-allarme, di identificazione e monitoraggio dei conflitti più pericolosi prima che possano scoppiare;

(2) uno strumento di mediazione tra le parti;

(3) una forza di polizia internazionale, una forza militare e civile dell'Onu, istituita in modo permanente sulla base della Carta delle Nazioni Unite, pronta ad intervenire quando si deve impedire o fermare lo scoppio della violenza;

(4) i corpi civili di pace;

(5) il Tribunale Penale Internazionale, uno strumento per processare ogni persona accusata di genocidio o di crimini di guerra.

E' indispensabile inoltre che l'Unione Europea sappia parlare con una sola voce sulle questioni di politica internazionale e che s'impegni a costruire una Comunità del Mediterraneo in grado di sostenere pacificamente il processo di transizione alla democrazia e di sviluppo umano dei paesi del nord Africa e del Medio Oriente.

Flavio Lotti
Coordinatore nazionale della Tavola della pace

Note: Nel mondo arabo cresce la richiesta di democrazia e libertà ma cresce anche la repressione anche in Bahrein, dove divampa la ribellione. Il Bahrein (nel Golfo Persico) ha concesso una base navale alla V Flotta degli Stati Uniti per dimostrare la sua politica filo occidentale. Il Bahrein è una monarchia ereditaria tradizionalista islamica che soffoca i diritti della gente e anche su questa dittatura è calato un interessato silenzio.

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