"E' ora di svegliarci dal nostro sonno nucleare"
In “From Hiroshima to Fukushima”, un articolo pubblicato su The Nation il 15 marzo scorso, sull’onda del disastro nucleare in Giappone, lo storico Jonathan Schell ha di nuovo colpito nel segno.
Autore del rivoluzionario The Fate of the Earth pubblicato negli anni ’80, Schell ha di nuovo messo in movimento la sua genialità, i suoi studi, la sua esperienza, e la sua grande passione per il nostro mondo e i suoi abitanti per offrire un’autorevole risposta a questa catastrofe. Poiché il tempo di dimezzamento del plutonio è di 24.000 anni, Schell sostiene che l’umanità dovrebbe investire almeno 12.000 anni di studio intensivo sull’energia atomica prima di autorizzare qualsiasi ulteriore uso di questa tecnologia pericolosa.
E’ ora di svegliarci dal nostro sonno nucleare.
Perché questo messaggio, che sembra così ovvio a molti di noi, non riesce ad avere effetto su Washington?
Il giorno dopo che la portata di questo disastro ha iniziato a diventare chiara in modo raggelante, il Presidente Obama ha tenuto una conferenza stampa. Era stata originariamente programmata per discutere dell’aumento del prezzo del gas alla pompa. La situazione in Libia, nel frattempo, si stava riscaldando. Poi, data l’escalation della calamità nucleare in Giappone, i reattori di Fukushima furono aggiunti ad un ordine del giorno già sovraffollato. Questo insieme di cose ha portato ad un evento mediatico surreale. Il presidente ha aperto i lavori con un riferimento alla Libia, attribuendo grande importanza al fatto che gli Stati Uniti hanno bisogno di essere liberati dalla loro dipendenza dal petrolio straniero. Ha affermato che dobbiamo produrre più petrolio a casa nostra e ha commentato con orgoglio la notizia di nuove trivellazioni nel Golfo del Messico. Non è seguita nessuna menzione alla catastrofe della BP. Il Presidente ha poi fatto riferimento alla necessità di sviluppare fonti di energia alternativa, affermando che l’energia solare è una fonte criticamente importante che merita il supporto federale. Ne è seguito un appello all’espansione dell’energia nucleare. In poche e brevi battute, il Presidente Obama è passato dall’allarme per gli eventi in Giappone – in particolare, le difficoltà dei reattori nucleari che fronteggiavano la prospettiva di fusione del nocciolo – al nostro bisogno di ampliare il numero di quegli stessi reattori qui in USA.
Da trent’anni faccio parte di un movimento mondiale che ha come obiettivo quello di porre fine ai pericoli posti dalle radiazioni nucleari. Questo movimento è riuscito ad ottenere un Trattato Completo di Messa al Bando dei Test in tutto il mondo e una moratoria USA ai test di armi atomiche nel Nevada Test Site. Da sempre solleviamo preoccupazioni in merito alla sorella gemella delle armi atomiche, solo apparentemente più gentile e benevola, l’energia atomica.
Periodicamente, come accade in questo mese, l’umanità è sconvolta da una consapevolezza nuova dei pericoli che l’energia atomica rappresenta. La maggior parte del tempo, tuttavia, noi continuiamo a dormire, mentre un gruppetto relativamente piccolo tra noi resta perennemente consapevole dell’incombente e per lo più invisibile minaccia che il pericoloso e continuo ciclo della produzione di energia nucleare pone quotidianamente verso ogni cosa vivente.
E’ tempo di svegliarci dal nostro sonno nucleare.
L’invocazione di Schell ad una enorme linea del tempo implicita in tutte le cose nucleari mi ricorda il Nuclear Guardianship Project della filosofa e attivista Joanna Macy. Esso vuol contribuire ad un incremento della conoscenza politica, tecnica e morale, necessarie per impedire ai materiali radioattivi di contaminare ulteriormente la biosfera, al fine di proteggere le generazioni presenti e future. Il progetto propone di costruire altari nei pressi di strutture nucleari, e il mito globale di un “fuoco tossico” per mettere in guardia dal pericolo le future generazioni.
La scritta sul muro è un abbagliante simbolo radioattivo. E’ giunta l’ora di dare finalmente ascolto, con tutta l’attenzione di cui siamo capaci, ai sopravvissuti di Chernobyl, Three Mile Island, Hiroshima e Nagasaki, dell’Atollo di Bikini, ai reduci e alle vittime di cancro esposti alle radiazioni del Nevada Test Site nello Utah e in molti altri luoghi.
Invece di usare quest’ultimo disastro come un espediente per dare nuovo slancio ad un’industria nucleare da lungo tempo moribonda (così come sembra stia facendo il Presidente Obama; durante la sua visita in America Latina, questa settimana, ha firmato un accordo per un nuovo reattore nucleare in Cile), dobbiamo guardare ad esso per quello che è: un messaggio nudo e crudo verso una direzione nuova, verso un Progetto di Salvaguardia contro il Nucleare (Nuclear Guardianship Project) che ponga fine a sessant’anni di sperimentazioni selvaggiamente pericolose e che tuteli il nostro futuro.
Non è mai troppo presto per iniziare.
Tradotto da Antonella Recchia per PeaceLink . Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte (PeaceLink) e l'autore della traduzione.
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