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Guerra e diritto internazionale

Tra carta onu e dichiarazione dei diritti umani

1 febbraio 2004
Luca Benedini
Fonte: Un articolo a partire dal contenzioso Onu-Iraq (da *Rocca* del 1° febbraio 2003)

Come evidenzia la Carta (o Statuto) dell'Onu, i princìpi costitutivi delle Nazioni Unite intendono chiaramente le forze armate come forze destinate a due scopi di fondo: innanzitutto, a difendere la popolazione umana dalla guerra e dalla violenza; e, in secondo luogo, a impedire il successo definitivo di qualsiasi operazione mirante ad ottenere mediante l'uso della forza la conquista e l'annessione di territori.
In questo spirito, le forze armate andrebbero evidentemente impiegate soprattutto come deterrenza. Le uniche eccezioni a tale impiego potrebbero essere costituite da quei casi estremi in cui nè pesanti sanzioni economiche, nè la disponibilità ad ampie trattative politico-diplomatiche e culturali, nè la deterrenza in questione (cioè le minacce di un intervento armato) siano sufficienti a frenare con immediatezza le spinte belliche di qualche corpo militare o paramilitare, oppure a ripristinare in un ambito temporale di medio-lungo termine le condizioni di "geografia politica" antecedenti ad un'operazione di espansione territoriale del tipo sopra esposto.
Nello spirito della Carta dell'Onu, dunque, all'impiego cruento delle forze armate si potrebbe ricorrere solo qualora si verifichino queste uniche eccezioni, ma anche allora esclusivamente allo scopo di proteggere la gente dalla violenza oppure di giungere al ripristino delle condizioni di "geografia politica" in questione (eventualmente, nell'ambito di questi interventi si potrebbe anche giungere specificamente a disarmare in misura più o meno ampia gli autori di azioni belliche, quando essi risultino sostanzialmente irremovibili nei loro intenti basati sull'esercizio della violenza). E anche allora si dovrebbe trattare, sempre e comunque, di un ricorso alla forza il meno pesante possibile, oltre che decisamente subordinato ad un atteggiamento di difesa dei diritti umani, e non certo di vendetta, di "giustizia sommaria" o di esercizio indiscriminato del "diritto delle armi".

Tra Carta e "Dichiarazione universale"
In questo, va tenuto conto in modo specifico del fatto che la "Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo" (Dudu) del 1948 - la quale costituisce tra l'altro l'esplicitazione manifesta di alcuni degli scopi dell'Onu espressi in modo sintetico nella sua Carta istitutiva del 1945 - distingue profondamente tra una popolazione e i suoi governanti. La Dudu infatti non solo riconosce in generale il diritto di ognuno di avere idee ed opinioni diverse da quelle espresse dal governo del suo paese, ma attribuisce anche ai governi nel campo dei diritti dei cittadini una serie di "doveri di fondo" non necessariamente posti in atto dai governi stessi, e attribuisce inoltre ad ogni persona, di qualsiasi paese, una serie di diritti (compresi in particolare quelli alla vita e alla sicurezza) che vanno comunque rispettati dalla comunità internazionale e tanto più dall'Onu.
In tal modo, il sussistere di un contenzioso tra l'Onu e il governo di un paese non implica affatto che in tale contenzioso vadano considerati coinvolti anche i "cittadini comuni" di quel paese, e ciò tanto più quando si tratti di un governo che non rispetta i diritti umani sanciti dalla Dudu e quindi, ai sensi di quest'ultima e di varie convenzioni ad essa connesse, i rapporti politici di tale governo con la sua popolazione non possano essere considerati pienamente legittimi dalla comunità internazionale (1).
Qualora dunque secondo lo spirito della Carta dell'Onu le circostanze finiscano col giustificare un impiego cruento delle forze armate, questo dovrebbe distinguere in modo estremamente netto e deciso tra la comune popolazione civile e i responsabili di ciò che ha provocato tale impiego: in special modo, i capi dei corpi militari o paramilitari autori di azioni belliche o di altre violenze e gli eventuali governanti che hanno deliberato quel tipo di atti; e, in modo più generico e a volte un po' indistinto, le persone di basso grado facenti parte di tali corpi (persone che non sempre hanno un elevato grado di libertà nel loro ruolo di partecipanti ad azioni armate). In base alla Carta dell'Onu e alla Dudu, non si può pertanto "punire" una popolazione a causa dei suoi governanti, e ciò in modo ancor più reciso quando si tratti di governanti autoritari, poco democratici e poco rispettosi dei diritti umani.
Nello spirito in questione, gli unici drammatici casi in cui tale distinzione potrebbe essere superabile - e del tutto a malincuore - sono le situazioni in cui sia evidenziabile che nè mezzi economici, politici, culturali o diplomatici, nè quel "poco pesante" impiego cruento delle forze armate, condotto in modo da non coinvolgere in modo significativo la comune popolazione civile, sono in grado di frenare una situazione in cui sia in atto qualcuno dei due fattori seguenti: o spinte belliche che stanno causando gravi violenze; o scelte politico-militari che includono il rifiuto di un certo disarmo, richiesto dall'Onu in seguito a precedenti azioni belliche, e che stanno chiaramente e dimostrabilmente ponendo pericoli gravissimi e pressochè incombenti a qualche popolazione.
E anche in tali drammatici casi, comunque, l'azione armata andrebbe accompagnata da un'ampia serie di cautele e precauzioni: limitare il più possibile l'impatto dell'azione sulla popolazione civile; astenersi dall'usare armi particolarmente pericolose per la popolazione non combattente, come ad esempio le bombe che si trasformano in mine capaci per decenni di uccidere o storpiare chi le calpesti o le maneggi o ci passi sopra con un veicolo e le bombe che lasciano nell'ambiente residui tossici (tipo quelle all'uranio impoverito); predisporre adeguate ed efficienti strutture di accoglienza e di cure mediche per i profughi nei territori circostanti alle zone di guerra; fornire direttamente adeguati aiuti di vari generi alla popolazione del paese attaccato, sfruttando ad esempio gli aerei non solo per gettare bombe ma anche per lanciare beni di prima necessità conformi alle effettive esigenze della gente; e così via. Tutto ciò, tra l'altro, anche in pieno e dovuto accordo con ! le Convenzioni di Ginevra.

Dalla teoria alla pratica
Invece, nel dibattito in corso tra i vertici politici dei principali paesi dello "scacchiere internazionale" (e in particolare nell'ambito del Consiglio di Sicurezza dell'Onu), si dà ormai ampiamente per scontato che le forze armate possano venire impiegate in modo cruento anche se non si sono verificate quelle condizioni estreme che nello spirito della Carta dell'Onu dovrebbero giustificare tale impiego. Ma si dà per scontato che si possa effettuare un attacco generalizzato contro un territorio (bombardandolo ampiamente e in generale coinvolgendo pesantemente la sua popolazione civile) anche se non sono state raggiunte quelle ulteriori condizioni drammatiche che nello spirito in questione potrebbero appunto giustificare in qualche misura un tale tipo di attacco più o meno generalizzato.
Anche le succitate cautele e precauzioni non sono più un bisogno e un dovere (umano e giuridico), ma sono divenute un optional, o meglio una scocciatura generalmente da evitare il più possibile.... Addirittura, in tale dibattito il governo degli Usa, appoggiato da diversi altri (soprattutto da quelli di Gran Bretagna ed Israele), ha insistito sull'impiegare le forze armate in modo cruento contro le parti del mondo i cui governanti anche soltanto "sembrano" pericolosi sul piano internazionale - pericolosi, in pratica, secondo il giudizio dei governi dei paesi più potenti.... In tutto questo, tra l'altro, è palese che per i vertici politici di gran parte del globo è diventato ormai pienamente normale non distinguere dal punto di vista bellico tra un governo e la popolazione ad esso sottoposta, e ciò, per di più, anche quando tale governo è ben lungi dal rispettare nella sua nazione i diritti umani compresi nella Dudu (2).
Negli ultimi mesi, nessuno tra i vertici politici dei principali paesi dello "scacchiere internazionale" ha posto in dubbio o contestato il fatto che, se il regime iracheno avesse continuato ad opporsi alle ispezioni dell'Onu miranti a indagare senza restrizioni in tutto il paese allo scopo "ufficiale" di verificare che il regime avesse rinunciato alle armi di distruzione di massa dopo la sua invasione del Kuwait nel 1990 (3), sarebbe stato avviato un attacco generalizzato contro l'Iraq (e la sua popolazione), con bombardamenti molto pesanti, ecc..
L'unica differenziazione, in tali vertici, ha riguardato il fatto che l'Iraq andasse attaccato solo in presenza di questo comportamento del regime di Baghdad oppure andasse attaccato anche sulla scorta di motivazioni molto più vaghe ed imprecise oltre che indimostrate. Quest'ultima posizione è quella sostenuta da alcuni governi a partire da quello statunitense, intenzionati dapprima ad attaccare comunque (4) e poi ripiegati per ora, per evitare un eccessivo isolamento politico e culturale internazionale, sul dichiarare che l'Iraq vada attaccato in presenza di un qualsiasi inadempimento governativo nei confronti dell'ultima risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu - anche se in pratica si trattasse soltanto di omissioni nei documenti trasmessi agli ispettori dal governo o di incomprensioni tra questo e quelli.... Tuttavia, non sono soltanto le diverse varianti di tale ultima posizione ad essere del tutto incompatibili con i princìpi costitutivi dell'Onu e con i documen! ti che li concretizzano, in realtà lo è anche l'altra posizione. Per rendersi conto di queste incompatibilità e dei contrasti di fondo derivanti da esse, è sufficiente uno sguardo agli articoli 1, 2, 33, 37, 40, 41 e 42 della Carta dell'Onu, agli articoli 1, 2, 3, 6, 7, 21, 22, 28 e 30 della Dudu e ai corrispondenti articoli compresi nei due "Patti internazionali" ad essa collegati (5).
Chi difenderà, nel mondo e nei vari singoli paesi, i princìpi costitutivi dell'Onu, i valori umani da cui essa è nata, il testo del suo stesso Statuto approvato dagli organi di governo di ogni suo paese membro, la sua Dudu, e i due connessi "Patti internazionali" che essendo entrati nella legislazione di molte nazioni dovrebbero essere indiscutibilmente cogenti per i loro sistemi legislativi, esecutivi e giudiziari mentre invece in molti casi non vengono affatto rispettati in una molteplicità di campi? Chi difenderà davvero la pace?

NOTE
(1) Sull'argomento si veda in particolare l'articolo Debito estero - Le ragioni per non pagarlo, su Rocca del 15/11/2002.
(2) Si tratta, del resto, di modi di vedere che sono già stati ampiamente e impunemente posti in atto più volte anche dopo la fine della "guerra fredda": ad esempio, nella "guerra del Golfo" del 1991, nel conflitto Nato-Jugoslavia del 1999, nella "guerra afgana" del 2001, e in Palestina e in Cecenia a più riprese negli ultimi anni. Un'eccellente (e, naturalmente, tragica) esemplificazione è fornita dai documenti segreti statunitensi del 1991 recentemente "declassificati" e citati da Manlio Dinucci in L'embargo dell'acqua, su Il Manifesto del 22/11/2002. In tutto questo, è chiaramente centrale il fatto che nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu i governi di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Cina abbiano un "diritto di veto" che consente loro di bloccare totalmente qualsiasi decisione effettivamente concreta delle Nazioni Unite.
(3) Per anni nel decennio scorso, tuttavia, a tale scopo "ufficiale" se n'è affiancato un altro, sotterraneo: raccogliere informazioni strategiche sulle infrastrutture tecniche e militari irachene per conto del governo degli Usa, dichiaratamente interessato da tempo a rovesciare il regime di Saddam Hussein per installare in Iraq un nuovo governo favorevole agli interessi delle élite economico-politiche statunitensi.
(4) Proprio questa intenzione di attaccare comunque (e per qualsiasi tipo di motivazione adducibile) ha chiarito come le svariate motivazioni "ufficiali" date di volta in volta da questi governi per cercare di spiegare la loro "smania di guerra" fossero estremamente strumentali e nascondessero tutt'altri interessi, legati ostensibilmente allo sfruttamento degli enormi giacimenti petroliferi iracheni e a tematiche politiche interne ai paesi degli stessi governi.
(5) I testi di questi quattro documenti sono disponibili in varie lingue anche su Internet, ad esempio sul sito ufficiale dell'Onu (www.un.org).

Note: http://www.rocca.cittadella.org

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