Tra carta onu e dichiarazione dei diritti umani
Come evidenzia la Carta (o Statuto) dell'Onu, i princìpi costitutivi
delle Nazioni Unite intendono chiaramente le forze armate come forze destinate
a due scopi di fondo: innanzitutto, a difendere la popolazione umana dalla guerra
e dalla violenza; e, in secondo luogo, a impedire il successo definitivo di
qualsiasi operazione mirante ad ottenere mediante l'uso della forza la conquista
e l'annessione di territori.
In questo spirito, le forze armate andrebbero evidentemente impiegate soprattutto
come deterrenza. Le uniche eccezioni a tale impiego potrebbero essere costituite
da quei casi estremi in cui nè pesanti sanzioni economiche,
nè la disponibilità ad ampie trattative politico-diplomatiche
e culturali, nè la deterrenza in questione (cioè le minacce di
un intervento armato) siano sufficienti a frenare con immediatezza le spinte
belliche di qualche corpo militare o paramilitare, oppure a ripristinare in
un ambito temporale di medio-lungo termine le condizioni di "geografia
politica" antecedenti ad un'operazione di espansione territoriale del tipo
sopra esposto.
Nello spirito della Carta dell'Onu, dunque, all'impiego cruento delle forze
armate si potrebbe ricorrere solo qualora si verifichino queste uniche eccezioni,
ma anche allora esclusivamente allo scopo di proteggere la gente dalla violenza
oppure di giungere al ripristino delle condizioni di "geografia politica"
in questione (eventualmente, nell'ambito di questi interventi si potrebbe anche
giungere specificamente a disarmare in misura più o meno ampia gli autori
di azioni belliche, quando essi risultino sostanzialmente irremovibili nei loro
intenti basati sull'esercizio della violenza). E anche allora si dovrebbe trattare,
sempre e comunque, di un ricorso alla forza il meno pesante possibile, oltre
che decisamente subordinato ad un atteggiamento di difesa dei diritti umani,
e non certo di vendetta, di "giustizia sommaria" o di esercizio indiscriminato
del "diritto delle armi".
Tra Carta e "Dichiarazione universale"
In questo, va tenuto conto in modo specifico del fatto che la "Dichiarazione
universale dei diritti dell'uomo" (Dudu) del 1948 - la quale costituisce
tra l'altro l'esplicitazione manifesta di alcuni degli scopi dell'Onu espressi
in modo sintetico nella sua Carta istitutiva del 1945 - distingue profondamente
tra una popolazione e i suoi governanti. La Dudu infatti non solo riconosce
in generale il diritto di ognuno di avere idee ed opinioni diverse da quelle
espresse dal governo del suo paese, ma attribuisce anche ai governi nel campo
dei diritti dei cittadini una serie di "doveri di fondo" non necessariamente
posti in atto dai governi stessi, e attribuisce inoltre ad ogni persona, di
qualsiasi paese, una serie di diritti (compresi in particolare quelli alla vita
e alla sicurezza) che vanno comunque rispettati dalla comunità internazionale
e tanto più dall'Onu.
In tal modo, il sussistere di un contenzioso tra l'Onu e il governo di un paese
non implica affatto che in tale contenzioso vadano considerati coinvolti anche
i "cittadini comuni" di quel paese, e ciò tanto più
quando si tratti di un governo che non rispetta i diritti umani sanciti dalla
Dudu e quindi, ai sensi di quest'ultima e di varie convenzioni ad essa connesse,
i rapporti politici di tale governo con la sua popolazione non possano essere
considerati pienamente legittimi dalla comunità internazionale (1).
Qualora dunque secondo lo spirito della Carta dell'Onu le circostanze finiscano
col giustificare un impiego cruento delle forze armate, questo dovrebbe distinguere
in modo estremamente netto e deciso tra la comune popolazione civile e i responsabili
di ciò che ha provocato tale impiego: in special modo, i capi dei corpi
militari o paramilitari autori di azioni belliche o di altre violenze e gli
eventuali governanti che hanno deliberato quel tipo di atti; e, in modo più
generico e a volte un po' indistinto, le persone di basso grado facenti parte
di tali corpi (persone che non sempre hanno un elevato grado di libertà
nel loro ruolo di partecipanti ad azioni armate). In base alla Carta dell'Onu
e alla Dudu, non si può pertanto "punire" una popolazione a
causa dei suoi governanti, e ciò in modo ancor più reciso quando
si tratti di governanti autoritari, poco democratici e poco rispettosi dei diritti
umani.
Nello spirito in questione, gli unici drammatici casi in cui tale distinzione
potrebbe essere superabile - e del tutto a malincuore - sono le situazioni in
cui sia evidenziabile che nè mezzi economici, politici, culturali o diplomatici,
nè quel "poco pesante" impiego cruento delle forze armate,
condotto in modo da non coinvolgere in modo significativo la comune popolazione
civile, sono in grado di frenare una situazione in cui sia in atto qualcuno
dei due fattori seguenti: o spinte belliche che stanno causando gravi violenze;
o scelte politico-militari che includono il rifiuto di un certo disarmo, richiesto
dall'Onu in seguito a precedenti azioni belliche, e che stanno chiaramente
e dimostrabilmente ponendo pericoli gravissimi e pressochè incombenti
a qualche popolazione.
E anche in tali drammatici casi, comunque, l'azione armata andrebbe accompagnata
da un'ampia serie di cautele e precauzioni: limitare il più possibile
l'impatto dell'azione sulla popolazione civile; astenersi dall'usare armi particolarmente
pericolose per la popolazione non combattente, come ad esempio le bombe che
si trasformano in mine capaci per decenni di uccidere o storpiare chi le calpesti
o le maneggi o ci passi sopra con un veicolo e le bombe che lasciano nell'ambiente
residui tossici (tipo quelle all'uranio impoverito); predisporre adeguate ed
efficienti strutture di accoglienza e di cure mediche per i profughi nei territori
circostanti alle zone di guerra; fornire direttamente adeguati aiuti di vari
generi alla popolazione del paese attaccato, sfruttando ad esempio gli aerei
non solo per gettare bombe ma anche per lanciare beni di prima necessità
conformi alle effettive esigenze della gente; e così via. Tutto ciò,
tra l'altro, anche in pieno e dovuto accordo con ! le Convenzioni di
Ginevra.
Dalla teoria alla pratica
Invece, nel dibattito in corso tra i vertici politici dei principali paesi dello
"scacchiere internazionale" (e in particolare nell'ambito del Consiglio
di Sicurezza dell'Onu), si dà ormai ampiamente per scontato che le forze
armate possano venire impiegate in modo cruento anche se non si sono verificate
quelle condizioni estreme che nello spirito della Carta dell'Onu dovrebbero
giustificare tale impiego. Ma si dà per scontato che si possa effettuare
un attacco generalizzato contro un territorio (bombardandolo ampiamente e in
generale coinvolgendo pesantemente la sua popolazione civile) anche se non sono
state raggiunte quelle ulteriori condizioni drammatiche che nello spirito
in questione potrebbero appunto giustificare in qualche misura un tale tipo
di attacco più o meno generalizzato.
Anche le succitate cautele e precauzioni non sono più un bisogno e un
dovere (umano e giuridico), ma sono divenute un optional, o meglio
una scocciatura generalmente da evitare il più possibile.... Addirittura,
in tale dibattito il governo degli Usa, appoggiato da diversi altri (soprattutto
da quelli di Gran Bretagna ed Israele), ha insistito sull'impiegare le forze
armate in modo cruento contro le parti del mondo i cui governanti anche soltanto
"sembrano" pericolosi sul piano internazionale - pericolosi, in pratica,
secondo il giudizio dei governi dei paesi più potenti.... In tutto questo,
tra l'altro, è palese che per i vertici politici di gran parte del globo
è diventato ormai pienamente normale non distinguere dal punto di vista
bellico tra un governo e la popolazione ad esso sottoposta, e ciò, per
di più, anche quando tale governo è ben lungi dal rispettare
nella sua nazione i diritti umani compresi nella Dudu (2).
Negli ultimi mesi, nessuno tra i vertici politici dei principali paesi dello
"scacchiere internazionale" ha posto in dubbio o contestato il fatto
che, se il regime iracheno avesse continuato ad opporsi alle ispezioni dell'Onu
miranti a indagare senza restrizioni in tutto il paese allo scopo "ufficiale"
di verificare che il regime avesse rinunciato alle armi di distruzione di massa
dopo la sua invasione del Kuwait nel 1990 (3), sarebbe stato avviato un attacco
generalizzato contro l'Iraq (e la sua popolazione), con bombardamenti molto
pesanti, ecc..
L'unica differenziazione, in tali vertici, ha riguardato il fatto che l'Iraq
andasse attaccato solo in presenza di questo comportamento del regime di Baghdad
oppure andasse attaccato anche sulla scorta di motivazioni molto più
vaghe ed imprecise oltre che indimostrate. Quest'ultima posizione è quella
sostenuta da alcuni governi a partire da quello statunitense, intenzionati dapprima
ad attaccare comunque (4) e poi ripiegati per ora, per evitare un eccessivo
isolamento politico e culturale internazionale, sul dichiarare che l'Iraq vada
attaccato in presenza di un qualsiasi inadempimento governativo nei confronti
dell'ultima risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu - anche se in pratica
si trattasse soltanto di omissioni nei documenti trasmessi agli ispettori dal
governo o di incomprensioni tra questo e quelli.... Tuttavia, non sono soltanto
le diverse varianti di tale ultima posizione ad essere del tutto incompatibili
con i princìpi costitutivi dell'Onu e con i documen! ti che li concretizzano,
in realtà lo è anche l'altra posizione. Per rendersi conto di
queste incompatibilità e dei contrasti di fondo derivanti da esse, è
sufficiente uno sguardo agli articoli 1, 2, 33, 37, 40, 41 e 42 della Carta
dell'Onu, agli articoli 1, 2, 3, 6, 7, 21, 22, 28 e 30 della Dudu e ai corrispondenti
articoli compresi nei due "Patti internazionali" ad essa collegati
(5).
Chi difenderà, nel mondo e nei vari singoli paesi, i princìpi
costitutivi dell'Onu, i valori umani da cui essa è nata, il testo del
suo stesso Statuto approvato dagli organi di governo di ogni suo paese membro,
la sua Dudu, e i due connessi "Patti internazionali" che essendo entrati
nella legislazione di molte nazioni dovrebbero essere indiscutibilmente cogenti
per i loro sistemi legislativi, esecutivi e giudiziari mentre invece in molti
casi non vengono affatto rispettati in una molteplicità di campi? Chi
difenderà davvero la pace?
NOTE
(1) Sull'argomento si veda in particolare l'articolo Debito estero - Le
ragioni per non pagarlo, su Rocca del 15/11/2002.
(2) Si tratta, del resto, di modi di vedere che sono già stati ampiamente
e impunemente posti in atto più volte anche dopo la fine della "guerra
fredda": ad esempio, nella "guerra del Golfo" del 1991, nel conflitto
Nato-Jugoslavia del 1999, nella "guerra afgana" del 2001, e in Palestina
e in Cecenia a più riprese negli ultimi anni. Un'eccellente (e, naturalmente,
tragica) esemplificazione è fornita dai documenti segreti statunitensi
del 1991 recentemente "declassificati" e citati da Manlio Dinucci
in L'embargo dell'acqua, su Il Manifesto del 22/11/2002. In
tutto questo, è chiaramente centrale il fatto che nel Consiglio di Sicurezza
dell'Onu i governi di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Cina abbiano
un "diritto di veto" che consente loro di bloccare totalmente qualsiasi
decisione effettivamente concreta delle Nazioni Unite.
(3) Per anni nel decennio scorso, tuttavia, a tale scopo "ufficiale"
se n'è affiancato un altro, sotterraneo: raccogliere informazioni strategiche
sulle infrastrutture tecniche e militari irachene per conto del governo degli
Usa, dichiaratamente interessato da tempo a rovesciare il regime di Saddam Hussein
per installare in Iraq un nuovo governo favorevole agli interessi delle élite
economico-politiche statunitensi.
(4) Proprio questa intenzione di attaccare comunque (e per qualsiasi tipo di
motivazione adducibile) ha chiarito come le svariate motivazioni "ufficiali"
date di volta in volta da questi governi per cercare di spiegare la loro "smania
di guerra" fossero estremamente strumentali e nascondessero tutt'altri
interessi, legati ostensibilmente allo sfruttamento degli enormi giacimenti
petroliferi iracheni e a tematiche politiche interne ai paesi degli stessi governi.
(5) I testi di questi quattro documenti sono disponibili in varie lingue anche
su Internet, ad esempio sul sito ufficiale dell'Onu (www.un.org).
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