In Siria, le azioni militari del Libero Esercito Siriano e del Regime di Assad hanno sradicato la resistenza civile. E quando si emargina la soluzione politica, si emargina la soluzione democratica
offre a nostro avviso un'analisi molto fine sulle responsabilità esterne e interne nella militarizzazione della rivolta pacifica. Manna rimane fedele alle sue convinzioni pacifiste, civili, laiche e democratiche e questa sua analisi, che fa luce sui recenti avvenimenti, può essere ben integrata alle sue dichiarazioni di gennaio a France
Haytham Manna : « In Siria, i gruppi armati e il potere hanno sradicato la resistenza civile »
Il responsabile del Comitato di Coordinamento per il Cambiamento Democratico, una delle componenti laiche e progressiste dell’opposizione, chiede una ricostruzione della resistenza civile al fine d’imporre una transizione democratica.
Si assiste a un’offensiva armata a Damasco e a Aleppo contro il regime. Com’è organizzata? Si può parlare di un comando unificato di questi gruppi armati?
Haytham Manna. Da una decina di giorni il regime a cominciato a preparare il ramadan a modo suo, come ha fatto l’anno scorso: impedire che esso non sia al servizio del movimento popolare. A questo scopo, esso a preso le sue precauzioni in molte regioni. Allo stesso tempo ha lasciato entrare diversi gruppi armati nei territori in cui poteva controllare ciò’ che succedeva. Ci sono stati dei movimenti d’attacco (delle azioni) a Damasco, ma queste sono state rapidamente circondate. Questi gruppi hanno ricevuto un sostegno inatteso delle forze provenienti da Sud, cosa che ha loro permesso di restare un po’ più di tempo. Ma non si può’ ottenere Damasco con 3000 o 5000 persone. E’ una città multiconfessionale, una città in cui ogni volta che un gruppo a carattere ideologico attacca, il panico prende possesso della popolazione. E’ molto facile per l’esercito rispondere quando c’è una neutralità da parte della società, in senso lato. Il nostro problema, in questo momento, è che le forze più accanite di questi gruppi armati, sono le forze islamiste più radicali. Ciò fa paura all’insieme della società. E’ il tentativo azzardato di diversi gruppi che agiscono a livello locale e che non hanno la capacità di coordinare les azioni su scala nazionale. Manca una strategia nazionale.
Il regime siriano è così unito come sembra?
Haytham Manna. Io non lo credo. Il carattere del regime siriano mostra che c’è una solidarietà d’interessi militari e che non vi sono defezioni. Ma, in realtà, ognuno ha l’ambizione di prendere il suo posto nella Siria di domani, dunque è una solidarietà di facciata. Chi ha colpito i ministri? Non si può ancora rispondere. Ma si può’ dire, per la prima volta dopo il 18 marzo 2011, che c’è stato un attentato alla bomba che nessuno a sentito, per il quale non c’è stata nessuna ambulanza, e questo tuttavia è stato annunciato dalla televisione siriana e da quella dello Hezbollah libanese.
Il movimento popolare, pacifico e democratico, a l’origine della rivolta che è scoppiata l’anno scorso, non si trova espropriato da questi gruppi armati e fortemente islamizzati?
Haytham Manna. I gruppi armati e la soluzione militare adottata dal regime hanno sradicato la resistenza civile. Perché, qualunque sia la forza e il numero dei punti delle manifestazioni pacifiche oggi, queste non rappresentano che un decimo di ciò che abbiamo visto l’anno scorso. C’è un passo indietro netto al livello delle iniziative pacifiche. E oggi se si parla di una manifestazione in un villaggio, nessuno vi presta attenzione, come se ciò non servisse a niente. L’atto militare ha preso il sopravvento su un discorso capace di unire e creare una soluzione pacifica a breve termine in Siria.
L’opposizione è divisa. Lei non lavora con il Consiglio nazionale siriano (CNS), esso stesso dominato dagli islamisti. Non sarà questo un fattore di indebolimento?
Haytham Manna. L’idea secondo la quale si doveva costruire qualche cosa dall’esterno a indebolito quello che succedeva all’interno del Paese. Si è creduto che una struttura esterna al popolo siriano avrebbe potuto essere rappresentativa della società siriana, delle forze politiche dell’interno e che è, in più, dipendente dalla volontà di tre stati: la Francia, la Turchia e il Qatar. Il CNS, malgrado il sostegno che ha ottenuto a livello finanziario, mediatico e diplomatico, non ha raggiunto il suo obiettivo. In questo momento c’è la ricerca di un’altra formula per unire l’opposizione. Nel mentre i gruppi armati hanno avanzato sul campo e si sono radicalizzati. Perché i soldi che sono arrivati all’inizio provenivano dai gruppi salafiti. Questa “salafitizzazione” di una parte dei gruppi militari ci ha portato a un conflitto interno. C’è da una parte la paura di tutto ciò che è estremista in una società moderata in cui coesistono più di 26 gruppi religiosi, etnici, confessionali. L’intervento straniero, che sia ufficiale o meno, ha favorito una colorazione ideologica islamista a scapito delle forse democratiche e laiche. Ha anche favorito gli atti di vendetta, d’assassinio politico in funzione dell’appartenenza confessionale. Sono atti manipolati e influenzati dalle correnti jiadhiste non siriane che cominciano a avere un posto nel Paese e che si coordinano con i gruppi islamisti armati. E’ un pericolo in caso di vuoto di potere, perché la resistenza civile è mal organizzata, ovvero delle volte assente a causa della presenza dei gruppi armati. La soluzione politica per un periodo di transizione non è presente. Non c’è un calendario stabilito dalle diverse forze dell’opposizione. Questa assenza di coordinamento favorisce i gruppi islamisti più estremisti. I laici sono stati assassinati dal potere sin dai primi mesi, ciò ha aperto la strada agli islamisti. Quando si marginalizza la soluzione politica, si marginalizzano le forze democratiche.
Fra le soluzioni c’è il piano Annan. MA è ancora d’attualità? Vi si evoca una transizione, ma alcuni vogliono la partenza di Bashar al Assad. Cose ne pensa?
Haytham Manna. Le proposte di Annan erano una chance per la transizione pacifica. Purtroppo, praticamente dall’inizio, il Qatar a rigettato questo piano e optato per la continuazione della militarizzazione dell’opposizione. Da parte occidentale, si è anche pensato a un piano B. Ora, senza sostegno, regionale e internazionale, un tale piano non può avere successo. Si lascia alle armi il fatto di regolare la questione, che si tratto dell’esercito lealista o dei gruppi armati dei dissidenti o degli islamisti. Pagheremo molto caro questa assenza di soluzione politica. Ci sono delle guerre su scala locale. E’ il terreno di coltura per la guerra civile che può portare alla formazione di milizie, e certamente non alla creazione di un esercito capace di proteggere la popolazione durante il periodo di transizione.
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Haytam Manna: Noi dobbiamo continuare questa rivoluzione pacifica. Sciopero generale, disobbedienza civile, ogni mezzo per mettere fine al regime pacificamente.
Nella trasmissione di France24 “Le Débat”, presentatrice Vanessa Burggraf, dell’1 febbraio 2012, erano presenti: Emmanuel Saint-Martin, correspondente di France24 a NY, Karim Hakiki, reporter a France24, Haytham Manna, Bernard Valéro, porta-parola del Ministero degli Affrari Esteri Francese, e Jean-Paul Chagnollaud, ricercatore dell’ ”Institut de Recherche e d’Etudes Méditerranée Moyen-Orient”. Il video è messo il linea sul sito di France24 il 1/2/2012.
http://www.youtube.com/watch?v=XmSxKvkYeWE
Alla domande di Karim Hakiki, reporter di France24: “voi volete conservare gli alawiti?” “Lei è contro un intervento straniero in Siria. Ma lei è favorevole a una zona di esclusione aerea?”
“Il nostro concetto è completamente diverso. Noi non vogliamo distruggere lo stato siriano né l’esercito siriano. Non sono gli alawiti che governano il paese, è un gruppo di interesse militare. Sono certi siriani, quelli colpiti dal confessionalismo, che dicono ciò. Ci sono sunniti e cristiani (il ministro della difesa è cristiano maronita). Non si può parlare in questo modo confessionale. Ci sono già abbastanza conflitti di questo genere nella società siriana. Noi siamo non solo contro la violenza, ma contro ogni forma di confessionalismo e contro l’intervento straniero.
Il nostro problema è : o si considera l’esercito siriano come un “blocco” contro la società (e con le loro famiglie sarebbero più di 3 milioni di persone) e si entra in conflitto contro 3 milioni di persone, o si pensa che queste persone non sono dei (veri) “malviventi” – ci sono delle persone che pronano il problema come problema dello stato, dal 1982 molti sono stati esclusi dagli apparati statali (i fratelli musulmani, ad esempio) ma la società siriana non è stata esclusa.”
Intervistatrice a Manna: “Lei non vuole una guerra civile. Lei ha paura di una guerra civile...”
“Io non sono per la distruzione dello stato come in Iraq o in Libia, io sono per la distruzione del regime. Vi è una grande differenza.”
Il reporter Hakiki parla dell’Esercito Siriano Libero e Manna dichiara:
“L’esercito libero è un concetto che ricopre un insieme di persone armate. Vi è decentralizzazione totale nell’insieme del territorio siriano. 2/3 sono disertori, gli altri sono volontari. Si stima che il colore politico dei volontari è di matrice islamista... Ma ci sono tre correnti essenziali: i salafiti che si dichiarano come tali […] gruppi confessionali e di nazionalisti liberali […]. Sono molto eterogenei. Ci sono eroi e criminali fra di loro. Bisogna rispondere con una sociologia dell’esercito libero per far fronte al tentativo di militarizzare la rivoluzione siriana.”
Hakiki: ” ci dicono: “noi non ci sentiamo rappresentati dagli oppositori all’estero, ci sentiamo rappresentati da chi libera le terre”
“Lei parla dei principi della guerra che reclamano il loro “posto naturale” perché, dicono, “ noi abbiamo liberato delle terre, questo o quel villaggio”. In questo modo nel giro di tre mesi avremo un dittatore militare al posto dell’attuale dittatore militare. E’ trasformare la rivoluzione in guerra civile” [Hakiki: questa è già la realtà [la guerra civile]]
Intervistatrice a Manna: “Lei pensa che il presidente Assad comincia a perdere il controllo del Paese?”
“Bashar al Assad appartiene al passato. Ma come finire questa storia? Noi dobbiamo continuare questa rivoluzione pacifica. Sciopero generale, disobbedienza civile, ogni mezzo per mettere fine al regime pacificamente. Io appartengo a una buona maggioranza (più del 80% della popolazione) che è favorevole per un aspetto pacifista della costruzione democratica in Siria”.
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