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Il governo spagnolo ha mentito sulla strage

Spagna, sconfitto il governo della guerra

Grande sconfitta del Partito popular di Josè Maria Aznar, vittoria del Partito socialista spagnolo di Josè Luis Rodriguez Zapatero. Fondamentale nel voto il sentimento pacifista della maggioranza degli spagnoli che ha manifestato fino all'ultimo contro la guerra in Iraq esponendo le bandiere della pace. Manifestanti hanno atteso il candidato di centrodestra Mariano Rajoy davanti al seggio elettorale e gli hanno gridato: "Fuori le nostre truppe dall'Iraq". Prodi commenta: "Questi giorni terribili ci hanno dimostrato che le ricette americane non erano quelle giuste".

Spagna: manifestazione contro il terrorismo (con il simbolo della pace). Foto Ansa

Diverse le reazioni al volto spagnolo, ma tutte sottolineano come la questione Iraq e il sentimento pacifista degli spagnoli abbiano avuto un peso determinante nella sconfitta del partito di governo, interventista e allineato con la politica di Bush.

Ecco una breve ressegna stampa.

"La strage terroristica che ha gettato nel lutto la Spagna, con la campagna di disinformazione che il governo ha lanciato per evitare che lo danneggiasse nelle urne l'ipotesi di un attentato islamico, conseguenza del suo appoggio alla guerra contro l'Iraq, si è ritorta contro il partito conservatore. (...)
Certamente vi sarà pure una presa di distanza dalla politica di Washington, o per meglio dire da quella di George W. Bush e dalla sua linea della guerra preventiva. Che è all'origine, in fin dei conti, della strage che la Spagna ha sofferto giovedì scorso".
Franco Mimmi sull'Unità on line 15/3/04:
http://www.unita.it/index.asp?topic_tipo=&topic_id=33742

"E’ possibile che il successo dei socialisti sia dovuto principalmente alla rabbia di parte dell’elettorato per la troppa fretta con cui il governo Aznar ha attribuito all’Eta la responsabilità del massacro. Vista ora, alla luce delle rivendicazioni di Al Qaeda, la fretta è parsa a molti spagnoli strumentale, elettorale, una improvvisata menzogna per impedire che l’ipotesi di un attentato islamico potesse alterare i risultati previsti del duello elettorale. E’ possibile, in altre parole, che molti elettori volessero soprattutto punire il governo senza troppo pensare alle conseguenze della loro scelta. Ma i voti, una volta dati, acquistano immediatamente un senso politico. Chi ha votato socialista, nelle particolari circostanze delle elezioni di ieri, ha scelto un partito che ha fatto campagna contro la guerra irachena e ha criticato gli Usa".
Sergio Romano sul Corriere della Sera 15/3/04

Nonostante la giunta per le elezioni nella notte abbia dichiarato illegali le numerose manifestazioni di sabato contro il governo, davanti alle sedi del Partito popolare di Josè Maria Aznar la folla si è dispersa solo all'alba e le contestazioni continuano a seggi aperti. Manifestanti hanno atteso il candidato del Pp Mariano Rajoy davanti al seggio e gli hanno gridato "Bugiardo" e "Fuori le nostre truppe dall'Iraq". Stessa sorte è toccata al premier uscente Josè Maria Aznar, che ha trovato ad attenderlo davanti al seggio alcuni sostenitori, ma anche contestatori che hanno urlato slogan contro il governo e manifestanti silenziosi che esponevano le bandiere della pace.
Repubblica on line 14 marzo 2004 http://www.repubblica.it/2004/c/sezioni/esteri/spagna3/riasselez/riasselez.html

"Questi giorni terribili ci hanno dimostrato che le ricette americane non erano quelle giuste. Sabato sarà passato un anno dall'inizio della guerra in Iraq e la minaccia terroristica è oggi infinitamente più potente di prima. Ma l'Europa dispone di strumenti diversi, in grado di far uscire i nostri cittadini dalla paura: con la politica e non solo con la forza che ha creato altra paura". Lo ha detto Romano Prodi. Secondo Prodi l'attentato di Madrid è l'ultima dimostrazione che la logica del solo intervento militare non è efficace.
La Stampa web 15/4/2004

Significativo è infine questo commento non firmato che appare su La Stampa web di oggi.

IL VINCITORE
Zapatero, miracolato della guerra, ringrazia

Le ultime da Madrid dicono che la guerra non paga. Aznar, e cioè uno dei più valenti e potabili leader del centrodestra, ha mandato le truppe in Iraq contro il 90 per cento dell'opinione pubblica: e ora si ritrova in minoranza. Come volevasi dimostrare. Invece di sconfiggerlo, la guerra chiama il terrorismo, e questo reca danno non solo alle persone e alle cose, ma anche alle politiche dei governi che hanno spedito i soldati nell'inferno mediorientale «perché-così-si-deve-fare». Ma tutto questo in fondo si sapeva. La vera sorpresa spagnola, forse più importante di una semplice lezione agli altri paesi europei e all'Italia in particolare, è che la guerra, con le sue terribili implicazioni, ha anche il potere di rianimare le forze di sinistra. E di lanciare nell'arena della politica mondiale i suoi leader, tanto più quelli meno scalmanati, ma attenti alle ragioni della maggioranza pacifista. Senza volergli assolutamente mancare di rispetto, anzi, questo José Luis Rodriguez Zapatero, quarantatreenne avvocato e professore di diritto di Leòn, è un autentico miracolato. Nessuno, neppure il più clandestino dei sondaggi, ne parlava come un possibile vincitore. A dire il vero, non si sapeva tanto bene chi fosse, Zp, come era indicato in quel suo logo elettorale che agli avversari sembrava quello di un insetticida. Mai sottovalutare gli sconosciuti (e gli insetticidi). E ancora di meno sottovalutare i politici che nell'era dell'immagine e della democrazia del primo piano dispongono di begli occhi verdi e di sorriso mite, da Bambi. Tipico leader-cerbiatto, Zapatero ha comunque ottenuto la più insperata delle vittorie non solo perché piace ai giovani, ma anche perché sulla guerra la destra ha offerto il peggio che poteva. E gli elettori spagnoli, traumatizzati da quello che temevano, e che si è tragicamente verificato l'altro giorno sui treni della morte, hanno votato per questo socialista tranquillo e ragionevole che non chiede il ritiro delle truppe subito, ma a fine giugno, sempre che all'Onu non vengano concessi poteri e responsabilità. Ecco dunque il miracolo e il miracolato. Dopo tutto la democrazia è anche una questione di fede.
La Stampa web 15/3/2004

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